Riolo Terme (RA) – dal 19 al 22 luglio

Lo Scalogno di Romagna appartiene alla famiglia delle delle Liliacee (Gigliacee) come l’aglio, la cipolla, l’aloe. L’antica denominazione di queste piante, la cui coltivazione è nota da almeno 3000 anni a.C. già in uso presso i popoli romani, non è facilmente ricostruibile. Si ritiene che lo scalogno sia stato portato dai popoli che migrarono dal Medio Oriente verso l’Europa, tra questi le popolazioni celtiche, molto presenti anche nelle nostre zone, infatti il termine allium è una parola celtica che significa bruciante.
Lo Scalogno di Romagna ha un sapore suo particolare, più forte e profumato della cipolla e più dolce di quello dell’aglio. Una curiosità: lo Scalogno di Romagna non è mai stato trovato allo stato selvatico per un singolare motivo: non fa fiori per cui non c’è possibilità di scambio di pollini tra infiorescenze di più piante, perciò è fondamentale conservare una parte dei bulbi dell’anno da poter piantare per ottenere una nuova produzione, altrimenti il tipico Scalogno di Romagna scomparirebbe. Un altro particolare interessante: non avendo fiori non scambia pollini e quindi geni, perciò conserva ancora il suo “corredo genetico” di quando fu portato in Europa, un “corredo” di 5000 anni.
Per conservare lo scalogno conviene tenerlo al sole per alcuni giorni, poi si può conservare sotto tettoie o altri locali ben ventilati. Il bulbo con un poco di stelo può essere conservato in mazzetti, oppure in treccia, caratteristica confezione dello scalogno, che si auspica rimanga una tradizione viva.

I bulbi possono essere conservati nei vasetti di vetro con olio o aceto: ad esempio si puliscono bene i bulbi togliendo le pellicole esterne, poi si lasciano per 24 ore in infusione nel sale grosso, per altre 24 ore in aceto di vino, poi si asciugano con una tela, si compongono i bulbi nel vaso e si coprono con olio di semi. Oppure si toglie dai bulbi solo la pellicola esterna, si pongono con un vaso e si coprono con aceto di vino per 28 giorni. Trascorso il tempo si puliscono bene togliendo le altre pellicole, poi si sistemano in vaso coprendo sempre con olio di semi.
Diversi sono gli usi dello Scalogno di Romagna e precisamente si possono utilizzare: le foglie, raccolte ancora verdi, tagliate finemente per insaporire insalate con altre verdure, pomodoro, lattuga, cicoria, patate lessate, ecc… poi i bulbi freschi ripuliti dalla loro pellicola esterna, si tagliano a fettine sottile per aromatizzare pietanze. Inoltre con i bulbi, finemente tagliati a mano, cubetti di prosciutto, pomodoro fresco o conservato si prepara un ottimo e gustoso ragù per tagliolini o tagliatelle all’uovo.

Lo Scalogno di Romagna nasconde un vero e proprio laboratorio chimico ed ha varie proprietà benefiche:
– Il solfuro di allile: disinfettante intestinale, digestivo, vermifugo, battericida, fluidificante del sangue.
– La componente solfidrica ne fa un ottimo antiradicalico, quindi buon antinvecchiamento.
– Il selenio (Se) ad azione antiossidante, il Silicio (Si) nel bulbo

Lo scalogno è utile nelle carenze di calcio (osteoporosi), nelle malattie polmonari, nelle infezioni della vescica (cistiti). Ottimo è anche il contenuto in vitamina C (per assimilarla da usare crudo); è ricco in fibre, utili per aiutare un intestino pigro, il fosforo, le vitamine del gruppo B, la vitamina A, le antocianine, utili per i capillari e la circolazione. Inoltre sono contenuti nello scalogno i flavonoidi, sostanze vegetali ad azione antibiotica, come la quercitina utile nella prevenzione dei tumori e regolatrice della pressione diastolica.

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