Carlo Schiffini, in arte Sciff, ha deciso di mostrare, finalmente, il suo volto più vero. Volto d’artista. Ben noto, con il fratello Enrico, come creatore delle Cucine Schiffini, uno dei grandi gruppo mondiali dell’arredamento di alta fascia, dopo aver lasciato definitivamente le redini dell’azienda ha potuto dedicarsi a tempo pieno all’arte.

La sua, per l’arte era una passione “segreta”, coltivata ogni qual volta gli impegni da manager glielo concedevano, rafforzata da visite a musei e a mostre, dal confronto quasi quotidiano, per lavoro e passione, con designer e artisti.
“Ora è come se questa stratificazione di suggestioni, esperienze, emozioni chiedesse di essere portata a naturale emersione. Mi impone di dedicarle più attenzione e più tempo, di riconoscerla adulta, insomma”.
“Di qui la decisione di presentarmi, non senza titubanza, al giudizio del pubblico in una galleria importante, storica com’è quella della Steccata a Parma”.

La mostra di Sciff sarà visitabile alla Galleria Centro Steccata di Parma, dal 11 ottobre al 20 novembre. Mostra e Catalogo sono a cura di Martina Corgnati, con testi in catalogo di Martina Corgnati e Simona Tosini Pizzetti
Le opere in mostra saranno circa 25 (la maggior parte di grandi dimensioni), mentre in catalogo saranno riprodotte 71 opere, datate dal 2011 al 2014, divise in tre gruppi: Paradossi, Ricordi, Luoghi.

“Ogniqualvolta affrontiamo – annotano Martina Corgnati e Simona Tosini Pizzetti – l’opera di un nuovo artista, immediatamente, forse per deformazione professionale, ci poniamo la domanda del genere nel quale, per lo meno in linea di massima, far rientrare ciò che si offre al nostro sguardo. Sicuramente la definizione immediata e più facile è considerare Sciff un artista Neo-Pop e questo per svariati motivi. Primo l’evidente ripresa delle immagini dal materiale pubblicitario sia quello di manifesti e giornali in carta patinata che quello televisivo, senza trascurare anche il mondo dei fumetti e dei libri per bambini. Da non trascurare poi la violenza di certe immagini quasi brutali sottolineata dall’uso di colori violenti e dai contrasti estremi e, non ultimo, l’uso di un materiale di tipo industriale, lo smalto all’acqua su compensato multistrato. Altro elemento comune con la cultura Pop l’ironia e il tipico scarto tra l’immagine e il titolo che spesso ne ribalta il significato.

Ma ad un’osservazione più attenta ci accorgiamo che ci troviamo di fronte ad immagini con una connotazione molto diversa, infatti sono sempre presenti in ogni opera dei sottotitoli in latino che marcano la drammatica distanza tra la visione di chi ha una cultura umanistica e la banalità e la volgarità della realtà in cui viviamo. La cosa evidente nelle varie “Cartoline”, della Maremma, di Bolgheri, delle Cinque Terre, e di altri luoghi amati dall’artista, è anche il tragico spaesamento che proviamo quando contrapponiamo la bellezza dei paesaggi che amiamo di più del nostro meraviglioso paese con l’assenza totale di rispetto per quei luoghi sacri che la natura e la nostra storia ci hanno lasciato, e non è un caso che uno dei luoghi rappresentati sia Pompei. E allora le immagini di Sciff diventano, in contrasto assoluto con l’apparente allegria, un grido di rabbia per quello che siamo diventati, un’ accorata denuncia contro l’assoluta mancanza di sensibilità che dovrebbe caratterizzare la difesa della fragilità della bellezza.

Anche i riferimenti sfrontatamente sessuali che caratterizzano certe opere, sono da un lato una denuncia della sessuomania della nostra epoca e dall’altro una dolente nostalgia di un mondo dove l’educazione sentimentale faceva ancora parte della nostra vita.
Ma nella personalità di Sciff dobbiamo aggiungere altre componenti che appartengono in parte anche a quello che sono alcuni suoi dati biografici importanti come il suo giovanile desiderio di diventare architetto contrastato dalla famiglia che lo volle laureato in giurisprudenza e il fatto di aver poi dedicato una vita di lavoro nel campo del design a stretto contatto con i personaggi più importanti che abbiamo avuto in Italia, come ad esempio, Vico Magistretti. Questo risulta evidente nel gusto di una linearità sempre pulita e nel saper ricomporre con una quasi impossibile armonia cromatica e formale anche le immagini più volutamente trash.

Non manca anche una componente onirica e metafisica che qui e là ricompare nella definizione precisa e lineare di porticati di dechirichiana memoria e nell’uso sfrontato di sculture classiche umiliate ed asservite alle sessuomanie dei viaggiatori tragicomici verso la Cuba o i Mari del Sud del contemporaneo turismo di chi cerca nuove avventure. “Madamina il catalogo è questo!”.