di Alexander Màscàl

Ci troviamo in Toscana, nella conca della Val di Chiana, in provincia d’Arezzo e precisamente in località Foiano della Chiana. Siamo nel territorio in cui le città d’arte e le origini etrusche si mescolano con il sacro e il profano, non a caso Arezzo, nel 1492, diede i natali a Pietro Aretino, di cui alcuni storici letterari riportano che egli avesse ordinato, invano, di far incidere sulla propria tomba la seguente epigrafe: “Qui giace l’Aretin poeta tosco, di tutti parlò mal fuorché di Cristo, scusandosi col dir: “non lo conosco”.

Lasciamo l’inquieto Aretino per entrare nel vivo di un Carnevale storico, quello di Foiano della Chiana.

Sebbene il carnevale di Foiano risalga solo agli anni ’30, la sua celebrazione come festa della città è antichissima. Della sua esistenza se ne parlava già in tempi remoti ed è confermata da una disposizione contenuta nello Statuto della Comunità dell’anno 1539, dove in materia di festività s’individua “il dì di Carnovale con uno di inanzi e uno di poi”, assegnando quindi tre giorni alla celebrazione.

Difficile è sapere quale sia stata la “forma” dei festeggiamenti: documenti relativi al 1809 rilevano che ancora a quell’epoca il carnevale non veniva celebrato con particolari cerimonie, ma che comunque il periodo era sentito come festivo visto che il Podestà Vulpillot emise un’ordinanza con la quale veniva permesso l’uso di maschere.

A quei tempi le feste carnevalesche si svolgevano per lo più al chiuso, sotto forma di veglie organizzate nelle grandi cucine delle case coloniche, accompagnate dai “cenci“, dolci di pasta frolla da offrire agli invitati insieme al vinsanto. Fin dal 1826 nel paese queste feste, quasi rurali, cedevano il posto a veglioni che si svolgevano nel teatro riservato a grandi manifestazioni, musiche e danze, e che veniva addobbato per l’occasione.

L’apertura del teatro anche se richiedeva notevoli costi, era sempre garantita perché ritenuta importante in quanto offriva un: “lecito divertimento al pubblico è altresì di non lieve utilità al medesimo poiché devia molti oziosi dai luoghi di vizio ed istruisce le masse”. L’avvenimento era ritenuto talmente importante che il presidente dell’Accademia Teatrale, nel 1863, chiedeva al Comune “di accordarle una somma a sgravio di quella superiormente deliberata in dote per l’apertura del Teatro”. In ogni caso, il Comune contribuiva volontariamente alle cerimonie carnevalesche: risale al 1844 un caratteristico rimborso “relativo all’art. 1 del Titolo XII del corrente statuto di Previsione a favore di Domenico Toti lire ventuno in saldo della cera consumata per l’illuminazione del Palco di mezzo del Teatro nel Carnevale 1843-1844 con Partito di voti cinque tutti favorevoli”.

Le serate dei veglioni trascorrevano fra danze e scherzi, ma anche con la partecipazione di Compagnie Drammatiche che offrivano allegre commedie. All’interno del palco numerato, verso la mezzanotte veniva consumata una cena preparata precedentemente. Burle carnevalesche, manifestazioni di contrarietà o veri furti, capitava che a volte si verificassero disagi, come durante il veglione del 1866 in cui si riscontrarono furti delle vettovaglie che si trovavano all’interno dei palchi.

Questi avvenimenti testimoniano che, in un periodo nel quale la fame era diffusa, da molti le occasioni d’abbondanza, divertimento, allegria, venivano considerate come offesa alle sofferenze altrui.

Contemporaneamente ai veglioni nel teatro, si svolgevano i primi corsi di carnevale lungo la via principale del paese, di cui mancando notizie non se ne conosce la reale forma ed entità. L’unica certezza è che erano molto “vivaci”, visto che richiedevano la presenza di un medico che soccorresse i malcapitati, come si può leggere: “Il sottoscritto medico di Foiano promette nel corso dell’imminente Carnevale e per quei giorni nei quali il dott. Angiolo Bianchi sarà occupato o per rappresentanza in teatro, o per procura, di supplire ai bisogni di questi comunisti, facendo del di lui veci, come chirurgo, e tranquillizzando così il malcontento di alcune famiglie. A dì 19 dicembre 1859”.

A Foiano il carnevale è un evento che si costruisce tutto l’anno, che si vive ogni giorno: nato nel lontano 1539 è uno dei più antichi d’Italia. Quando in Valdichiana s’inventavano i carri, forse, in altre parti il Carnevale era vissuto ancora come un rito infarcito di paganesimo e nessuno avrebbe pensato che diventasse una vera e propria manifestazione di massa. Allora i carri di Foiano non erano di cartapesta e non avevano lo scopo di rappresentare ardite allegorie. Si trattava di semplici carrozze del paese e “carri matti” che, armati di sacchi di lupini, castagne e baccalà, ne gettavano manciate alla gente assiepata lungo il percorso.

Da allora il rito carnevalesco si è evoluto verso forme più moderne e dissacranti di rappresentazione, in cui i dispensatori di “dolciumi e prelibatezze” hanno ceduto il passo a fantasmagoriche allegorie di eventi mondiali, caricature di uomini politici, sceneggiature di film o di fantasie popolari.

Come tutti i carnevali, la festa ha le proprie radici nei riti propiziatori medioevali, infatti il rogo di Giocondo, il re del Carnevale rappresentato da un fantoccio di cencio e paglia, è un momento di rinnovamento e di collettiva purificazione. Prima che Giocondo venga bruciato nella piazza principale la tradizione vuole che faccia “testamento”, leggendo davanti a tutti i fatti più o meno positivi accaduti durante l’anno, quindi si procede ad un vero e proprio funerale, quello dell’inverno che sta per finire.

Il pagliaccio di Foiano, non è solo una maschera burlona da gettare tra le fiamme, ma un simbolo arcaico attraverso il quale la cultura contadina inneggia alla rinascita, celebrando la scomparsa delle tenebre e del passato.

I cantieri del “Carnevale di Foiano” sono l’anima della manifestazione. In queste “officine della cartapesta” prendono forma le maschere e i movimenti idraulici che animano i carri durante le sfilate lungo le strade cittadine. All’interno di queste segrete mura la passione di molti crea un’opera d’arte semovente che poi verrà giudicata durante la sfilata carnevalesca. Un anno di lavoro si consuma, a febbraio, in sole quattro domeniche che vedranno un solo vincitore finale.

Esiste una forte rivalità fra i gruppi storici che realizzano il Carnevale, quella dei cantieri in lotta è una tradizione che nasce in tempi più recenti, quando l’amministrazione divise la cittadina in quattro rioni che ancora oggi si battono per ottenere la vittoria: Bombolo, Azzurri, Rustici e Nottambuli. I carri vengono custoditi gelosamente, e segretamente, fino alla giornata dell’inaugurazione..

Per quattro domeniche consecutive, Foiano della Chiana con i suoi carri, le manifestazioni collaterali e la musica delle bande provenienti da varie località, è al uno tra i più belli e significativi carnevali della nostra Penisola.

Per tutte le informazioni: www.carnevaledifoiano.it