Dell’isola d’Elba, situata nell’arcipelaApri il menu...no, intrigante per le bellezze delle coste e affascinante per la limpidezza del suo mare, l’Aleatico è il vino simbolo, anche se la DOC “Elba” è storia piuttosto recente e non poco sofferta. I produttori infatti si sono dovuti scontrare con i pregiudizi, da parte dei consumatori, riguardanti la qualità del vino isolano così, per ammodernare le aziende e adeguarsi alle norme dei disciplinari, sono stati cambiati, in molti casi, i sistemi di allevamento della vite, piuttosto antiquati e non certo rispondenti ai moderni criteri di qualità. Da un punto di vista storico, infatti, la coltivazione della vite nell’isola ha sempre avuto un certo successo, rimanendo però confinata nel consumo familiare del vino o nella vendita di uve su altri mercati. Anche i sistemi di vinificazione sono stati rivisitati e adeguati a tecnologie più moderne.

Oggi l’appassimento delle uve non avviene più in cannicciati esposti al sole, coperti da teli durante la notte per proteggerli dalla rugiada, ma, dopo un’accurata cernita dell’uva fresca, avviene in speciali contenitori trasparenti, con circolazione dell’aria, per una migliore protezione. Si riduce così anche il rischio di pericolosi ammuffimenti che possono compromettere l’intera annata. L’appassimento all’aria dura circa una settimana e le annate migliori sono quelle poco piovose. La pigiatura viene effettuata in maniera soffice, la fermentazione che ne segue è di tipo tumultuoso per 5-10 giorni, prosegue poi tutto l’inverno, a volte arrestandosi per poi riprendere con i primi caldi. L’ affinamento avviene spesso in piccole botti di rovere. Per imbottigliare solitamente non basta attendere la primavera poiché rimane alto il rischio di rifermentazione in bottiglia, spesso quindi si aspetta che il vino sia completamente stabilizzato.

Prima della sua commercializzazione si attende ancora un tempo minimo in bottiglia di 6 mesi. Può ulteriormente affinare per altri 5/7 anni.
Secondo il disciplinare di produzione l’Aleatico dell’Elba deve essere prodotto per il 100% con uve Aleatico. Questo vitigno viene coltivato in varie regioni d’Italia. La sua uva appartiene a quelle con sapore di tipo moscato, per quanto il suo aroma sia del tutto speciale come il vino che se ne ottiene. La produttività è media, la maturazione tardiva. La produzione è limitata, si attesta attorno ai 250-300 quintali di uva. Presto è fatto il calcolo della superficie dedicata a questa coltura, data che la resa massima per ettaro è fissata a 60 quintali (appena 5/6 ettari dell’isola).

Fortunatamente la stessa spinta turistica, nell’ultimo biennio, nonché la ricerca di prodotti di qualità elevata, ha bloccato un declino che pareva portare alla totale scomparsa di questo antichissimo prodotto.

Trattandosi di un prodotto di nicchia, l’analisi organolettica e l’abbinamento risultano particolarmente emozionanti. Attestandosi intorno ai 16 gradi alcolici con elevato tasso zuccherino, può essere considerato un vino da meditazione. Di colore rosso rubino, talvolta cupo e intenso, con intensi profumi fruttati, sentori di frutti a bacca rossa e di confettura, al palato si rivela persistente e il tannino mitiga la sensazione dolce. Può essere degustato senza alcun abbinamento a fine pasto, oppure può essere accompagnato con della pasticceria secca, con pecorino e miele amaro di corbezzolo o un qualsivoglia dolce a pasta dura farcito con confettura di frutta rossa, preferibilmente ciliegia o amarena.

L’uva Aleatico è sicuramente molto antica, anche se la sua origine e la sua etimologia sono molto discusse. Le prime tracce risalgono al periodo greco – romano anche se non esiste una documentazione certa. Alcune fonti fanno pensare che furono per primi i greci a far conoscere quest’uva, dai sentori marcatamente aromatici, tipici dell’enologia ellenica. Da altre fonti invece pare siano stati i romani ad introdurre la coltivazione sull’isola. Il primo sicuro accenno al vitigno è del bolognese Pier de’ Crescenzi che chiama l’uva “Livatica”. Nel 1726 il Trinci parla della “Liatica” dicendola di provenienza greca in accordo con gli studiosi dell’Elba anche se tale affermazione è priva di documenti probanti, molti infatti sono propensi a considerarla di origine toscana.

Anche il nome Aleatico è per alcuni derivante dal greco e vorrebbe alludere al colore fosco dei grappoli ma c’è che sostiene che invece l’uva fu detta “lugliatica” perché, pur maturando tardivamente, somiglia nei grappoli a un tipo di uva precoce che si coglieva nel mese di luglio. Il vino trovò sempre un posto d’onore su molte mense principesche. Lo stesso Napoleone Bonaparte, durante l’esilio nell’isola toscana, lo apprezzò moltissimo e diede a questo prodotto lustro e fama anche al di fuori del territorio italiano. Tornato in Francia, infatti, affermò che gli abitanti dell’Elba sono forti e sani perché il vino della loro terra dona forza e salute. E infatti il terreno dell’isola d’Elba, ricco di fosforo, ferro e arsenico, comunica al vino un potere rivitalizzante. È solo quest’isola, solare, condizionata dal mare e battuta dai venti, che dà origine a questo inimitabile prodotto, nel quale i profumi e i colori si fondono insieme per dare un vino passito atipico, a volte con sensazioni lievemente astringenti, sicuramente unico.