La grande fotografia torna protagonista a Palazzo Magnani, il bellissimo spazio espositivo di Reggio Emilia che ha già ospitato nei suo 13 anni di attività, i più importanti fotografi e fotoreporter del mondo, da André Kertész a Eugene Smith, da Luigi Ghirri a Arnold Newman, da Edward Curtis a James Nachtwey, da Werner Bischof a Edward Steichen.

Dall’8 maggio al 18 luglio 2010, saranno le immagini di MICHAEL KENNA, uno dei maestri internazionali della fotografia di paesaggio, ad arricchire le stanze dello storico palazzo reggiano con la mostra Immagini del settimo giorno.
In occasione della quinta edizione di Fotografia Europea, l’esposizione, promossa dalla Provincia di Reggio Emilia, con il contributo di Fondazione Manodori, CCPL, BFMR Dottori Commercialisti, Studio Legale Sutich-Barbieri-Sutich di Reggio Emilia, Montana, Assicurazioni Generali, curata da Sandro Parmiggiani, presenta 290 fotografie in bianco e nero del maestro inglese, ma americano d’adozione, in grado di ripercorrere tutto il suo iter creativo. Tra queste, 200 costituiscono il vero e proprio percorso antologico, 35 documentano lo sguardo sul territorio reggiano, frutto di ricognizioni sul campo compiute negli ultimi tre anni, 35 si misurano con il perenne fascino di Venezia e 20 ripropongono uno dei cicli storici di Kenna, quello sui campi di concentramento e di sterminio nazisti.

Come sottolinea Sandro Parmiggiani: “da quando conosco il lavoro di Michael, vi ho sempre immediatamente colto, e amato, una sorta di respiro lento e profondo del mondo, come se il silenzio fosse finalmente sceso sulla terra – da qui il titolo della mostra Immagini del settimo giorno: come ci dice il libro della Genesi, Dio, completata la creazione del mondo, si riposa – , e ciò che noi sbrigativamente e con scarsa consapevolezza chiamiamo paesaggio a noi si offrisse nel suo incanto segreto, e nella sua essenza più vera. Non ci sono persone, nelle fotografie di Kenna, né tantomeno volti e corpi che sviino la nostra attenzione dalle pure linee, dalle nitide geometrie, dai contrasti, alternativamente duri o soffusi, tra luce e ombra, tra il biancore assoluto di una neve che tutto ammanta e la drammatica cupezza di rocce, di isole, di spiagge, di livide distese d’acqua”.

La mostra prende il via dalle immagini scattate da Michael Kenna nella natia Inghilterra negli anni Settanta e Ottanta, nelle quali si sofferma sui paesaggi urbani e su quelli di campagna, che posseggono già alcuni caratteri che impregneranno il suo successivo modo di fotografare: un’atmosfera di nebbie e di fumi, catturati in quell’indefinibile momento del crepuscolo o dell’alba. La linea dell’orizzonte è sempre lontana, con la terra disseminata di segni (alberi, pali, lampioni, giunchi che emergono da uno stagno, un’altalena solitaria, delle sedie ripiegate) che si protendono come simboli, e che misurano la profondità del campo visivo. Nei paesaggi urbani sono le strade lastricate, il nero profilo degli edifici sullo sfondo o quello bianco di un corrimano lungo un’erta salita, a guidare con forza magnetica l’occhio che s’inoltra nelle profondità dello spazio. Le cupe silhouette di un impianto industriale nel Michigan e le inquietanti forme conico-trapezoidali della centrale elettrica di Ratcliffe nel Nottinghamshire, che Michael affronta negli anni Novanta, sono i prodromi delle sue indagini sulle metropoli (New York, Shanghai, Hong Kong, Dubai, Rio de Janeiro) o sui ponti che a Parigi, a Praga, a New York uniscono le due rive dei fiumi che le attraversano. Altre volte, è quel che resta di perdute civiltà lontane, o di creazioni a noi più vicine nel tempo, ad affascinarlo – le piramidi egizie e maya, le statue dell’Isola di Pasqua, i mulini a vento contro cui combatté Don Chisciotte nella sua Mancia, il profilo del monastero di Mont-Saint-Michel, le statue abbandonate a se stesse nei giardini di Francia, il carro di Apollo a Versailles, colto mentre sembra uscire dalle acque, le sinistre rovine del Désert de Retz, le costruzioni solitarie di San Pietroburgo -, a evocare brandelli di memorie lontane.
A questo proposito, non è si può dimenticare il ciclo de L’impossibile oblio – alcune di queste immagini vengono ora riproposte nella mostra -, che Kenna ha sentito il dovere di realizzare, recandosi nel corso degli anni Novanta sui luoghi dei campi di concentramento e di sterminio nazisti: personale testimonianza, memento di un uomo che sa quanto preziosa e necessaria sia la trasmissione della memoria.

Questa sorta di respiro cosmico che fa vivere il mondo, che caratterizza tutte le immagini di Kenna, può essere soprattutto colto nelle fotografie scattate negli spazi aperti: sovente un mare di pece e un cielo di tempesta si contendono la scena, con la linea dell’orizzonte che a malapena riesce a dividere e distinguere le due insondabili profondità. Oppure, Kenna scruta la terra – le pianure, le colline, le montagne, i laghi, gli stagni, i fiumi e i canali – e si sofferma su isolate macchie di arbusti o di alberi, sugli steccati o sulle dune desertiche all’orizzonte, sui pali che emergono dall’acqua, sui riflessi che duplicano e capovolgono il reale, dentro un alone luminoso, che il lavoro in camera oscura accentua e esalta, che ci ricorda tanta grande pittura misuratasi con l’incanto della luce.

Dal 2006 – anno in cui è nato il progetto di questa mostra – ad oggi, Michael Kenna è venuto tre volte a Reggio Emilia per scattare immagini del territorio; nell’occasione di questi soggiorni, si è sempre recato a Venezia. Gli esiti di queste ricognizioni approdano ora a Palazzo Magnani, in due sezioni speciali della mostra che arricchiscono la vera e propria esposizione antologica.

Accompagna la mostra un catalogo Skira, bilingue (italiano/inglese), con testi di Pierre Bonhomme, Ferdinando Scianna, Sandro Parmiggiani.

Michael Kenna, una biografia
Michael Kenna nasce a Widnes, Lancashire (Inghilterra) nel 1953. Dopo avere a lungo sognato di dedicarsi alla pittura, studia fotografia al London College of Printing. Nel 1975 la mostra “The Land”, a cura di Bill Brandt, al Victoria and Albert Museum di Londra gli rivela le straordinarie possibilità della fotografia artistica; oltre a Brandt, Kenna riconosce di avere guardato con interesse a Atget, Emerson, Sudek, Bernhard, Callahan, Sheeler, Stieglitz. Alla fine degli anni Settanta, Michael si trasferisce negli Stati Uniti, e va a vivere a San Francisco – in seguito, abiterà prima a Portland e poi a Seattle, dove attualmente risiede. A San Francisco incontra Ruth Bernhard (1905-2006), sensibile fotografa di nudi e di nature morte, della quale diventa assistente, aiutandola nella stampa delle sue immagini e maturando una grande esperienza in camera oscura, che nitidamente si rivelerà nel tempo in tutto il lavoro di Kenna.
Pressoché dagli esordi, Michael sceglie il paesaggio come tema elettivo delle sue fotografie, avviando una infaticabile ricognizione sugli infiniti volti segreti del pianeta, e arrivandone a toccare tutti i continenti; gli esiti di questi viaggi e soggiorni, determinati da commissioni o da scelte personali, vengono documentati in alcune monografie specifiche e nei cataloghi delle mostre a lui dedicate. Tra le tante esposizioni che si sono tenute in spazi pubblici e in gallerie private, ricordiamo quelle in vari musei francesi, statunitensi, giapponesi – ultima quella alla Bibliothèque Nationale de France di Parigi nel 2009. Tra i suoi cicli ci piace ricordare “L’impossibile oblio”, sui campi di concentramento e di sterminio nazisti, esposto anche a Palazzo Magnani nel 2002, come sezione della mostra “Memoria dei campi”.

MICHAEL KENNA
Immagini del settimo giorno.
Reggio Emilia, Palazzo Magnani (Corso Garibaldi 29)
8 maggio – 18 luglio 2010

Orari: 10.00 – 13.00, 15.30 – 19.00, chiuso il lunedì
Biglietto: intero 7 euro: ridotto 4 euro; studenti 2 euro
convenzione con Fotografia Europea 2010: presentando il biglietto di Fotografia Europea 2010 si avrà diritto all’ingresso ridotto

Catalogo: Skira