Il sogno felliniano ha preso vita a Torre Canavese dove è stata presentata al pubblico la Viassa, un percorso museale a cielo aperto unico al mondo, incorniciato dal Gran Paradiso, che mette in scena i personaggi più emblematici della cinematografia del grande regista. Sempre a Torre Canavese sarà possibile visitare fino al 12 luglio presso la Galleria Datrino un’esposizione temporanea di 34 bozzetti inediti del regista, tra i quali compaiono due disegni del celebre Libro dei Sogni da poco pubblicato dalla Fondazione Fellini. A tenere a battesimo l’evento il noto psichiatra, nonché Assessore ai Sogni di Salemi, Paolo Crepet e Francesca Fabbri Fellini, nipote del regista, che hanno brindato insieme agli ideatori e creatori della singolare – per non dire unica – iniziativa. “Un omaggio a Fellini nel più puro spirito felliniano. ” Con queste parole Vittorio Boarini, Direttore della Fondazione Federico Fellini, ha voluto ringraziare ieri sera Marco Datrino, gallerista e mecenate di Torre Canavese ed Enrico Todi, Presidente dell’Associazione Diletta Vittoria durante l’inaugurazione che ha acceso le luci su “Ciak! Visioni felliniane in scena”. Tanti gli ospiti intervenuti nonostante la pioggia, catturati dalla curiosità di scoprire finalmente la Viassa, la suggestiva strada pedonale nel cuore di Torre Canavese, affacciata sul Gran Paradiso ancora imbiancato nelle sue cime più alte, nel quale i sogni felliniani hanno preso vita magicamente grazie alle scenografie realizzate dagli artisti Antonello e Milo Geleng. Non poteva mancare a questo taglio del nastro, l’unica nipote di Federico Fellini, Francesca Fabbri Fellini, che – come i tanti ospiti giunti per la prima volta nel piccolo borgo – si è detta entusiasta di aver scoperto questo paesino in Provincia di Torino che ha definito “a due passi dal Paradiso”.

Tra gli ospiti della mostra anche lo psichiatra Paolo Crepet – da poco Assessore ai Sogni della città di Salemi – che passeggiando per la mostra ha detto: “Federico Fellini era gonfio di sogni come una mongolfiera dalla quale gettava le proprie visioni per innalzarsi in volo più leggero. E ha scelto di farlo tramite i disegni che approdavano poi al cinema, la forma d’arte che gli permetteva di essere vicino a quell’umanità che lui amava, come le prostitute, i paparazzi, i poveracci”, ha sottolineato In 154 metri di strada pedonale, i due artisti Antonello e Milo Geleng, padre e figlio, hanno ricostruito l’universo cinematografico del maestro attraverso uno spettacolare allestimento scenografico costituito da oltre 50 sagome in compensato marittimo che riproducono in scala reale alcuni personaggi, luoghi e frame dei film più celebri di Fellini, rendendo la Viassa una vera e propria strada dell’amarcord felliniano. L’esposizione, dal titolo “Omaggio a Fellini”, si sviluppa come un percorso espositivo costituito da 34 bozzetti inediti – tra i quali anche due disegni unici perché assolutamente inediti del Libro dei Sogni e in questa sede esposti per la prima volta – cinque sculture e l’unico busto per il quale il Maestro abbia mai posato, realizzati dal’artista bulgaro Gueorgui Tchapkanov. Fu Federico Fellini stesso a strappare due pagine del celebre diario sul quale appuntava le sue visioni oniriche per farne dono all’amico Rinaldo Geleng. Hanno lavorato mesi Antonello Geleng e suo figlio Milo alle sagome dipinte realizzate in uno speciale materiale di derivazione navale – quindi resistente all’usura e al tempo – che fa della Viassa il primo museo felliniano permanente a cielo aperto.

La mostra non si presenta solo come un insieme animato di personaggi immaginati dal Maestro ma come un vero paesaggio scenografico composto di unità che richiamano ognuna le sue più celebri scene cinematografiche. All’inizio del percorso lo spettatore trova ad accoglierlo le due sagome a grandezza reale di Zampanò e Gelsomina, indimenticati protagonisti del film La strada. Sulla sinistra, i fotogrammi di una pellicola cinematografica fanno da cornice ad alcuni disegni originali del Maestro, e più avanti sono i contorni di Fellini all’opera a guardare dall’alto lo spettatore. E poi ancora la Saraghina, la prostituta di 8 e ½, indica il percorso verso la Fontana di Trevi resa immortale dalla Dolce Vita, i cardinali del film Roma anticipano la Venusia de Il Casanova mentre una luna tridimensionale illumina dall’alto la Viassa, richiamando alla mente uno degli ultimi indimenticabili film, La voce della luna. Anche Lo sceicco bianco viene incontro allo spettatore sovrastando la strada dall’alto della sua altalena dondolante, mentre a chiudere il percorso sono il pullmino dell’Emiro e il glorioso transatlantico Rex di Amarcord le cui dimensioni si avvicinano quasi a quelle reali. Ma come mai Torre Canavese? Lo ha spiegato Marco Datrino. E’ una storia mecenatesca questa.

Una storia di quelle che difficilmente si sentono raccontare. E’ dal 1993 che Torre Canavese è meglio noto come paese d’arte, grazie a una serie di eventi che hanno catalizzato l’attenzione dei media portando qui migliaia di visitatori. E’ del 1993, infatti, la mostra i “Tesori del Cremlino”, la più grande esposizione mai uscita dall‘ex Urss che ha fatto arrivare nel piccolo paese di 600 abitanti oltre 350. 000 visitatori. Nel 2003 fu la volta – in collaborazione anche con il Comune di Chivasso – di un’altra grande mostra dedicata all´arte figurativa sovietica, che portò a Torre nientemeno che l’ex presidente Michail Gorbaciov. Al grido “l’arte unisce”, con l’obiettivo di riunire quello che la politica aveva diviso, andò in scena una panoramica sulla storia dei popoli sovietici attraverso pitture realizzate da pittori provenienti dalle 15 ex repubbliche sovietiche per focalizzare l’attenzione sul realismo socialista. “L’arte unisce” e Torre Canavese prosegue su questo percorso. E’ infatti all’insegna di questo spirito il progetto “Cartoline d’Italia” che porterà a breve a Torre Canavese i ragazzi delle principali Accademie Italiane per una mostra all’insegna dell’unità d’Italia. E “Medioriente sotto il segno dell’arte” che a inizio giugno ha portato nel paese piemontese artisti delle Accademie di Israele, Palestina e Giordania per un progetto di unione. Anima di questi progetti è il gallerista Marco Datrino. Antiquario per nascita ma mecenate per vocazione Marco Datrino ha fatto proprio il progetto di un grande evento felliniano che trovasse collocazione all’interno di una dimensione, come quella offerta da Torre Canavese, ormai vocata all’arte.

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