AiguesMortes_girasoli
Il mercato ad Arles
Avignone
Abbaye de Montmajour
Tori verso Saint Marie...
Tori verso Saint Marie...
Salina di SaintMarie
Salina di SaintMarie
SaintMarie: fenicotteri

6 agosto – La partenza ovvero il giorno più lungo

Sveglia alle 5. Le prime parole che ho detto quando è suonata la sveglia sono inscrivibili, ma ve le lascio immaginare. Superato il primo trauma iniziale da brusco risveglio e dopo una bella lavata di faccia con l’acqua fredda sono in grado di connettere e mi appresto a caricare i bagagli sulla bici: un borsone e il sacco a pelo legati con i “ragni”. Riempio la borraccia con acqua fresca ed eccomi pronta a partire. Alle 5.30 raggiungo gli altri tre pazzi all’appuntamento. In giro non c’è anima viva. Dedo è in ritardo come al solito, ma alle 5.45 riusciamo a dirigerci verso la stazione di Ivrea. Ho già una fame atroce, per non svegliarmi troppo presto ho rinunciato a fare colazione, ma me ne sto già pentendo….

Arriva il treno per Torino Porta Nuova. Carichiamo le bici nell’apposito scompartimento, che di apposito ha solo gli agganci per le bici, per il resto è piccolissimo e si fa fatica a caricare perché bisogna sollevare le bici: le pedane ovviamente non esistono! Poco dopo le 7 siamo a Torino. Ovviamente io mi fiondo al chiosco che vende brioche e caffè, e faccio la mia bella colazione. Ora sì che va meglio!

Dopo poco tempo arrivano gli altri quattro squinternati (MARCO: “calma con le parole!”) di Torino. Il gruppo è al completo, ma domani dovrebbero raggiungerci Mitch e sua sorella.(DEDO: “allora non è al completo?!” MARCO: “I fatti confermeranno che il gruppo era “completo” davvero… :o(“)

Alle 8.40 parte il nostro treno per Ventimiglia. Ecco che si presenta il primo problema. Arrivati al binario la donna-controllore ci dice che c’è una frana sulla ferrovia nel tratto Fontane-Breil perciò c’è un pullman sostitutivo. Beh, qual è il problema??? Semplice: il pullman non carica le bici!! Evvai!! Iniziamo bene…ma non disperiamo, ci prepariamo psicologicamente a fare quel tratto in bici, tanto sono circa 6 km tutti in discesa.(DEDO: “prima erano 5 in discesa…poi 10 non garantiti tutti in pendenza favorevole…poi si poteva andare direttamente a Nizza che era una passeggiata, solo un paio di passi montani, poi a ventimiglia, tanto è un Km lanciato…poi invece dicevano che si trattava di una pericolosissima strada montana impraticabile con le biciclette…vai a fidarti dei passanti.” MARCO: “La donna-controllore a domanda rispondeva Sì, be’, discesa, dal pullman sembra in discesa, insomma diciamo falsadiscesa’”) Carichiamo le bici sul treno con le solite difficoltà aiutati anche dalla donna-controllore un po’ scocciata (MARCO: “scocciata?! Per la fretta di tirare sù tutto, mi ha schiacciato contro la parete bloccandomi l’uscita con la bici di Chiara! Voleva farmi fare lì tutto il viaggio!”). Finalmente si parte.

Durante il tragitto mi viene lo scrupolo di chiedere se, visto che dobbiamo fare il tratto in bici, almeno il treno a Breil aspetta che arriviamo anche noi oltre che il pullman. La risposta, ovviamente, è che certamente il treno non ci aspetta! Ma come? Pago un biglietto con ulteriore supplemento di 3,5 euro per la bici, per un tratto non lo utilizzo nemmeno perché pedalo, e il treno non mi aspetta???? E’ assurdo! Ma noi continuiamo a non demoralizzarci, anche perché non abbiamo altra scelta. A questo punto ci saltano tutte le coincidenze fino a Marsiglia, ma in qualche modo faremo. Intanto sul treno ci sono dei tipi molto alternativi, del genere “punkabbestia” (MARCO: “è stato magnifico: risalivo il treno per andare a controllare le bici quando, aprendo la porta di un vagone, ganja mi ha avvolto. Erano tutti lì, buttati in terra, con i loro tre cani che ostruivano il passaggio. Nessuno che si sia spostato di un millimetro per permettermi di passare. Cavoli, quelle sì che sono vacanze!”). A un certo punto uno di questi passa per il treno con una siringa sigillata in mano a chiedere se qualcuno vuole un piercing, rassicurando tutti che l’operazione avverrà nel modo più sterile possibile! Se ho mai pensato di farmi un piercing, in quel preciso momento mi è passata completamente la voglia…

Nel frattempo arriviamo a Fontane. Scarichiamo le bici nel mentre (PAOLO: “non vorrei tralasciare gli improperi che in quel mentre ci ha fatto partecipi Marco: “Possibile che io quando vado in vacanza mi devo sempre rompere il fondo schiena?!?! Dalla prossima estate voglio una vacanza tranquilla… ci giriamo in moto l’Europa (era l’Europa vero??”) e ci apprestiamo a pedalare in direzione Breil. Riusciamo a partire prima del pullman, ma poi ci supera e quando arriviamo in stazione il treno, come previsto, è già partito (MARCO: “bici carica come non mai, io e Roberto giù a 60 km/h da quella “falsadiscesa”, in mezzo alla strada per non permettere all’autobus di superarci. Se non fosse stato per quel tratto a due corsie non sarebbero riusciti a staccarci! E poi circa un chilometro in salita (pardon, FALSAsalita); arrivati in fondo, scoppiati, vi abbiamo aspettati. E lo stesso ha fatto un’ambulanza che passava di là… è ripartita appena siete comparsi all’orizzonte…”). Ci informiamo sui treni successivi. Ne troviamo uno che va direttamente a Nizza alle 13.50, così non dobbiamo neanche cambiare a Ventimiglia. Poi da lì vedremo cosa fare. Il treno è molto più bello di quelli italiani. E’ tutto colorato e vicino allo scompartimento bici c’è uno spazio adibito a salottino con tanto di divani, molto carino. Dopo aver caricato le bici, anzi dopo che i nostri baldi uomini hanno caricato le bici (DEDO: “appunto…i baldi giovani…non lo spirito del gruppo…” MARCO: “bravo Dedo, non puntualizzeremo mai abbastanza!”), DANY: “ma l’inesperienza si fa subito sentire, una piccola dimenticanza (non chiudere lo sportello dello scomparto bici) ha fatto stare in ansia  Roberto e Paolo al punto da fare i turni per sorvegliare le incerte e traballanti bici di Fabiana e Paolo fino all’arrivo della successiva stazione, dove hanno potuto raggiungere i nostri mezzi di trasporti e metterli in salvo”. Ci mettiamo nel salottino a consumare il nostro pranzo. Facciamo una scorpacciata con la fantastica pizza di Laura (MARCO: “fantastica davvero! Però a me è mancata un po’ la altrettanto fantastica torta salata di Fabiana…”). Verso non so più che ora del primo pomeriggio arriviamo a Nizza e ci facciamo subito cazziare attraverso gli altoparlanti della stazione perché andiamo in bicicletta lungo i marciapiedi dei binari! Mi raccomando in Francia “Il est interdit aller avec le velò sur le quai…”. Ci informiamo sul prossimo treno. A questo punto abbiamo deciso di andare ad Arles, dove aspetteremo Mitch il giorno dopo. Il primo treno che carica le bici è dopo le 19. In questa vacanza scopriremo com’è dura viaggiare sui treni con le bici, già trovare il treno non è facile. Comunque appurato che abbiamo un bel po’ di tempo, facciamo un giro in bici per Nizza. Ci dobbiamo trattenere dal fare il bagno in mare, ora capisco perché si chiama costa azzurra: l’acqua ha veramente un colore blu-azzurro fantastico! Ci riposiamo un attimo nei giardini in mezzo a zingari e marocchini-tunisini, ma non ce ne preoccupiamo. Ce ne andiamo solo dopo che un marocchino sembra si sia molto offeso perché Paolo fumava Lucky Strike, in quanto americane (MARCO: “cavolo, quello ha dichiarato di essere “cugino di Bin Laden”!).

Prima di riprendere il treno compriamo un po’ di pane, salame e sottilette per fare cena. Questo tratto procede tranquillamente, alle 23.30 arriviamo ad Arles. Raggiungiamo il campeggio che avevamo chiamato nel pomeriggio passando per il centro storico. Ci troviamo di fronte all’arena illuminata. Bello spettacolo, assomiglia un po’ a quella di Verona (DEDO: “e cosa è successo a Verona?”), solo più piccola. Qui ci fermiamo un attimo a guardare la cartina per capire in che direzione dobbiamo andare per raggiungere il camping. Ed ecco che una simpatica vecchietta si ferma e chiede a Marco (MARCO: “Au revoir mon amour…”), in francese, dove stiamo andando. Così molto gentilmente ci accompagna un pezzetino e ci spiega dove dobbiamo andare.

Riusciamo a raggiungere il camping molto facilmente. Arriviamo a mezzanotte e mezza passata e il guardiano ci dice che sono al completo (MARCO: “salvo scoprire il giorno dopo che il campeggio è mezzo vuoto… ma avremmo disturbato troppo i vicini…”)!!! E ti pareva…

Ma Dedo gli dice che abbiamo solamente due piccole tende (MARCO: “o due piccole zie? Tendes, tantes, è lo stesso…”)…Beh, per quanto possano essere piccole due canadesi da 4 persone…Alla fine, si vede che gli facciamo pena, riusciamo a spuntarla e ci trova un posto nel parco giochi vicino alla piscina. Montiamo le tende al buio e sempre al buio ci facciamo la doccia perché a mezzanotte spengono le luci nei bagni. Abbiamo ancora la forza di fare un “rave party” nella tenda di Dedo con tanto di scorpacciata di “abbracci” (MARCO: “com’è che io mi ricordo anche di un altro “dolce”, credo tipico di Napoli, oltre agli abbracci?”) e poi tutti a nanna, dopo (DANY: “tanto insistere, (ho rischiato di perdere la mia integrità fisica…”) abbiamo deciso di andare ad Avignone il giorno successivo. Non faccio tempo ad appoggiare la testa sul cuscino, che x tutta la vacanza sarà la mia felpa, che crollo in un sonno profondo.

7 agosto – primo giorno ad Arles (il primo di tanti)

DEDO: “pure troppi”. MARCO: “Macché, non bastano mai”, PAOLO: “già, ma quanti giorni sono stati???”

Il buon proposito di mettere la sveglia  c’è stato, ma prima delle 9 non siamo riusciti a svegliarci. Appena alzati un bel tuffo in piscina! Wow! E’ veramente fantastico svegliarsi così (MARCO: “b#@#!i, sono ancora rosso per la panciata che mi avete fatto prendere!”) Ci crogioliamo ancora un po’ al sole dopodiché la fame inizia a farsi sentire, soprattutto la mia. Così, colazione al bar del campeggio: la prima e l’ultima perché un cappuccino costa ben 2,40 euro! Ci prepariamo poi a prendere il treno delle 13.25 per Avignone, quello che carica le bici, ovviamente. Partiamo abbastanza puntuali per la stazione, ma ci ritroviamo solo in cinque. Marco inizia a fare i biglietti, e aspetta, aspetta le altre non si vedono. Alla fine si scopre che un sacchetto di plastica si è impigliato nella catena della bici di Laura e che un signore (DANY: “dal buffo aspetto e dalle maniere a dir poco stravaganti”), gentilmente si è fermato ad aiutarla, (DEDO: “smontando in un batter d’occhio la bici in mezzo la strada con scarsi risultati nel montaggio…” MARCO: “E doveva fare tutto lui?! È già stato gentilissimo a smontarla!”) Tutto si risolve, ma ovviamente abbiamo perso il treno…

Bene, allora si fa pappa (DEDO: “in mancanza d’altro, per non saper né leggere né scrivere”. MARCO: “Bene, allora non si va più ad Avignone!”)!!! Ci apprestiamo a raggiungere il supermercato dove facciamo man bassa di baguettes, mortadella, tonno, succo d’arancia e birra. Poi, non senza rischiare la vita lungo gli argini del Rodano con le bici, e facendo cadere pure le baguettes per terra (MARCO: “e chissà chi le portava…”) (PAOLO: “ma le hanno fatte cadere solo x dare quel giusto “sapore di asfalto” al magnifico pranzo… tutto calcolato no???”) (perché in Francia i sacchetti per il pane non sanno cosa siano!) ci fermiamo in un posticino molto “carino ed elegante” dal quale si gode un’ottima vista su un parcheggio (MARCO: “però si vedevano anche i vigili del fuoco che facevano le esercitazioni col gommone sul Rodano e sfrecciavano con i camion a sirene spiegate tutt’intorno!”). Ci sediamo sui comodi scalini e facciamo i panini col mio coltellino svizzero, che diventerà mio inseparabile compagno di viaggio. Sbafiamo tutto con voracità e dopo un giretto nel centro storico per prendere un caffè, finalmente andiamo a vedere qualcosa! Alle 15 passate, o forse anche le 16 andiamo in bici al ponte di Van Gogh che dovrebbe distare 10 km circa da Arles, ma di fatto ne facciamo 6 (MARCO: “oddio, siamo sicuri, allora, che fosse quello il ponte di Van Gogh?!”). Il posto è abbastanza carino, siamo in campagna, ricorda molto la Bassa veronese (DEDO: “dove potrei raccontarvi quello che è successo…”)  e c’è questo ponte in legno ricordo di tempi passati. Qui ci dilettiamo a fare foto artistiche, come nostro solito, nelle posizioni più disparate.

Ok, ora che facciamo? Torniamo ad Arles per vedere les Alycamps, ma sono le 18.30 e la cassa chiude. Allora andiamo di nuovo nel centro storico e iniziamo a girare un po’ senza bici. Finiamo alla Fondazione di Van Gogh e chi incontriamo???? Ma la simpatica vecchietta della sera precedente! Baci e abbracci con Marco, di cui ormai è cotta (MARCO: “traaaa! 1-0, palla al centro”). Ci fa gentilmente entrare (MARCO: “nonostante stesse chiudendo!”) e visitare l’esposizione delle stampe di Van Gogh, accompagnate da frasi tratte dalle sue lettere.

Dopo la visita ci facciamo indicare la strada per andare al Cafè dipinto nel quadro “La sera” (MARCO: La dolce vecchina aggiunge: ‘mais ne prenez pas le café là, parce que ils sont mafiosi’) e salutata la vecchina ce ne andiamo. Arriviamo in Place du Forum, dove il famoso Cafè ha ormai poco e niente del quadro di Van Gogh. La piazzetta è comunque carina, (DANY: “è a dir poco bellissima, un luogo racchiuso e minuto, capace di diffondere un’atmosfera ricca di cultura; che armonia! Ogni singolo elemento racconta di sé, si fa portavoce del suo periodo, si lascia ammirare e con estrema naturalezza si confonde per dare spazio alla continuità”)  piccola e piena di tavolini dei vari bar-ristoranti che ci sono attorno. Passiamo ancora in Place de la Rèpublique e poi dritti in campeggio per una doccia veloce e ritorno in centro alla ricerca di un locale che alle 22 passate ci dia da mangiare e ci faccia spendere poco. Dopo essere stati rifiutati da diversi locali che avevano già chiuso le cucine ripieghiamo in un locale andaluso dove ci fanno sedere un po’ scocciati. Qui facciamo cena a base di 19 tapas serviti da un energumeno nero ancora più scocciato, ma che ora della fine si addolcisce e tenta anche di fare qualche battuta. Divoriamo i tapas famelici come  se non mangiassimo da giorni, (DEDO: “cosa che di per sé un fondo, o meglio, delle solide fondamenta di verità le trova eccome…la pizza di Laura è già così lontana!!!” MARCO: “E la MEZZA baguette con la mortadella (1 fetta), non la conti?!”). Infine ci facciamo ancora un gelatino in place du Forum prima che la gelateria chiuda. Eppure è prima di mezzanotte, ma c’è pochissima gente in giro e i locali sono già quasi tutti chiusi.

Torniamo al camping e dopo il solito “rave”  e aver deciso che il giorno dopo riproveremo ad andare ad Avignone (MARCO: “a ridaje…”), ce ne andiamo a dormire.

DEDO: “Certo, la compagnia del gomitolo, con l’inganno, entra in tenda, mentre l’altra metà del gruppo sfrutta ciò che dal cielo, il gentile campeggiatore ha fatto cadere: tornando in campeggio infatti, davanti alla tenda di Dedo, come fungo dopo una pioggerellina di fine agosto, è spuntata una tenda con due tedesche. Così parte immediatamente una ambasceria (MARCO: “recando in dono il dolcetto tipico di Napoli…”) pronta a riconfermare qualsivoglia patto d’acciaio con “gli amici teutonici”.

Con l’arrivo di Paolo e Marco la festicciola continua allietata anche dal vinello di bassa “statura” offerto dalle due Berlinesi dai nomi impronunciabili. Il resto è storia (MARCO: “bravo, la SOLITA storia…”), dopo le proteste di un vicino di tenda, con un appuntamento ad Avignone per il giorno seguente (noi ragazzi l’abbiamo sempre detto: ad Avignone si va e basta!), si va tutti a trovare Morfeo (MARCO: “Venere mai eh, sempre Morfeo!”)…tutti non proprio…c’è da dire che le “gentili signorine” hanno rotto fino ad ore non più così piccole continuando a chiacchierare come solo le più sfasate punterie sanno ticchettare (MARCO: “che ninna-nanna quel loro idioma così dolce…”)(e lasciami l’ultima parola!)”.

8 agosto – Terzo giorno (finalmente Avignone! DANY: “Ma non siamo stati sul PONTE!”)

Ci alziamo sul (DEDO: “su che cosa? Le pietre che Marco metteva sotto il materassino per avere mal di schiena e poi farsi massaggiare dalla sorella di Mitch, che poi non è venuta e così si è tenuto il mal di schiena?” MARCO: “Però l’idea era a dir poco geniale…”) tra le 9 e le 10, immagino. Immagino perché a più di 20 giorni di distanza (sigh!) inizio a fare fatica a ricordare tutto precisamente. Comunque facciamo sempre la nostra bella colazione (DEDO: “una galletta ed un bel bicchiere di acqua…come si vede che le pene si dimenticano in fretta!” MARCO: “C’era anche la galletta!? La mia deve essersela mangiata Faby…”)  e poi visitiamo un po’ Arles (MARCO: “la terza volta è meglio della seconda e della prima…”) in attesa del treno per Avignone. Per prima cosa vediamo Les Alycampes, le catacombe, e ci facciamo un bel biglietto da 10 euro che ti permette di vedere tutti i monumenti di Arles, (DEDO: “giusto per giustificare la nostra quasi cittadinanza arlesiana…”). Usciti di qui andiamo velocemente al teatro antico. Bello è bello, peccato che sia rovinato dal palco, dalle luci e altre strutture varie montate per il concerto serale. DEDO: “In compenso Dedo trova nel parco una scorta di quadrifogli che gli hanno consentito di portare l’integrità della bici a casa, non subendo alcun intoppo o danneggiamento! “ MARCO: “E se non è culo quello… (si può dire “culo” in questo diario?”) Pedaliamo poi in direzione stazione e questa volta senza imprevisti (MARCO: “avevo detto a Dedo che i quadrifogli non sarebbero bastati… e nemmeno i chiodi…”) riusciamo a prendere il treno delle 13.25. In mezz’oretta siamo ad Avignone. MARCO: “E qui spenderei due o tre paroline sul fatto che in treno c’eravamo solo noi, il che ci ha permesso di fare amicizia con Guido (il macchinista o tranviere o pilota o che dir si voglia…) e scattare foto ai binari di fronte a noi tipo locomotiva a vapore nel Far West”. Entriamo dalle mura che la circondano e arriviamo nella piazza dove si trova il palazzo dei Papi. Veramente notevole, del resto i papi di soldi ne avevano (DANY: “a palate sotto le “mattonelle”  MARCO: “E’ per quello che facevano i palazzi così grandi? Per avere tante mattonelle?”. PAOLO: “Non vorrei tralasciare il fatto che davanti al palazzo dei Papi c’è il concervatori di Musica e che i sui migliori allievi suonavano in piazza…” Qui il gruppo si divide tra quelli che sono disposti a spendere ben 7 euro per visitare il palazzo, quelli che invece sono tirchi fino all’osso e ci rinunciano, io ovviamente sono tra questi,(MARCO: “quelli che non entrano perché ci sono già stati” DANY: “e quelli come Daniela e Paolo che pur avendo le braccine corte riescono ad entrare con lo “sconto”…io aggratiss e Paolo si spaccia per studente!”  PAOLO: “Comunque quella dello sconto non è stata una mia idea!!?”). Sono ormai le 14.30, ci diamo appuntamento un’ora dopo lì davanti, intanto io, Roby, Marco e Laura facciamo un giro nel parco di fianco al palazzo, altrettanto bello (MARCO: “aggratis rigorosamente!”). Alle 15.30 siamo al ritrovo, ma degli altri neanche l’ombra (DANY: “i papi avevano più soldi del previsto”) (PAOLO: “Naturalmente ci siamo messi a guardare sotto tutte le mattonelle del palazzo per trovare il famoso “tesoro” dei Papi”). Ci sediamo sugli scalini in attesa. Nella piazza ci sono degli artisti di strada che suonano e cantano, c’è un’atmosfera stupenda e rilassante, tanto rilassante che Marco si addormenta (MARCO: ”questo sì che è quel che si dice “sfruttare i tempi morti”! Che pisolo! Mai dormito così bene! Da seduto, senza poggiare la schiena, senza cadere di lato. Potrei scrivere un trattato…”). Io non cedo al richiamo di Morfeo, ma ne approfitto per scrivere il diario, quando ancora ce l’avevo. Intanto la fame comincia a farsi sentire, è vero che abbiamo fatto colazione tardi, ma ora sono le 16 passate e il mio stomaco inizia a protestare (DEDO: “strano che abbia aspettato fino ad adesso!”). Marco si sveglia (MARCO: “allora protestava veramente forte!”), iniziamo a fare un giro per vedere cosa si può mangiare a basso costo e se c’è un supermarchè nei dintorni. Quando torniamo finalmente il resto della compagnia è uscito dal palazzo…DANY: “carico di bottino (gentilmente offerto da Dedo)!” Ci dirigiamo verso il supermercato che ci è stato indicato all’ufficio del turismo (DEDO: “d’altra parte che cosa vuoi chiedere all’ufficio del turismo di Avignone…ferramente non ce n’erano?” MARCO: “Avendo già visto il palazzo dei Papi, il supermercato era l’unica cosa che la città poteva offrirmi”), ma non ci arriviamo. Veniamo fermati prima da un negozietto che vende baguettes già imbottite, torte salate e pasticcini di ogni tipo. Data la fame che abbiamo non avremmo neanche la forza di farci i panini, così divoriamo una di queste fantastiche baguettes (MARCO: “le baguettes c’erano solo imbottite di formaggio! Io mi sono dovuto arrangiare con un focaccione alle olive nere accompagnandolo con una scatoletta di tonno che ho trovato nel cestino dello “spirito del gruppo””) e ci mangiamo un melone che avevamo portato dietro da Arles (DEDO: “e che a questo punto della storia si era già fatto fin troppi Km nel mio cestino…” MARCO: “pensavo lo portasse lo “spirito del gruppo”!”).

Finito questo lauto pranzo prendiamo le bici e ce ne andiamo a Villeneuve-les-Avignone che è a pochissimi kilometri da qui, praticamente basta attraversare un ponte…..DANY: “giusto per digerire meglio “l’abbondante” pranzo”. A Villenueve andiamo fino su in cima….DANY: “quasi lascio un polmone per strada…” MARCO: “qualcuno l’aveva detto che non avevi il fisico… “alla collina dove c’è un castello, a quell’ora chiuso DANY: “peccato perché c’era un borgo annesso”, e dal quale si vede un ottimo panorama. Ci riposiamo un po’ in questo bel posticino (MARCO: “mentre Dedo faceva il pittore bohèmien”) dopodichè torniamo ad Avignone per fare una veloce cenetta. Troviamo un locale molto carino dove fanno karaoke e ce lo fanno a fette con mielose canzoni francesi cantate da un nero (DEDO: “sei tu daltonica o io smemorato?” MARCO: “O più probabilmente ubriaco?”) DANY:”e un “biondino”” (MARCO: “sei razzista?”), che me lo vedrei più a rappeggiare…Comunque prendiamo i soliti menù turistici a “poco prezzo”, l’acqua del rubinetto e poi qualche baldo giovane consuma fiumi di birra che fanno salire il conto, pagato ovviamente dalla cassa comune (E io pago!)…(DEDO: “gli stessi baldi giovani che hanno bisogno di essere in forze per farsi il solito C%%% da capanna in onore dello spirito del gruppo…” MARCO: “com’è che il **** me lo sono fatto anche io e la birra l’avete bevuta voi altri tre?!”). Ma almeno io e Chiara ci siamo abbuffate con una fantastica tarte tatin con la panna e il cioccolato che era uno spettacolo! (DEDO: “e io pago!!!”) Prima di andare via, con Dade un po’ brillo, abbiamo fatto scintille al karaoke con “Un diavolo in me” di Zucchero, tanto che i passanti si fermavano a vedere che cosa stesse succedendo. Dopo la nostra formidabile prestazione andiamo di corsa (con le bici) in stazione. Arriviamo al pelo, ma non c’è problema perché il treno è in ritardo di 25 minuti (DANY: “i quadrifogli di Dade iniziano a fare effetto”)! Ci spacchiamo la schiena a portare le bici giù e su dagli scalini del sottopassaggio per arrivare al binario (DEDO: “date a cesare quel che è di cesare” MARCO: ” E le maiuscole che ti avanzano a chi le dai?”). Qui facciamo un po’ di casino, con la scusa che Dedo è ubriaco (DEDO: “non ero un po’ brillo?”) facciamo finta di esserlo anche noi e ci mettiamo a ballare e cantare. Poi iniziano gli incontri ravvicinati del terzo tipo. Un individuo, molto barbone andante (MARCO: “ma come cavolo parli?!”), dall’altra parte dei binari accenna sembra un passo di danza e noi applaudiamo. Non l’avessimo mai fatto, eccolo che viene da noi e inizia a parlarci in dieci lingue diverse dopodichè ci fa vedere tutte le foto della sua vita! MARCO: “E le regala a Dedo! E in mezzo ce n’era anche una con un Nano!” Infine se ne va ad intrattenere un altro gruppo di ragazzi bolognesi che stanno facendo l’interrail (MARCO: “e Dedo lo segue o “insegue” per restituirgli le foto”). Nel frattempo passa un “collega” indiano (o tunisino?) con bici a seguito a cui, credo Paolo (MARCO: “ahimè, anche io..”), rivolge per sbaglio la parola e da allora attacca bottone e non ce lo togliamo più di dosso, insieme al barbone-pazzo, fino a quando non scendiamo ad Arles. Il breve viaggio in treno prosegue senza intoppi facendo due chiacchiere con i bolognesi, mentre Dedo e Marco sono al baccaglio in un altro scompartimento con due tedesche/inglesi/francesi??? Boh, loro se lo ricorderanno di sicuro! DEDO: “Per la precisione francesi (MARCO: “vicino al Belgio”) e per quel che mi riguarda, sanno che io e Marco siamo due attori che hanno portato onore alle tragedie e commedie rappresentate questa estate a Siracusa, unica città italiana visitata dalle simpatiche cugine d’oltrAlpe. Come per le tedesche, il nome è caduto nell’oblio, troppo complicato…tuttavia ho fatto a tempo a lasciarle l’indirizzo di Parigi, così non mi resta che attendere le vittime.” MARCO: “Come cavolo si chiamavano?! Una (la tua) aveva un nome “arabo” o quasi, ricordo solo questo”. Arrivati ad Arles, per quel che mi ricordo, facciamo la solita “riunione” sulla nostra giostrina facendo il programma per il giorno dopo e poi, finalmente, nanna!  DEDO: “Già, proprio ottimo il programma di quella sera…peccato che sia bastato solo per due giri…e poi dopo abbiamo discusso su quello che avremmo potuto fare il giorno seguente, ma la regola di programmare non oltre i 5 minuti successivi ci ha impedito di discutere oltre e così ci siamo goduti le stelle…” MARCO: “e che stelle…”

9 agosto – Quarto ed ultimo (finalmente!) giorno ad Arles

Cavolo, inizio veramente a far fatica a ricordare (DEDO: “ricordare che cosa?dai sdrammatizzo che la malinconia mi prende il groppone…sigh…”).. Che tristezza! Dunque, se non ricordo male questa è la volta dell’abbazia di Montmajour. Ci alziamo, come al solito, intorno alle nove (MARCO: “alle nove “come al solito”?! Ma quando mai ci siamo alzati alle nove?! Boh, forse voi…”) (DEDO: “esistono le nove anche al mattino? [ormai è una formula arcaica…ndr]”) e facciamo la nostra abbondante colazione; DEDO: “ancora adesso mi sento lo stomaco pieno…”.. No, adesso che ci penso era decisamente più tardi (MARCO: “ah ecco…”). All’abbazia saremo arrivati intorno alle 13, visto che poi siamo usciti di lì che erano quasi le 16, o erano già passate? DEDO: “non avevamo alcun ritmo biologico, questo è risaputo, se avevamo fame mangiavamo (o ci provavamo) se avevamo sete ce la tenevamo e se avevamo sonno “lo spirito del gruppo” montava le tende e si dormiva…già..ni hora ni ritmi, ni impedition…” Beh, insomma, fatto sta che arriviamo in questa benedetta (MARCO: “del resto è un’abbazia…”) abbazia dopo circa 11 km di pedalata e visitiamo questo splendido luogo che fa un po’  “Nome della rosa”. Tutta in pietra e con una fantastica scala a chiocciola strettissima che ti porta su in cima ad una torre dalla quale si gode un ottimo panorama e se non stai attento a dove metti i piedi rischi di incastrarti nelle fessure da cui gettavano l’olio bollente! (La punteggiatura la mette poi qualcuno + bravo di me, vero? MARCO: “Mi giunge nuova ‘sta storia dell’olio bollente…”).  DEDO: “Già, arrivati in cima dopo una corale contata di  gradini per un totale di 298 se la memoria non fa cilecca…”  Qui sopra ci passiamo un’abbondante ora a fare foto artistiche varie; MARCO: “da citare c’è quella che Dedo voleva fare mettendo la macchina in cima ad una colonna, che poi si è rivelata essere un camino… “ Poi finalmente, quando la fame inizia a farsi sentire (DEDO: “alle nove del mattino…ma non eravamo già al pomeriggio?”), ci facciamo ancora qualche km ed arriviamo a Fontvieille. Una baguette veloce e via verso il mulino di Daudet (MARCO: “che si trova in cima ad una salita con pendenze mortali, almeno subito dopo pranzo”), famoso scrittore del…(e qui lascio a chi possiede maggior cultura! MARCO: “Passo”,  DEDO: “io vedo”). Breve e veloce visita a questo mulino a vento e poi giù di corsa verso Arles (MARCO: “nella discesa ho toccato i 64 km/h!!!”) con tappa al supermercato per fare rifornimento di liquidi (MARCO: “SUCCO D’ARANCIA!!!”)(DEDO: “quanto facevamo con un litro? Più della Bravo a Barcellona?”), l’unico posto dove l’acqua non costa un capitale! Ad Arles, riusciamo ancora a visitare l’arena e poi, e poi…e poi sarà come morire..vabbè non mi ricordo più. Qualcuno mi aiuti perché veramente non so cos’abbiamo fatto dopo e soprattutto dove abbiamo mangiato. O forse sì…è per caso la volta del ristorante consigliato dalla guida Routard del 2000 (MARCO: “proprio un consiglio da amico, eh! Io continuo a restare fedele alla Michelin…”)(DEDO: “io credo solo alla mia moleskine”) che ci ha propinato quel menù a base di gallette al grano saraceno (MARCO: “mhm, che bontà! Se solo ne avessi una adesso! La potrei almeno usare come tappetino per il mouse…”) DEDO: “e io per fare la doccia…?” E la crepe con il succo d’acero…mmmhmm…buona (MARCO: “questo lo confermo!”). Finalmente ho scoperto perché Rain Man lo amava tanto! DEDO: “e perché a Fabiana piace rainman…”

Lo so che non tutti hanno apprezzato la particolare cenetta però il locale non era male, tutto in stile marinaro. MARCO: “Sulla cenetta ho esposto il mio punto di vista; quanto al locale, non male per chi ama il kitsch. Notevole, quasi da segnalare sulla guida Routard 2002, la camerierina, che parlava anche un poco di italiano…” PAOLO: “Beh, io vorrei aggiungere una nota positiva alla cenetta kitsch: l’ottimo sidro delle crêperie non è mancato e anzi anche Bacco avrebbe voluto sedersi al nostro tavolo!!”

Poi ho di nuovo il vuoto…qualcuno completi che poi sono pronta a ripartire dal giorno successivo, quando finalmente si parte per Aigues-Mortes. La prima vera e seria pedalata della vacanza! DEDO: “Che paroloni..seria…ho mai fatto qualcosa di serio nella mia vita?”

10 agosto – Aigues-Mortes

Qui i ricordi si fanno un po’ offuscati. Ma ricordo perfettamente quella mattina…Ero pronta prima degli altri, così mi offro di andare a prendere la colazione al supermercato. Chiara decide di accompagnarmi, per fortuna (poi capirete). Arriviamo in centro ad Arles, c’è anche il mercato oggi, così facciamo anche un giretto tra le bancarelle di generi alimentari. Ci sono un sacco di banchi che vendono spezie, sono stupendi perché hanno tutte queste ciotoline esposte che creano un insieme di colori accesi che uno penserebbe di vedere solo in Oriente. Decidiamo di prendere i croissant in un banco che vende pane, c’era un’offertona di 10 brioches a pochissimo. Poi andiamo al supermercato a prendere il succo, ma quando usciamo: sorpresona! La mia bici ha una gomma a terra! E ti pareva se passava un giorno senza imprevisti… Iniziamo a tornare in campeggio portando le bici a mano, poi l’ultimo tratto Chiara va avanti ad avvertire gli altri. Quando arrivo, sono già tutti pronti tipo in un box di Formula 1 e in 5 secondi… mhmm… facciamo mezz’ora (MARCO: “va be’, non per giustificare, però ai meccanici di Formula 1 il pit stop non glielo fanno mica fare appena svegli, all’Alba delle 12:00, dopo una notte trascorsa a fumare non dico cosa davanti alla tenda di due Olandesi… o erano Tedesche… o era un altro giorno…”), mi riparano la gomma. Dopo colazione, finalmente sembra che siamo pronti a partire (MARCO: “saranno giusto le 14:00?”)… Allora via, destinazione Aigues-Mortes. Sono i primi 70 km (circa) che facciamo in bici da quando siamo arrivati. Finalmente attraversiamo la vera Camargue: strade di campagna (comunque asfaltate) che attraversano un paesaggio fatto di paludi e cespugli, che detto così sembra brutto, ma invece è molto bello, dà un senso di libertà. E’ tutto molto aperto e c’è sempre un cielo stupendo, a causa del vento che soffia in continuazione e che trasforma le nuvole in figure sempre diverse. Vediamo anche tanti tori, ma sempre all’interno di recinti. MARCO: “Consiglio a tutti una stradina che c’è lì da voi nel Canavese: è lunga una decina di km, tra Buronzo e Rovasenda, è larga due metri se va bene, corre in mezzo a un panorama molto simile alla Camargue, con tanto di aironi, garzette e compagnia bella! “ L’idillio di questo paesaggio finisce, appena fatto un pezzo di grossa statale, quando mi ritrovo di nuovo con la gomma di prima bucata! Tra l’altro fa caldo ed è quasi ora di pranzo… I baldi meccanici decidono che la mia camera d’aria è irrecuperabile, così in tre partono per il paese più vicino alla ricerca di una nuova camera d’aria e di qualcosa da mettere sotto i denti. Nel frattempo Marco compra a un euro un pentolino in un negozio di chincaglierie (MARCO: “chincaglierie?! C’era da compare tutto lì dentro! Che affaroni, tutto a 1€!”). Questo pentolino sarà il nostro inseparabile compagno di viaggio (MARCO: “ed ora è qui sopra il mio PC che si chiede quando ci ritroveremo di nuovo per un buon the notturno…”). Dopo circa mezz’ora la spedizione gomma-cibo arriva trionfante. Finalmente ho la bici di nuovo “in forma” (sempre grazie a Marco e Dedo, se non lo dico si arrabbiano ;oD ) e lo stomaco pieno.

Dopo il pranzetto siamo di nuovo pronti a partire. Ci immettiamo di nuovo in una strada di campagna e via veloci come il vento (più o meno). Questa volta il paesaggio cambia. Ci vediamo scorrere di fianco ettari ed ettari di vigneti, ma non come quelli che si vedono da noi. Le viti sono molto basse e sono piantate nella sabbia, sì proprio sabbia come quella che c’è in spiaggia. Non per niente i vini da queste parti sono chiamati “Vins de Sables” (o qualcosa di simile). Ci fermiamo anche a far merenda con un po’ di quest’uva che scopriamo essere deliziosa!

Verso le sette di sera siamo quasi arrivati, manca solo un ultimo tratto di statale. Peccato che è stato il tratto più lungo della nostra vita! Il vento è aumentato improvvisamente ed ovviamente ce l’avevamo tutto contro! Ci impieghiamo non so quanto a fare pochi kilometri, e alla fine stremati ci fermiamo in un campeggio poco  prima di Aigues-Mortes. Abbiamo una fame terribile, ma al campeggio non c’è né bar né ristorante. Il proprietario però ci indica una stradina di campagna per arrivare in centro senza passare dalla statale e ci consiglia un pizzaiolo che fa le pizze da asporto. Così, io, Chiara e Paolo ci offriamo di andare a prendere le pizze. Arriviamo al chiosco e ci accoglie un toscano (PAOLO: “che cercava di convincere i francesi a parlare in italiano”), ma la brutta notizia è che prima delle nove (o nove  e mezza? Non ricordo) non sono pronte. Io tra un po’ stramazzo lì per terra, così gli chiedo se gentilmente può darmi una fetta di prosciutto da mangiare subito. Lui rimane un po’ perplesso, mi dice: “Ma così? Senza pane?”. Alla fine me la dà, vedendo che non mi formalizzo, e io la divoro in un sol boccone. Avrò anche avuto le mani sporche, ma quando c’è la fame… Rassegnati a dover aspettare un’ora facciamo un giro nel centro di Aigues-Mortes. Il nome, se non si era ancora capito, significa “Acque morte” e deriva dal fatto che questa cittadina è circondata da una vasta distesa di paludi (o saline… altra amnesia). Comunque è carinissima, è tutta circondata da mura, sembra una cittadina medievale, ed il centro è piccolo e raccolto, con una miriade di ristorantini con i tavoli all’aperto.

Finito il giro andiamo a prenderci le pizze (10 anche se siamo in otto) e torniamo verso il campeggio. La strada al ritorno è una tortura! Ormai è buio e la strada non è illuminata. Io e Paolo abbiamo le luci sulla bici, ma fanno poco e niente. Oltretutto non c’è anima viva in giro, il che ci mette un po’ paura. Ma alla fine arriviamo sani e salvi e con gli altri spazzoliamo le pizze in due minuti netti.

Questa è anche la notte di San Lorenzo, all’inizio della giornata c’era il buon proposito di stare fuori a guardare le stelle, ma adesso fa freddo e il sonno è tanto, così quasi tutti optiamo per il caldo sacco a pelo e una sana dormita. Forse solo Dedo, è il temerario che si impone di vedere qualcosa. MARCO: “Io, comunque, alla fine sono stato contento che Fabiana e Paolo avessero tutto quel sonno: non ho visto cadere le stelle, ma ci ho decisamente guadagnato… e poi, se non ricordo male, il cielo era nuvoloso o addirittura ogni tanto cadeva qualche goccia…”

11 agosto – Saint-Marie-de-la-Mer

La mattina facciamo ancora una puntatina ad Aigues Mortes. Più che altro perché gli altri non l’hanno ancora vista. Qualcuno va a messa, mentre io, Dany e Marco preferiamo fare un giretto al mercato. Qui facciamo colazione alla faccia degli altri, ingurgitando un sacchetto di croissant freschi, sempre in offerta. Poi facciamo la spesa per il pranzo. Oggi si fa festa: pollo allo spiedo (MARCO: “coupé!! E che fatica per convincere il pollivendolo a tagliarlo”), invece dei soliti panini! E poi ben due meloni!

Raggiungiamo gli altri in piazza e consumiamo il lauto pranzo. Con i meloni ci hanno un po’ fregato, ma pazienza. Dopodichè, di nuovo in sella alle nostre bici partiamo alla volta di Saint-Maries-de-la-Mer. Attraversiamo di nuovo un magnifico paesaggio, ma mentre stiamo per arrivare al battello per attraversare il Rodano….trah! Ecco che stavolta tocca a Chiara a bucare! Dedo si ferma ad aiutarla (MARCO: “non per stare sempre lì a sindacare… cmq mi sono fermato anche io… sennò chissà come andava a finire… be’, allora era meglio se non mi fermavo! ;o) “), mentre noi andiamo avanti per cercare un campeggio. Arrivati a Saint-Maries c’è una fila di macchine per entrare, ma noi con le nostre bici le superiamo agilmente e andiamo subito all’ufficio del turismo. Ci indicano un paio di campeggi. Proviamo con uno, e questa volta la fortuna ci assiste, hanno posto, ma quelli dopo di noi sono costretti a cercare altrove. Chiara e Dedo arrivano dopo poco tempo, siamo di nuovo al completo. Montiamo le tende. Qui, la sfiga torna a farsi sentire…Quella sera tirava molto vento, così a un certo punto una delle stecche della tenda di Marco si è rotta. Ci ha impiegato un’ora ad aggiustarla con mezzi di fortuna: sembrava McGuyver! MARCO: “Lo prendo come un complimento”. Alla fine, verso le 22 passate consumiamo la nostra magra cena (MARCO: “ma chissà come mai abbiamo mangiato così tardi?! Diciamo che una crisi isterica mi ha colto e ho passato due o tre ore sotto la doccia… che sclero quella volta! E che carini ad aspettarmi! Avevo quasi i lacrimoni, perché mi aspettavo invece che mi mandaste tutti a quel paese, peraltro con ragione!”): un po’ di pane affettato con due wurstel e una sottiletta. Tutto quello che abbiamo trovato al minimarket. In compenso abbiamo preso il nescafè, così col provvidenziale pentolino di Marco riusciamo almeno a bere qualcosa di caldo perché la sera fa veramente freddo. In realtà, abbiamo ancora tutti fame, ma nessuno ha la forza di uscire fuori al gelo per andare al bar del campeggio. Così rimaniamo in tenda a chiacchierare e fare giochi di parole, finchè non ci addormentiamo tutti e otto nella stessa tenda. Poi verso l’una, ci svegliamo infreddoliti e ognuno torna nella sua…

12 agosto – Le paludi e i fenicotteri

Ora che ci svegliamo, facciamo colazione e siamo operativi è praticamente mezzogiorno. Ci va bene, che con il vento che c’è non si patisce il caldo. Il programma di oggi è di fare il giro degli stagni. E’ un giro piuttosto lungo (non ricordo i chilometri… MARCO: “io sì, erano 70 e passa… o forse erano meno, però sembravano 70…”), ma ne vale la pena. Bisogna solo ricordarsi di portare una grande scorta di acqua e del cibo perché lungo il tragitto non c’è assolutamente niente o quasi.

Fin da subito vediamo centinaia di fenicotteri rosa, è uno spettacolo stupendo. E attraversiamo di nuovo spazi immensi, paludi e saline, e questo cielo che è una cosa indescrivibile. Dopo il primo tratto ci fermiamo nell’unico punto di “ristoro”. Ristoro nel senso che puoi mangiare quello che ti sei portato perché loro non ne hanno. MARCO: “In compenso è proprio un bel posto, perché si tratta di un faro piazzato lì in mezzo ai fenicotteri e gli stagni, con i cannocchiali per spiarli mentre s’ingozzano di gamberetti”. Dopo esserci rifocillati ripartiamo fermandoci qua e là dove lo spettacolo è più bello. A un certo punto nessuno ha più acqua e stiamo morendo, proviamo a fermarci in un punto di osservazione e chiediamo al ragazzo se vende dell’acqua. Purtroppo ci dice di no, ma gentilmente ci fa riempire la bottiglie con l’acqua delle taniche che ha in casa. Allora, non sono poi così cattivi questi francesi! MARCO: “Be’, va anche detto che siete andate solo voi donne: questo poverino non vede mai nessuno e tutt’a un tratto gli si presentano 5 pulzelle chiedendo acqua…”

Ma gli imprevisti non sono finiti, a metà strada tocca a Roberto a bucare! Solo che il gruppo era un po’ diviso, una parte era già avanti, così io sono partita in cerca degli altri che si sono fermati un bel po’ di chilometri dopo. Iniziavamo ad essere un po’ distrutti, ma di strada ce n’era ancora. Dopo aver riparato la bici e mangiato un po’ di zuccherini, facciamo l’ultimo sforzo. MARCO: “Detta così sembra tutto facile: la verità è che la riparazione della bici di Roberto è stata meno rapida del normale, perché la sua camera d’aria era messa proprio male, tanto che bisognava rigonfiarla di continuo. E poi a Roberto è presa una “crisi” analoga a quella che aveva colto me la sera prima, quindi è partito da solo, lasciandoci tutti indietro; questo ha fatto sì che, privo di cartine, “ciccasse” clamorosamente un bivio, ritrovandosi chissà dove, senza conoscere una parola di francese. Alla fine pare abbia trovato un immigrato italiano con un furgoncino, che per sua fortuna andava proprio a Sainte-Maries. Morale: noi lo abbiamo cercato, ci siamo sentiti delle merde per averlo abbandonato, lo abbiamo creduto sperso per la Camargue… e invece lui è arrivato ben prima di noi in campeggio e lo abbiamo ritrovato mentre si sparava una bella pizza alla faccia nostra! Così si fa Roberto!!!” E veniamo premiati arrivando alla fine del percorso con un  tramonto da favola, tra il rosso del sole, il rosa dei fenicotteri e il blu di uno stagno enorme…

Dopo una doccia rigenerante, questa volta andiamo a mangiare fuori. Ma sono le 22 passate, dopo aver girato qualche locale, troviamo solo una pizzeria che ci dà da mangiare: ci strafoghiamo (PAOLO: “non vorrei dimenticare l’ottimo aperitivo che abbiamo degustato in quella pizzeria fatto col melone…”) e poi stravolti andiamo a nanna.

13 agosto – Di nuovo Arles!!!

Abbiamo deciso di tornare ad Arles, per prendere il treno ed andare in Provenza (se non ricordo male), così al mattino siamo di nuovo pronti a macinare un po’ di kilometri. Lungo il tragitto incontriamo anche un ciclista tedesco in solitaria che ci dice che sta andando in Sicilia! E poi noi ci lamentiamo… Ci abbandona subito perché non riesce a star dietro al nostro ritmo troppo lento. Tra l’altro siamo di nuovo controvento!

In stazione ad Arles scopriamo che è incasinato andare dove vorremmo, così alla fine decidiamo di tornare verso casa, fermandoci a Sanremo. Peccato che il primo treno che carica le bici sia alle 5 del mattino successivo. In campeggio non abbiamo voglia di andare, così decidiamo di passare fuori tutta la notte.

Dall’una di questa notte ricomincia quello che è rimasto del mio diario cartaceo, scritto sul retro della fattura di un campeggio:

14 agosto – Arles 01.00

Arles. Ebbene sì, siamo di nuovo qui, dopo l’ultima (forse) pedalata di 42 km tutti rigorosamente contro vento. Ho dimenticato il diario di viaggio sugli scalini dei Cryptoportiques e me l’hanno rubato insieme alla penna! Non è possibile, neanche avessi lasciato il portafoglio. Ora sono costretta a scrivere dietro le fatture del camping di Stes Maries de la Mer, senza contare il fatto che non ho più il resoconto dei giorni passati: che tristezza…

Or siamo qui nell’irish pub “Paddy Mullin’s” ad aspettare che arrivino le 5 del mattino per prendere il treno per Ventimiglia. Abbiamo deciso che gli ultimi giorni di vacanza li passiamo al mare, visto che la Camargue l’abbiamo già girata tutta. In realtà stamattina volevo andare ad Aix-en-Provence, ma arrivati ad Arles abbiamo scoperto che avremmo dovuto prendere il treno fino a Marsiglia e poi cambiare. Saremmo arrivati alle 23 passate, ipotesi scartata. Con le bici, prendere il treno sta diventando complicato, non se ne può prendere uno qualsiasi. Ecco perché siamo qui a passare la notte in giro, senza andare in campeggio. Questa mattina siamo partiti poco prima di mezzogiorno e dopo 20 km circa ci siamo fermati in un bar-ristorante sulla strada, dove i ragazzi sempre senza fondo si sono sparati un paninazzo (MARCO: “questa poi me la spieghi… dopo 20 km in bici controvento a tagliare l’aria a voi donne non è nemmeno legittimo spararsi un paninazzo?!?!”). Poi ci siamo fatti riempire le borracce d’acqua e nel mentre ho “simpaticamente” fregato un cucchiaino usato dal bancone! E’ che altrimenti il Nescafè dobbiamo mescolarlo sempre col coltellino…

Ad Arles dopo aver passato un’ora alla stazione per capire cosa fare con i treni, abbiamo sfruttato il biglietto ,che avevamo fatto i primi giorni della vacanza, per visitare i Cryptoportiques.  Il luogo della discordia, dove ho lasciato il diario per fare due foto con l’autoscatto. Infine, spesa con acquisto di due belle bottiglie di vino provenzale che dobbiamo ancora consumare. Quindi cenazza in Place de la République con baguettes e succo d’arancia. Dopodichè abbiamo dato spettacolo in mezzo alla piazza con acrobazie varie e balli improvvisati, nonché limbo con le camere d’aria bucate. MARCO: “Gran successo di pubblico, stizziti invece i commenti della critica…”

Verso le 22.30 scendiamo nella via principale e prendiamo un mega gelatone al bar-ristorante andaluso, dove abbiamo mangiato (tapas!!!) una delle prime sere. Quando chiudono passiamo all’irish pub di fronte che all’una e mezza ci caccia perchè chiudono.

Ora sono le 3.10 e siamo sugli scalini vicino ai giardini. Una bottiglia di vino è già andata, dobbiamo resistere ancora un paio d’ore. Domani sarà una giornata lunghissima, crolleremo dal sonno.

14 agosto –  Sanremo

Alle 5 prendiamo il treno, cotti come non mai. Crolliamo tutti in un sonno profondo appena entrati nello scompartimento. A Marsiglia dobbiamo scendere. Ne approfittiamo per far colazione con gli ultimi croissant francesi, comprati in una panetteria turca… ma poco importa. Siamo tutti distrutti. Sul treno per Ventimiglia dormiamo ancora. Poi andiamo in bici fino a Sanremo, dove troviamo un campeggio carissimo, MARCO: “però bellino eh”. La sera andiamo sul lungo mare a vedere i fuochi, ma io non riesco a vederne molti perché mi addormento perfino in piedi, devo sedermi per terra altrimenti cado. Il giorno dopo Laura vuole tornare a casa per studiare, decidiamo di tornare tutti. Ormai la magia è finita. Sanremo è una delusione, non è la Camargue, troppi turisti, troppo rumore, troppo… MARCO: “troppo B#@#!#O il gestore del “Pico”, che non ha un tavolo per noi, suoi assiduissimi clienti da quella volta che ci siamo fermati lì rientrando da Barcellona…”

E questo è tutto. Alla prossima zingarata! :o)