Dall’alto Molise a Venafro, dalla valle del Trigno alla valle del Volturno, la provincia di Isernia si estende, attraverso tutte le sue bellezze archeologiche ed artistiche, dal paleolitico all’epoca sannitica e all’età benedettina, fino alle soglie del rinascimento.

Il giacimento Paleolitico di Isernia La Pineta, nella periferia orientale di Isernia, fu scoperto durante i lavori di sbancamento per la costruzione della superstrada Napoli-Vasto nel Maggio del 1979, nelle immediate vicinanze del centro abitato di Isernia; per quantità e qualità di testimonianze ed informazioni è uno dei più prestigiosi documenti sulla vita preistorica italiana ed europea. Si può affermare che il primo accampamento europeo a noi noto, sia stato posto qui.
L’insediamento di Isernia la Pineta rappresenta un unicum per la conoscenza dell’origine del popolamento umano del continente europeo. Il ritrovamento di importanza mondiale dell’Homo Aeserniensis (l’uomo di Isernia, l’homo erectus), scoperto dal ricercatore Alberto Solinas nel 1979, in vacanza nel Molise, testimonia la conoscenza dell’uso del fuoco, del colore, della bonifica (la più antica scoperta in Italia) e di una embrionale organizzazione in società.

Isernia, circa 730.000 anni fa. Nel cuore dell’Appennino, in una verde valle con un piccolo lago, alimentato dal fiume Carpino e da grosse sorgenti responsabili dell’origine di potenti formazioni di travertino, lungo le rive, in uno scenario esotico, oltre a bisonti, elefanti ed ippopotami vivono anche gli uomini paleolitici di Isernia, cacciatori, raccoglitori di vegetali di crescita spontanea, nomadi o semi nomadi. La vegetazione era quella tipica della savana, con pochi alberi.

E’ l’homo erectus il primo che raggiunge l’Eurasia dall’Africa intorno ad un milione e mezzo di anni fa, in possesso di importanti facoltà mentali e di un elevato grado di cooperazione sociale nell’ambito del gruppo. Questi uomini non hanno ancora l’usanza di seppellire i morti, non conoscono l’agricoltura o l’allevamento, e sono organizzati in piccole bande di tipo familiare, composte probabilmente da non più di 15-20 individui.
Si tratta verosimilmente di società di tipo patriarcale, con una precisa divisione dei compiti su basi sessuali: le donne sono responsabili della raccolta dei vegetali e gli uomini dell’esercizio della caccia. Le prede preferite sono i bisonti ma gli uomini di Isernia non disdegnano certe altre faune come gli elefanti, i rinoceronti, gli orsi, i megaceri, gli ippopotami ed i cinghiali. Tutti animali di cui oggi, nel giacimento, ritroviamo ponderosi accumuli di ossa. Quelle di bisonte, dopo essere state spolpate vengono intenzionalmente fratturate per l’estrazione del nutriente midollo.

Lungo le coste del lago e del fiume abbondano lastrine di selce, provenienti dal disfacimento della formazione dei “diaspri varicolori”, fra Pesche e Carpinone, che vengono scheggiate per la fabbricazione degli strumenti. Le affilate schegge prodotte con lastrina di selce lunga una decina di centimetri sono sufficienti per macellare un intero bisonte.
La loro capacita’ cognitiva li portava a saper utilizzare le carni, le pelli e anche le ossa degli animali uccisi.
Non si può stabilire con certezza per quanto tempo questi cacciatori si siano fermati nella località “La Pineta”, quanti fossero e che tipo di attività abbiano praticato.

Manufatti litici ed ossa di prede cacciate si estendono su superfici particolarmente estese di diverse decine di migliaia di metri quadrati. Che potesse trattarsi di gruppi assai numerosi è altamente improbabile, così come è improbabile che si siano fermati per periodi prolungati o addirittura permanentemente nello stesso sito.
La spiegazione che oggi sembra più ragionevole è che siano ritornati ciclicamente, dopo le piene del fiume Cavaliere, per i vantaggi di approvvigionamento delle materie prime e acqua e, forse, per particolari aspetti delle strategie venatorie.
Una prova evidente che sono tornati in più circostanze sullo stesso sito la troviamo senz’altro nella distribuzione verticale delle testimonianze: le fasi del popolamento paleolitico dell’area sono documentate da una successione stratigrafica di almeno quattro orizzonti antropici.

I paleolitici si insediano una prima volta sulla grossa bancata di travertino, abbandonando numerosissimi manufatti ricavati da selce, da calcare ed i resti osteologici delle prede. Un’esondazione del fiume ricopre queste prime testimonianze con una spessa coltre di limo di origine lacustre. Al di sopra del limo, i preistorici tornano presto ad insediarsi, lasciando altre tracce del loro passaggio. Questa volta è una colata di fango vulcanico a ricoprire tutto, sigillando i preziosi reperti e preservandoli dalla distruzione. I cristalli di sanidino e di biotite presenti in questi sedimenti di origine vulcanica possono essere datati col metodo Potassio/Argon, indicando un’età di 736.000 anni +/- 40.000.
I preistorici tornano una terza volta nell’area, insediandosi al di sopra dei sedimenti vulcanici, abbandonando numerosi manufatti litici, ricavati da selce e da calcare e da alcuni resti osteologici di dimensioni per lo più ridotte. Ancora una volta le testimonianze vengono sigillate dall’accumulo di nuovi sedimenti di origine fluviale.

Una quarta fase del popolamento della zona è documentata nell’area più meridionale del giacimento e si presenta caratterizzata da una fortissima concentrazione di manufatti, ricavati esclusivamente da selce e da scarsi resti di ossa di piccole dimensioni. Quest’ultimo gruppo di testimonianze si è rilavato di un interesse particolare, sia per la probabile presenza di tracce dell’uso del fuoco (le più antiche finora documentate al mondo), sia per l’eccezionale affidabilità delle condizioni di giacitura dei reperti, che non sembrano aver subito nessun fenomeno di disturbo “postdeposizionale”: sono di aspetto freschissimo, fortemente concentrati in un’area delimitata e rimontano spesso fra di loro.

Un’altra importante scoperta e’ il ritrovamento su di una pietra di tracce di ocra; cio’ fa presupporre che l’uomo avesse dimestichezza nelle attivita’ artistiche.

Il Museo Paleolitico di Isernia (in fase di completamento) si trova presso il giacimento La Pineta: è un laboratorio in un padiglione di oltre 600 mq, nel quale i visitatori possono assistere ai lavori e dove i reperti provenienti dallo scavo possono essere restaurati, studiati ed esposti al pubblico direttamente sul posto. Momentaneamente i reperti provenienti dall’accampamento sono esposti nella sede di Santa Maria delle Monache (Tel. 0865 410500 – 0874 429824 – 0865 441471).
Il sito La Pineta, di importanza mondiale, risulta ad oggi chiuso al pubblico. Ci auguriamo che questa situazione possa presto cambiare e si restituisca alla collettività un bene tanto prezioso.

Prima di ripartire, fate un viaggio temporale e visitate la la cattedrale neoclassica settecentesca, ricostruita nel 1837 dopo il terremoto del 1805.
Particolare l’Eremo dei SS. Cosma e Damiano è stato costruito sui ruderi di un tempio pagano molto antico; Si ritiene che qui si praticassero riti pagani per la fertilità. Fino a qualche secolo fa, facevano bella mostra o addirittura venivano portati in processione molti simboli fallici, forma ripresa anche nella sua lanterna, di forma molto allungata, posta al di sopra del torrione.
Non ripartite senza aver visto la fontana Fraterna edificata nel Trecento, fra le più belle d’Italia, con sei getti d’acqua, dalle inusuali forme di un loggiato. Per la sua realizzazione vennero impiegati, tra l’altro, frammenti in pietra di recupero, risalenti al periodo romano, alcuni dei quali probabilmente appartenuti al monumento sepolcrale di Ponzio Pilato.

Immancabile un assaggio dei prodotti tipici, tanti, buonissimi e genuini. Per citarne alcuni, i formaggi: il burrino, il cacio-ricotta, il Pecorino del Matese e quello di Capracotta, la Stracciata, il Caciocavallo di Agnone. E poi paste, carni, sottoli e sottaceti, pasticceria. Le ricette tradizionali sono moltissime: degustatele nei ristoranti locali.

Tre curiosità: il 13 giugno, in occasione della festività di Sant’Antonio, l’etnia ‘Rom’ tiene una sfilata di cavalli bardati. Ogni ultimo giorno dell’anno si rinnova la tradizione delle “Maitunate”: gruppi di persone vanno di casa in casa cantando filastrocche di buon augurio per il nuovo anno. Isernia, inoltre, è molto rinomata per i suoi tradizionali pizzi e merletti lavorati al tombolo.

Per maggiori informazioni: www.iserniaturismo.it; http://xoomer.virgilio.it/davmonac/homo