Mappa delle Hawaii
Kona - Big Island
La caldera del Kilauea - Big Island
Il gran canyon di Kauai
Waikiki Honolulu
Hanauma Bay - Ohau
Cascate lungo la Hana Hwy - Maui
La vetta del vulcano Haleakala - Maui
A-Beach a Big Island
Tartaruga marina
Le foreste vergini di Big Island

Si tratta di isole vulcaniche dalla genesi morfologica affascinante, tanto più che perdura tuttora…

In questo tratto dell’Oceano Pacifico si trova infatti una caldaia vulcanica attiva da milioni di anni che con il proprio materiale eruttivo alimentò la formazione di un’isola. Ma siccome la zolla tettonica oceanica che sta sopra questa caldaia si sposta verso occidente, a un certo punto quell’isola non si trovò più sopra la bocca vulcanica, che allora prese a generare una seconda isola. E così via, creandone di sempre nuove mano a mano che la zolla slittava verso l’Asia. L’ultima in ordine di tempo è l’attuale isola Hawaii propriamente detta (anche chiamata Big Island), ma la caldaia è sempre attiva e continua ad alimentarne con le proprie eruzioni magmatiche l’estensione di terra emersa. Fra qualche centomila anni, Hawaii si troverà a sua volta spostata più ad ovest ed al suo posto affiorerà un’ulteriore nuova isola. La seconda caratteristica naturale di queste isole è che si estendono attorno ad un’alta montagna o raggruppamento montuoso : il più o meno antico cono vulcanico attorno al quale sono sorte. E questa montagna sbarra il passo alle fredde correnti settentrionali, così che queste si stemperano nell’aria calda di queste latitudini originando piogge tropicali che a loro volta generano ricchissime foreste pluviali nelle zone settentrionali delle Hawai, mentre le zone meridionali sono secche ed aride e basta percorrere poche miglia circumnavigando un’isola anche piccola per trovarsi in due scenari ambientali completamente opposti fra di loro. Così come basta inerpicarsi sui più recenti di questi vulcani per scoprire paesaggi assolutamente lunari e flagellati da impetuosi gelidi venti la cui asprezza ti appare persino inconciliabile con le calde spiaggette ornate di palme che hai appena lasciato giù in basso.

Eppure gran parte di questa rigogliosa asprezza naturale è stata in qualche modo addomesticata dall’uomo affinchè essa potesse risultargli turisticamente fruibile. Le Hawaii rappresentano la via americana (quella a stelle e strisce) all’ecologia, ovvero ad un ambiente che sia ugualmente salvaguardato nelle sue caratteristiche peculiari quanto però accogliente per l’uomo. Così il bosco rigoglioso va bene, ma quando viene trasformato in un parco dove tutte le piante abbiano un bel cartellino didattico col loro nome e le loro caratteristiche e non ci siano troppe sterpaglie che possano deturparlo e fra le quali un bambino possa anche farsi male e se in fondo alla boscosa valle c’è una cascata, lì ci si devono poter recare anche l’anziano e l’handicappato per cui ci sarà sempre un trenino elettrico o un sentiero preferenziale apposta per loro. Se ormai i veri indigeni alle Hawaii non esistono quasi più, tutti i luoghi geografici di queste isole hanno però il loro toponimo politicamente corretto in lingua rigorosamente indigena e qua e là si ricostruiscono abitazioni e tradizioni culturali e antichi mestieri hawaiani inseriti in un appropriato contesto naturalistico.

Alle Hawaii le spiagge non sono semplicemente delle “beach”, ma dei “beach park” : accesso spesso proibito dopo il tramonto perchè potrebbero spiaggiare le tartarughe, vietato introdurvi birra e bottiglie di vetro, proibito disturbare i suoni della natura con radio e mangianastri, toilette immacolate a ridosso di ognuna di esse perchè non vi scappi di fare altrove i vostri bisogni e naturalmente immancabile e aitante bagnino di salvataggio in costume rosso come nei telefilm. Nessuno qui si sogna di interferire con l’eruzione lavica del vulcano Mauna Loa, in corso a più riprese ormai fin dal 1969 : se la natura selvaggia fa il suo corso e seppellisce strade e villaggi, come accaduto nel ’74 e nel ’92, gli esseri umani si trasferiscono altrove e si godono l’eruzione a bordo degli elicotteri per turisti o vanno a farsi una bella fotografia il più vicino possibile alle fumarole, che c’è sicuramente una bella strada americana che ce li porta, dal momento che nel più rigoroso rispetto della natura non può però esserci alcun luogo che la natura possa interdire al turista bramoso di goderne. Anche se poi in realtà la grande maggioranza dei turisti che affollano le Hawaii non ci viene tanto perchè attirata dalle sue straordinarie bellezze naturali, bensì piuttosto dalle sue spettacolari onde di mare (i surfisti a stelle e strisce) e dai centri commerciali di Honolulu (ci sono più turisti giapponesi a farci shopping che turisti in genere in tutto il resto dell’arcipelago).

Noi siamo andati alle Hawaii per tre settimane nell’ottobre del 1998, con formula rigorosamente “fai da te”. Da Bologna ad Honolulu, via Amsterdam e Los Angeles, sono 24 ore di viaggio, ma all’andata se ne guadagnano 12 di fuso orario, trattandosi veramente degli antipodi rispetto all’Italia. Alloggiamo al Waikiki Sand Villa, un albergone senza infamia nè lode che abbiamo prenotato per fax e che si trova in buona posizione fra la spiaggia e il campo da golf di Waikiki-Honolulu. Presso l’ufficio viaggi & escursioni dell’albergo facciamo un po’ di considerazioni e scopriamo che è possibile risparmiare parecchi soldi acquistando un pacchetto individuale di voli+albergo+auto per girarci anche le altre isole principali, così decidiamo di sacrificare un po’ della nostra autonomia per ritagliarci un nostro pacchetto quanto più possibile “su misura” : una scelta della quale poi non ci pentiremo e si rivelerà assai comoda. Acquistiamo anche un’escursione tutto compreso di un giorno all’isola di Kauai, la più occidentale e selvaggia e meno frequentata dal turismo. Oahu, l’isola dove si trova Honolulu e anche Pearl Harbor, è una delle isole morfologicamente più vecchie dell’arcipelago ed è quella dove le variazioni climatiche fra parte settentrionale e parte meridionale sono meno accentuate, avendo al centro un corridoio pianeggiante sull’asse nordovest-sudest e montagne piuttosto basse e “consumate” dal tempo. In questo periodo ad Honolulu piove praticamente tutti i pomeriggi, ma si tratta di acquazzoni brevi dopo i quali torna a splendere il sole, i vestiti bagnati ti si asciugano addosso e si originano meravigliosi arcobaleni: non per niente l’emblema dello Stato delle Hawaii è proprio l’arcobaleno !

Nella sua modernità stile Manhattan, Honolulu ha certamente un suo fascino ed abbaccinanti sono i suoi centri commerciali ove si trova in vendita tutto ciò che è lusso sfrenato a prezzi accessibili solo ad un essere umano ogni dieci milioni. L’unica cosa che costa relativamente poco è il mangiare, a patto che vi serviate dei self-service a buffet che piacciono tanto agli americani : tu paghi un prezzo fisso sui 10 dollari e poi mangi e bevi (alcoolici e birra esclusi) tutto quello che vuoi. La qualità delle pietanze è decisamente scarsa, ma questo agli americani non importa nulla quando ci si può sopperire con la quantità e vi sembrerà incredibile la montagna di roba che riescono a mangiarsi (infatti poi sono spaventosamente grassi : uomini, donne e bambini). Per mangiare un po’ meglio si può andare in un ristorante “tex-mex“, il più diffuso in tutte le Hawaii, dove il conto può andare dai 15 ai 20 dollari. Mentre una classica bistecca di manzo alla brace può costare da sola 35 dollari e non parliamo poi dei prezzi dei ristoranti con cucina internazionale. I ristoranti sono comunque frequentati solo per cena, perchè a pranzo si viaggia a sandwich, hot dog ed hamburger. Coca-Cola a fiumi. Per quanto riguarda invece la vita notturna, le Hawaii in genere non ammiccano affatto ai nottambuli e nella stessa Honolulu i ristoranti chiudono verso le nove di sera e di locali o ritrovi dove poter tirare tardi in compagnia ce ne sono pochissimi. E in ogni isola, l’unico modo di potersene andare un po’ in giro in libertà è quello di noleggiare un’automobile.

Che fare ad Ohau-Honolulu ? Salire al Diamond Head, l’antico vulcano alle spalle della spiaggia di Waikiki dal quale si gode uno splendido panorama sulla baia di Honolulu. Andare alla Waimea Valley, dove non rattristatevi troppo se anche vi perdete lo spettacolo del tuffatore dalla cascata : meglio quello di danze “hula”. Nuotare nella Hanauma Bay, l’unico posto di Ohau dove valga il piacere di farlo con maschera e boccaglio, se non altro per scoprire che i pesci hawaiani sono grossi e grassi quanto gli esseri umani di qui. Prendere il sole a Waimanalo, alla Sandy Beach e a Kailua e assistere alle evoluzioni dei surfisti o dei body-surfer (a seconda del periodo dell’anno e di quanto sono alte le onde) dalle spiagge di Waikiki e di Waimea. Farsi la Pali Hwy ammirandone il paesaggio e gli scorci panoramici e prendersi un tour di Honolulu a bordo del Waikiki Trolley, fermandosi ogni tanto qua e là, compreso il piccolo e grazioso acquario. Trascorrere una mezza giornata al Sea Life Park, dove nel prezzo del biglietto sono già compresi tutti gli spettacoli e quello coi delfini è molto simpatico e potete anche fotografare dei felicissimi giapponesi mentre si fotografano fra di loro.

Forse anche andare al Pearl Harbor Memorial Museum, ma a noi non interessava proprio (lo sapete che negli USA le targhe automobilistiche possono essere personalizzate dai VIP e da certe speciali categorie di persone ? Beh, una di queste che potete trovare alle Hawaii è quella dei “Pearl Harbor Survivor”). Nell’isola di Kauai ci siamo andati con un’escursione giornaliera organizzata. Si tratta di un’isola dall’ambiente naturale da un lato ancora fra i più selvaggi ed incontaminati, dall’altro costellato di campi da golf dal “green” impeccabile e frequentati esclusivamente dalla crema del golfismo americano e mondiale. Molto suggestivo il Waimea Canyon e ancora evidenti i segni del tifone che nel 1992 devastò l’intera isola (l’anno delle “Colombiadi” fu micidiale per le Hawaii : un violentissimo tifone su Kauai, una bella fetta di Big Island sotto la lava e uno “tsunami” da maremoto di modeste proporzioni ma che portò all’evacuazione precauzionale di diversi villaggi costieri). Da Ohau ci spostiamo poi in aero nell’isola di Maui, simile ad un “otto” sbilenco formatosi attorno a due grandi coni vulcanici, dei quali il sud-orientale Haleakala svetta fino all’impressionante vetta di tremila metri.

Qui alloggiamo nella cittadina di Lahania, sulla costa nord-occidentale : un paesone in stile “old west” americano, con le case interamente di legno di cui parecchie risalenti alla fine dell’ottocento. Anche il nostro albergo (Maui Islander, dove il personale non è che brilli per cortesia e disponibilità) è costruito in legno, così come un po’ tutti i villaggi e i casolari delle Hawaii, tranne Honolulu ed i grandi Hotel-Resort sparsi qua e là come piccoli mondi a parte e dove dormire una notte costa di regola non meno di duecento dollari (se vi accontentate di una stanza senza vista sul mare). E come ad Ohau, anche a Maui regna ovunque una pulizia persino impressionante (in qualunque posto andiate, un cartello vi ricorda che per chi sporca l’ambiente ci sono multe da 500 a 1.000 dollari). Le due principali attrazioni di Lahania sono l’enorme “banyan tree” della piazza, ovvero la pianta di “ficus” più grande di tutti gli Stati Uniti, e il veliero ottocentesco alla fonda nel porto, che però è solo una fedelissima ricostruzione di quello che qui vi affondò, mentre la cosa più piacevole che potete fare è andare a passeggio per il suo lungomare appunto “old west”. Un suggerimento per la cena può essere la Aloha Cantina. Fra le cose da vedere a Maui, lo spettacolo offerto dall’enorme cratere sommitale dello Haleakala è da togliere il fiato per la selvaggia ed aspra bellezza che vi riempie gli occhi. Lo si potrebbe certo definire un paesaggio lunare, solo che sulla Luna non ci sono i colori e qui invece sì : dal nero lava al rosso ossido al giallo zolfo al verde rame, tutti i colori che la terra può offrire. Ma copritevi bene, perchè qui a tremila metri tira un vento gelato che vi stacca le orecchie.

La seconda “adventure” reclamizzata dai depliant del posto è percorrere la Hana Hwy, ovvero la strada che segue la ripida costa settentrionale lungo le basse pendici dello Haleakala. In realtà, si tratta di una strada la cui “avventurosità” è tal quale una qualsiasi dei nostri Appennini, ma per gli americani qualsiasi strada con meno di quattro corsie è degna di una maglietta da “survivors” ! L’ambiente che attraversa è comunque bellissimo e si compone di rigogliosa foresta pluviale, cascate e cascatelle, sgargianti fiori tropicali, spiagge di roccia lavica scolpita dal mare e dal vento nelle forme più suggestive e altre di finissima sabbia nera presso le quali fare il bagno. L’unico vero problema è che questo è il versante piovoso dell’isola e quindi molto spesso appunto piove ! Le spiagge si trovano quasi tutte sul versante occidentale di Maui, specialmente nella zona meridionale di Makena, dove però è tutto un pullulare di grandi villaggi turistici. Bella la Big Beach per prenderci il sole, mentre a Kinau si trova una caletta rocciosa ideale per lo snorkeling. Fra le spiagge settentrionali, la migliore è la Kapalua e per lo snorkeling si può provare a quella che noi abbiamo chiamato “spiaggia del 14° miglio”, una delle pochissime che non sia un Beach Park con tanto di nome e che si trova proprio in corrispondenza di questo cartello miliare della strada costiera a sud di Lahaina.

Noi comunque la nostra vera avventura l’abbiamo avuta quando l’isola è stata letteralmente tagliata in due da un furioso incendio che ci rendeva tra l’altro impossibile tornare al nostro albergo. Poi, quando ormai ci eravamo rassegnati a dormire in macchina in una qualche piazzola (anche perchè in tasca avevamo solo pochi spiccioli), verso le dieci di sera la polizia ha deciso di aprire a senso unico da sud verso nord la strada di Kahakuloa e quella sì che è una “adventure” da percorrere ! I noleggiatori di auto la proibiscono per contratto e l’assicurazione decade automaticamente per qualsiasi cosa vi accada su quella strada e il motivo è presto detto : si tratta di uno strettissimo nastro d’asfalto per che per 20 km corre tutto curve e quasi tutto senza parapetti a strapiombo sul mare lungo il fianco roccioso della montagna ! Roba che se appena soffri di vertigini vai giù a piombo con la macchina ed il mare si porta poi via tutto. E per percorrerne con l’agevolazione del senso unico i 50 km complessivi che ci separavano da Lahaina ci abbiamo alla fine impiegato quasi due ore. Da Maui siamo poi volati ad Hawaii (o Big Island), l’isola che ha dato il nome a tutto l’arcipelago perchè alla fine del ‘700 il suo re Kameamea il Grande ne conquistò tutte le altre isole, con una serie di guerre che fecero decine di migliaia di morti e per edificare un regno che sarebbe durato appena poco più di un secolo prima di finire nelle mani degli avventurieri bianchi e degli affaristi yankee che lo avrebbero fatto diventare il 50° stato degli USA. L’albergo in cui alloggiamo è giusto il King Kameamea e si trova sulla Kona Beach, proprio dove due secoli fa sorgeva il palazzo di questo re e di cui sulla spiaggetta antistante restano ancora solo l’altare sacrificale “heiau” (parzialmente rifatto e integrato di totem destinati a ridargli una certa aura “politicamente corretta” di sacralità) e alcuni ruderi del muro di cinta. E a proposito di “heiau”, in giro per le Hawaii se ne conservano ancora diversi e nessuno sa più dire esattamente che tipo di riti vi si officiassero non certo chissà quando, ma solo fino a cent’anni fa. Però, dopo che i bianchi hanno in solo mezzo secolo sterminato con le malattie, le armi, lo sfruttamento e l’alcoolismo la popolazione indigena fino a ridurla all’uno per cento della attuale popolazione hawaiana ed i missionari hanno reso perfettamente cristiana la popolazione meticcia facendole perdere ogni memoria pagana, adesso davanti ad ogni “heiau” c’è un bel cartello che ti ricorda che quello è un luogo sacro al quale portare rispetto.

Hawaii è un’isola ancora in costruzione, dal momento che il vulcano Mauna Loa è ancora in piena attività e provvede sistematicamente ad estenderne la superficie con le sue immani eruzioni di nuova lava. Si tratta tuttavia di un fenomeno vulcanico certo colossale e inarrestabile, ma col quale è possibile convivere senza troppi problemi, in quanto le attività eruttive non sono di tipo esplosivo (come quella con la quale il Vesuvio seppellì Ercolano e Pompei, per intenderci), ma analoghe a quelle dell’Etna (anche se la quantità di magma che fuoriesce dal Mauna Loa è enormemente maggiore). Certo, ogni tanto ci si sbaglia a fare di conto e così nel 1992 andò sotto la lava un intero paese e dopo due tentativi si è anche rinunciato a completare la strada costiera orientale, visto che tanto poi il vulcano la riseppelisce. Però ogni cosa ha i suoi vantaggi nel mondo a stelle e strisce e così i turisti possono andare a frotte ad ammirare i resti delle case inglobate nella lava solidificata, a fotografarsi sulla strada che termina inghiottita dal magma cristallizzato e a godersi dall’elicottero il fiume incandescente che dall’attuale bocca vulcanica a bassa quota scende fino al mare facendolo ribollire in altissime volute di fumo. Ma anche laddove l’attività eruttiva è roba del passato, si tratta di un passato geologicamente molto recente che non manca di ammantare ancora gran parte di questa isola di scenografie fra le più suggestive. L’escursione al Volcano National Park e alla caldera del vulcano Kilauea riporta nuovamente a suggestioni lunari d’alta quota, ma che dire della strada statale che poco a nord di Kona attraversa per quasi venti miglia un’ininterrotta distesa di lucida lava nerissima che dopo un po’ vi fa dimenticare di essere ancora sulla terra ? E del fascino della spiaggia di Kona Coast : un lembo di sabbia bianchissima adorno di quattro palme e tutt’attorno al quale campeggia il nero della roccia lavica e salvatosi solo perchè e per chissà quale motivo a questo punto la colata della lava si biforcò nella sua corsa verso il mare. Fra le spiagge rinomate e degne di nota, segnaliamo poi anche la Anaehoomalu (che per brevità viene chiamata A-Beach), la Mauna Kea, la Hapuna, tutte sulla costa occidentale, mentre quella orientale è ripida e rocciosa e flagellata dalla pioggia (la città di Hilo, che vi si trova, sembra sia la città più piovosa degli Stati Uniti). Ma anche qui dalla pioggia nasce una straordinaria vegetazione tropicale, con foglie di felci grandi come il tetto di una casa e suggestive cascate sparse qua e là e quindi non si può davvero omettere di fare l’intero periplo dell’isola alla scoperta di tutte le sue diversissime meraviglie. E siccome la Big Island è davvero grande, mettete pure in conto un pernottamento lungo la strada : magari nel piovoso villaggio di Pahona, dove adiacente al più antico teatro moderno delle Hawaii troverete un alberghetto economico, il Village Inn, che dell’epoca vittoriana ha davvero tutto, e potrete mangiare da Paolo, un toscano capitato fin qui per impiantarci un ristorantino alla buona che tutti in paese sapranno indicarvi. Per finire, possiamo anche dirvi che a Big Island e proprio l’ultimo giorno abbiamo nuotato solitari in mezzo alle tartarughe marine, ma è stato un colpo di fortuna avvenuto per caso, in un “catino” di mare che non riveleremo pubblicamente perchè questi splendidi animali già tanto a rischio non ne avrebbero alcun vantaggio. A noi piace l’idea di essere stati un po’ prescelti per questo incontro e così lo auguriamo anche a voi : buona fortuna!