«What’s your road, man? – holyboy road, madman road, rainbow road, guppy road, any road. It’s an anywhere road for anybody anyhow.»

«Qual è la tua strada, amico? …la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell’arcobaleno, la strada dell’imbecille, qualsiasi strada. È una strada in tutte le direzioni per tutti gli uomini in tutti i modi.»

L’arte di vivere appieno ogni strada è il cuore del celebre libro di Jack Kerouac, On the Road (Sulla strada), icona della beat generation e pubblicato la prima volta nel 1957 (Trovate anche l’edizione per I Meridiani di Mondadori).
Ed è “On the road”, che si percorre la mitica Route 66, “La strada” americana per eccellenza, dei western americani, quella che segna l’attraversamento da est a ovest del territorio americano, la “Strada Madre” come la definì John Steinbeck nel libro The Grapes of Wrath (tradotto in italiano, Furore).

A tal proposito, una breve parentesi la dedichiamo a Fernanda Pivano, che ha permesso e permetterà a molte generazioni di leggere il grande romanzo di Kerouac, con la sua prefazione: a lei dobbiamo la prima traduzione italiana di questo caposaldo della letteratura. Per conoscerla, attraverso uno spaccato dell’America che fu, vi invitiamo alla visione di un bellissimo documentario dal titolo A farewell to beat: racconta il viaggio di Fernanda Pivano che torna in America, nei luoghi a lei cari, per ritrovare gli amici di una vita. Molti non ci sono più, come Ginsberg, Kerouac e come Ernest Hemingway, di cui la Pivano visita la tomba per la prima volta. Qualcuno ha resistito, come Lawrence Ferlinghetti, qualcuno si è aggiunto come Jay Mclnerney, Barry Gifford, Bret Easton Ellis, scrittori delle nuove generazioni per cui Fernanda è diventata un mito. È un viaggio melanconico e intenso: le memorie di una donna sopravvissuta ai suoi eroi e ai suoi ideali si rianimano al contatto con il paesaggio americano. Nel passo, negli occhi, nella voce di Fernanda si ritrova la forza di una fede mai spenta nella letteratura e nella poesia.
Se vi abbiamo incuriosito e siete interessati anche ad altri libri di Fernanda Pirovano, leggetene alcuni, sono pagine imperdibili.
Cliccando qui invece entrerete nel suo blog.

Ma torniamo Sulla strada. La Route 66 fu aperta l’11 novembre 1926: collegava Chicago alla spiaggia di Santa Monica, da una parte all’altra dell’America, attraverso Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e California.
La distanza complessiva era di 3.755 km (2.347 miglia).

Come tutte le altre highways, anche la 66 aveva il fondo in terra battuta e divenne la prima interamente asfaltata, nel 1938. Era la strada della migrazione verso l’Ovest, verso l’Eldorado, la California, le spiagge e il cinema di Hollywood; diede vita all’economia delle comunità, che crescevano in popolarità, attraverso le quali passava; era la strada delle piccole imprese familiari (mom-and-pop) dei piccoli paesi, come le celebri stazioni di servizio, i ristoranti e i riparatori d’auto.

Durante i suoi quasi 60 anni di vita, la Route 66 fu in costante mutamento, con mille deviazioni e ripensamenti. Dal secondo dopoguerra, la Strada fu usata dalle famiglie americane anche per andare in vacanza. Ed è il momento della nascita di tutte quelle icone che caratterizzano il percorso, anche di rinascita, americano: i motel dalle tipiche architetture, come quello a forma di tepee (la tenda indiana), i cabin camps e i cottage courts, tutti a conduzione familiare; negozi dalle forme, luci al neon e colori più stravaganti, souvenir dei nativi e memorabilia varie, oggettistica legata all’automobile; fattorie specializzate nell’allevamento di rettili (attenzione: qui i serpenti e gli scorpioni sono molti, pericolosi ed esistono davvero!). Dalle parti di Winslow, a Joseph City in Arizona, The Jack Rabbit Trading Post era ed è una di queste icone: si tratta di un negozio di chincaglierie varie, col il suo cartello “Here It Is” e il grande coniglio, per attirare le famiglie con bambini (www.jackrabbit-tradingpost.com).

E poi l’esplosione dell’industria del fastfood, delle cameriere, con il Red Giant Hamburg a Springfield (Missouri), primo drive-in, dove è possibile mangiare senza scendere dall’auto, ed il primo McDonald’s a San Bernardino: cibo che ancora oggi è la certezza americana per antonomasia.

La US Route 66 fu ufficialmente rimossa dal sistema delle highway nel 1985, quando assieme alle altre fu sostituita dallo Interstate Highway System, che pose tristemente fine a tutto questo, momento ben raccontato nel film di animazione del film Disney Pixar, Cars.

Non venne sostituita con un’unica autostrada: la I-55 ricalca il tratto fra Chicago e San Louis; la I-44 fino a Oklahoma City; la I-40 ne ha preso il tratto più caratteristico e lungo prendendo il posto della 66 fino a Barstow (California); la I-15 porta fino a San Bernardino ed infine la I-10 porta i viaggiatori attraverso l’area metropolitana di Los Angeles fino a Santa Monica.

Alcuni stati hanno tenuto la designazione 66 per parte della highway come strada dello stato, ma spesso si tratta di nuove strade o comunque stravolgimenti di quella che fu la vera Route 66.
La vecchia strada oggi esiste con il nome di “Historic Route 66“, ma difficilmente la trovate sulle mappe automobilistiche.

La strada passava anche attraverso il Painted Desert (Deserto dipinto) in Arizona e nei pressi del Grand Canyon: ed è da qui che vi consigliamo di uscire dalla Interstate 40 e percorrere più lentamente, assaporando ogni miglio del tratto più lungo che oggi rimane della originale Route 66.

Controllate di avere il pieno, di avere una scorta di acqua in macchina, buone condizioni delle gomme e un buon condizionatore nei mesi estivi, il cellulare con batterie cariche per eventuali emergenze, una valigia spaziosa per i souvenir, una carta di credito che per un americano è sempre sinonimo di garanzia, contanti per pagare nei posti più piccoli; non superate mai i limiti di velocità, ma se siete arrivati qui, già lo sapete. Ma soprattutto assicuratevi di avere una buona fotocamera, batterie cariche e memory cards in quantità e se volete, una buona videocamera!

Giunti a Williams, in Arizona, accendete una radio locale e prendete il bivio verso nord per la Historical Route 66, come abbiamo fatto noi, attraversando anche la Hualapai Indian Reservation, almeno sino a Kingman!

Il tratto più bello ed emozionante sicuramente è quello che attraversa Seligman, Peach Springs, Truxton, Valentine, Hackberry, Kingman, Oatman, Topock, Needles, Essex, Chambless, Amboy, Bagdad, Ludlow, Newberry Springs, Daggett, Barstow, Lenwood, Hodge, Helendale, Oro Grande, Victorville e che conduce fino a San Bernardino.

Molte di queste sono ghost towns, città fantasma, nulla poco più di ruderi e motel abbandonati. Ma vale la pena di attraversarli tutti, e viverli. Ad attendervi cartelli, negozi, auto d’epoca, i ferri vecchi arrugginiti (qui chiamati Lemon), tutto è degno almeno di una fotografia.

A Williams una escursione è d’obbligo nel mitico “The 66 Place“, il primo store & cafè di quel che resta della Route 66 con il Twisters Soda Fountain, al numero 417 East Route 66, un fast food assolutamente da visitare (www.route66place.com), dove vi attendete che esca Fonzie di Happy Days da un momento all’altro.

Poi si prosegue con un susseguirsi di distributori dismessi, dei quali potrete apprezzarne tutta l’evoluzione del design, sin dai più antichi; motel ormai deserti, cartelli stile pop-art, fino alla immensa striscia di asfalto completamente dritta, in mezzo al niente della strada. Una immagine e una emozione indimenticabili.

Lungo la strada ci si imbatte anche in una stazione di servizio – quasi in servizio – e un motel dismesso, scenografia di sosta per una visita alle Grand Canyon Caverns (www.gccaverns.com).

Si continua per miglia e miglia di strada a perdita d’occhio, tutta infinitamente diritta, fino a Peach Springs, una delle cittadine ormai semi fantasma, ma un tempo popolate e che ti immagini piene di insegne e luci accese, proprio come nel movie “Cars: Motori ruggenti”… è davvero un gran dispiacere vedere come “La” prima strada in grado di costruire un paese tanto grande, come l’America, sia oggi oggetto di abbandono, sigh!
Allora il bello non era arrivare, il bello era viaggiare” commenta il personaggio Sally nel film di animazione…

A Seligman consigliamo di fermarvi a pranzare allo “Road Kill cafè”, il cui motto è “You Kill It, We Grill It…“. Un negozio assolutamente da visitare è il barbiere Angel, un posto incredibile; da non perdere anche l’Aztec Motel, il famoso Snow Cap Café e il Copper Cart.

Per gli acquisti nostalgici fermatevi invece al General Store di Hackberry, probabilmente il più maniacale museo privato che esista della Route 66: un crogiuolo di targhe, magliette, insegne storiche, auto, distributori, gadget e chi più ne ha più ne metta! Ha davvero di tutto degli ultimi 50 anni di vita della Route 66 (www.hackberryroute66station.com); il proprietario, Robert Waldmire, è una persona con cui vale la pena fermarsi a fare due chiacchere, se ne avrà voglia, avrà molto da raccontare!

Usciti dalla tratta storica della strada, dirigetevi verso Needles, utilizzando la Interstate 40 West; giunti a Kingman imboccate nuovamente la mitica strada. A Kingman è possibile visitare il Mojave Museum che racconta la storia della regione e della tribù Hualapai. Foto di Clark Gable e Carole Lombard testimoniano le loro nozze proprio qui.

La strada si presenta diversa da quella percorsa in precedenza: qui porta tutti i segni del tempo, talvolta viene da chiedersi se sia mai stata fatta manutenzione negli ultimi decenni… si attraversano sporadici piazzali con attività ormai chiuse e abbandonate, segno indelebile di una storia che fu. In queste miglia della Route 66, davvero molto lunga, le curve sono tantissime e sembrano non finire mai, tra lo scollinare di piccole montagne e lo scendere fino al Powell Lake, dove è possibile risalire e imbattersi nell’ultima goccia di testimonianza di una strada leggendaria: Oatman.

Passando in questo paesino, completamente western, pare ancora di udire i colpi di qualche scontro tra cowboys da mezzogiorno di fuoco… una ventina di saloons e molti hotel caratterizzano la Main Street, con i burros vaganti, gli asini nani, ed evocano un Eldorado sognato nelle vicine miniere d’oro, che avevano reso un tempo ricca la città.

L’Oatman Hotel è diventato famoso in quanto vi trascorsero la prima notte di nozze Clarke Gable e Carol Lombard; la loro camera, la numero 15, è come la lasciarono. Le notti di Oatman sono stellate e la luna piena indimenticabile.

Molte curve su una quasi sterrata Route 66 riportano sulla la Interstate 40, e in pochi minuti minuti ci si trova nel downtown di Needles: è una città californiana al confine con l’Arizona che si affaccia sul Colorado. La sosta, che sia per colazione e pancakes, pranzo o cena, è d’obbligo al Wagon Wheel Restaurant.

E poi ancora centinaia di miglia tra soste per fotografare tutti i distributori, motel, bar, locali e localini, in particolare ad Amboy, dove è possibile ammirare il mitico Roy’s Motel and Cafe (www.rt66roys.com) e un cratere vulcanico di notevole interesse.

Su questo tratto della Route 66 è d’obbligo fermarsi anche per un altro motivo: per miglia e miglia, una moltitudine di viaggiatori hanno lasciato la loro firma composta con le pietre, lungo i dossi di terra inclinata che delimitano la strada… fate attenzione ai pericolosi serpenti, nel raccogliere le pietre che userete.
Procedendo la Strada ormai spesso si confonde con la Interstate 40 e in alcuni tratti, non esiste più.

Barstow è l’ultimo baluardo della Route 66; gli edifici lungo i suoi lati sono ancora vivi, costellati di locali da ballo, ristoranti, negozi. Tra i Motel da vedere senz’altro “El Rancho Motel“, uno dei più antichi costruiti sulla Route 66.

Percorrere la Route 66 è un continuo déjà vu e una continua scoperta insieme, una sensazione di già vissuto e di libertà insieme: è stata immortalata così tante volte nella letteratura, nella musica e nei film americani che tutti ne hanno conosciuto almeno una parte, un ricordo, un fotogramma.

In tanti devono molto alla Route 66: le aziende del mondo dei motori in primis, dalla General Motors con il Cadillac Ranch, vicino ad Amarillo (Texas), noto per avere 10 Cadillac d’epoca, variopinte e dipinte da chiunque passi da quelle parti, infilate in senso diagonale nel terreno con il muso sotto terra; la Corvette Chevrolet, l’auto che chiunque immagina pensando alla storica Route 66 (ma anche la meno adatta a percorrerla oggi, soprattutto nei mesi estivi e invernali!)…

La benzina Phillips 66 che ha preso parte del nome direttamente dalla strada: alla fine degli anni ’20 due ingegneri chimici scelsero il tratto che attraversa l’Oklahoma per testare le qualità di una nuova benzina prodotta da una compagnia di Tulsa, approfittando del fatto che si presenta piatto e senza curve. Il test andò particolarmente bene, tanto che il passeggero esclamò che l’auto andava a like sixty. Il conducente controllò il tachimetro e rispose che stavano andando like 66. La combinazione del numero della strada e della velocità dell’auto diedero vita al logo e al nome della benzina, usati tutt’oggi. E con il nome e il numero di questa strada sono ad oggi in commercio software di navigazione satellitare, capi di abbigliamento, squadre di basket…

Nel 1946, il compositore e pianista jazz Bobby Troup scrisse la celebre (Get Your Kicks On) Route 66: divenne presto un pezzo del repertorio di Chuck Berry e fu incisa da tutti i più grandi artisti, inclusi i Rolling Stones e i Depeche Mode (ascoltala qui).

Naturalmente tutto intorno alla Route 66 c’è l’America: i grandi parchi, le montagne, la musica, il jazz, il Grand Canyon; lo sport americano; Chicago, Las Vegas, Los Angeles… e molto altro ancora. Ma chi ha viaggiato su questa Strada, la porta nel cuore, come un patrimonio dell’umanità da custodire e da non perdere.

Travel Mat Maps della Route 66

Nell’era precedente alla realizzazione del sistema di grandi autostrade, quando ancora il fastfood non esisteva, una compagnia dal nome Travel Mats escogitò una grande idea: utilizzare i place mats, ovvero le tovagliette dei ristoranti, come mappa di promozione dei luoghi dove fermarsi a mangiare, dormire e da visitare lungo la strada. Eccone tre di questi: una chicca per riscoprire per immagini la Route 66, quando i navigatori erano solo Colombo o Magellano!
Parte 1 – Da Chicago a Springfield, MO
Parte 2 – Da Springfield, MO a Shamrock, TX
Parte 3 – Da Shamrock, TX a Los Angeles, CA

Una piccola biblioteca americana sulla Route 66

Segnaliamo qualche titolo da acquistare online, in lingua americana:
Road Trip USA Route 66 – L’ultimo manuale e il più aggiornato
Avventure sulle strade americane. In viaggio con Kerouac da New York a San Francisco, il Far West e la Route 66
The Complete Route 66 Lost & Found – 70 luoghi persi e ritrovati, con cartoline vintage, mappe e storie di chi li ha vissuti
In viaggio sulla Route 66. Itinerari dettagliati, siti storici, attrazioni e 40 ricette on the road – Oltre agli itinerari dettagliati, la descrizione dei siti storici e delle attrazioni, l’Autrice ha voluto raccogliere dalla viva voce di amiche e cuoche americane, i segreti di 40 ricette, di altrettanti piatti conosciuti e gustati nei vari Stati attraversati.
Route 66. Viaggio rock verso la libertà – Quello che conta, non è ciò che vedrà, ma il viaggio rock, che lo porterà fino alla libertà.

La vita è un viaggio… non importa quale sia la destinazione
E allora invitiamo tutti: Get Your Kicks On Route 66!

Per maggiori informazioni: www.historic66.com e www.national66.com
Da curiosare anche il sito www.legendsofamerica.com/66-Mainpage.html