Santafetramonto_23.01.2002
Playagrande2_17.01.2002
Cajosombrero3_15.01.2002
Arapo_delfini_25.01.2002
Tepui_22.01.2002
Saltoangel3_21.01.2002

…è il giorno della partenza per la nuova avventura. I preparativi ultimati solo ieri, mi hanno tenuto sveglio sino alle 03.00, ma tanto non avrei dormito comunque, vista l’eccitazione e la tensione: é la prima volta che vado oltre oceano. Alle 07.30, come programmato, arriva Michele, il mio compagno di viaggio; definirlo tale non gli rende però il giusto merito, visto che lui é la “guida” ed io il suo compagno…, o forse sarebbe meglio dire il suo bagaglio ! Facciamo in modo veloce il chek-in e imbarcato il fido zaino, attendiamo che giunga il nostro turno al gate B 13 : il volo AZ 666 dell’Alitalia ci aspetta. La partenza, prevista per le 10.05, slitta alle 10.30; la giornata é bellissima, limpida e soleggiata e nel momento in cui il carrello si stacca da terra la nostra avventura ha inizio. Ma quanto sono lunghe 11 ore di volo ? Finalmente, dopo il terzo film e la cena, alle 16.02, ora locale, in perfetto orario, giungiamo a Caracas. L’aeroporto non si trova, però, nella capitale, ma sulla costa, in località Maquetia. Superata la dogana, dopo 1 ora, e ritirato il bagaglio, prima di uscire dall’area arrivi, si deve consegnare, all’incaricato del controllo bagagli, un coupon, precedentemente compilato con i propri dati. Quest’ultimo ha valore solo per i residenti, che devono dichiarare analiticamente tutti i beni che introducono nello stato; per i turisti é, generalmente, solo un controllo formale: in pratica, si consegna il coupon e si passa ! A questo punto si esce dalla zona “protetta” riservata ai soli viaggiatori e si entra nella parte dell’aeroporto accessibile a chiunque;una “jungla” in cui non é affatto raro essere avvicinati da persone, ben vestite che chiedono se si ha bisogno di un taxi : stare molto attenti ed essere diffidenti, anche se stanchi, é d’obbligo.

Per lasciare l’aeroporto si hanno tre possibilità: usufruire del servizio taxi ufficiale dell’aeroporto stesso, uscire e prendere un taxi all’esterno, utilizzare i mezzi pubblici. Siamo stanchi, sono ormai le 17.30 e decidiamo di non correre troppi rischi; cambiamo quindi 30 dollari in bolivares e prendiamo un ticketaxi per Macuto, dove l’amico Massimo ci ha indicato un buon albergo dove alloggiare. Costo dello spostamento, 9.000 bolivares. Il taxi lascia Maquetia e in 20 minuti siamo a Macuto, lungo la costa che nel 1999 fu martoriata da un tremendo nubifragio. Il viaggio nella periferia di Caracas e poi lungo la costa, mi mostra un Venezuela povero, sporco, fatiscente e apparentemente poco sicuro, ma alla fine del nostro viaggio questa rimarrà solo la mia prima impressione.
Ci facciamo portare all’Hotel Santiago, che mi sembra subito carino, ma questo giudizio si trasformerà presto in “caro”, visto che per una doppia, per una notte ci chiedono 46 dollari !

12 Gennaio 2002 – Macuto, Caracas, Coro.
Dopo una notte tranquilla, lasciamo Macuto alle 07.00 del mattino direzione Caracas. Per raggiungere la capitale decidiamo di utilizzare una delle molte “busta” che passano continuamente di fronte all’hotel. Quest’ultima non ha, in genere, fermate precostituite, basta mettersi sul ciglio della strada e fare cenno con la mano; se non si ferma, c’é un’unica ragione : é piena ! Tuttavia non bisogna preoccuparsi di restare a piedi, visto che ce ne sono moltissime, si susseguono senza sosta e portano tutte a Caracas. Costo del viaggio: 700 bolivares. La buseta segue la costa sino a Maquetia, dopo prende verso sinistra in direzione dell’entroterra; in circa mezz’ora siamo a Caracas. L’impressione che ho della città non é affatto positiva; sia la periferia, che il centro mi appaiono poveri, sporchi e squallidi. Le case sono costruite ovunque si guardi e mi appaiono fatiscenti, spoglie e in molti casi scheletriche, soprattutto quando il colore ocra dei mattoni che le costituiscono si contrappone al bianco di quelle più rifinite. Lentamente dalla periferia ci avviciniamo al centro; si cominciano a vedere negozi, centri commerciali, caos, smog e traffico. Per un solo istante mi sembra di non essere mai partito…; poi il bellissimo clima presente, con i suoi trenta gradi tutto l’anno, fa svanire questa sensazione.
Le piccole case lasciano il posto ai grandi palazzi, che si spingono verso l’alto e per strada c’é un brulicare incessante di persone. Un particolare, che noto subito, forse perché non é così usuale alle nostre latitudini, sono le inferiate e le sbarre anti-intrusione che preservano ogni finestra, porta, balcone di qualsiasi edificio, sia a piano terra, che ai piani più alti; praticamente vivono in gabbie ! Onestamente mi aspettavo molto di più da questa metropoli, che, data la sua posizione, rappresenta il primo approdo del Sud America; tuttavia una città con quasi 8 milioni di abitanti, in cui le etnie si mischiano e la povertà di molti risalta ancora di più, quando si confronta con l’inusuale ricchezza di pochi, non può certo rappresentare le tradizioni di un popolo e di un paese, che ha innumerevoli risorse e bellezze, naturali, culturali e umane.
Il vero Venezuela non é certo rappresentato dalla sua capitale.
Il viaggio termina al capolinea, che fortunatamente si trova di fronte alla fermata della metropolitana “Capitolio”; basta attraversare la strada e scendere le scale. La metropolitana é molto bella, pulita, funzionale e sicura; mi ricorda tantissimo quella di Milano, di cui sembra la copia. I treni sembrano nuovi, al loro interno sono puliti e dotati di aria condizionata. Di turisti in giro non mi sembra di vederne; con lo zaino in metropolitana ci siamo solo io e Michele; in poco più di 15 minuti arriviamo a “La bandera”. Usciti dalla metropolitana é molto semplice raggiungere il terminal degli autobus, basta attraversare la strada e andare verso sinistra; il terminal si trova infatti a circa 200 metri, sulla destra. Visto che la nostra meta é Coro, posta ai margini della “Peninsula de Paraguanà”, optiamo per un pullman di linea a 5 stelle. Prezzo : 14.000 bolivares; 7 le ore di viaggio stimate. Alle 10.30 lasciamo il terminal di Caracas, che sul muro porta scritto un monito di buon auspicio : “Dios los benediga en este viaje”. Il viaggio dura poco più di 8 ore; alle 18.45 arriviamo infatti a Coro.

13 Gennaio 2002 – Adicora e Los Medanos.
Sveglia di buon mattino per la prima escursione al mare del nostro viaggio; meta stabilita Adicora, posta all’imbocco della penisola di Paragua. Il pullman ci lascia direttamente sulla spiaggia; questa si sviluppa lungo una baia abbastanza ampia delimitata da un un marciapiede su cui si affacciano ristoranti, locali e negozi. La sabbia é di colore beige, non molto larga e dotata di gazebo e sedie; c’è molta gente, ma ciò dipende dal fatto che é domenica. L’acqua non é il massimo…, pulita, ma non limpida; il mare é leggermente mosso e la temperatura dell’acqua tiepida e piacevole, soprattutto dopo un pò che si sta al sole. Ritorniamo a Coro e andiamo a visitare le famose dune, “los medanos”, che sono l’attrattiva maggiore del Parco Nazionale di Coro, patrimonio dell’umanità.
Il parco ha un’estensione di 92.000 are e sembra veramente di stare nel Sahara; é impressionante, alle mie spalle la più lussureggiante fauna tropicale, di fronte a me, aride dune di sabbia. 14 Gennaio 2002 – Coro, Chichiriviche.
Lasciamo Coro alla volta di Chichiriviche, che si trova all’interno del Parco Nazionale di Morrocoy, caratterizzato da una grande laguna e da numerose isolette (cayos) raggiungibili con le barche.
Ci sistemiamo all’Hotel Caribana e usciamo alla scoperta della piccola Chichiriviche. Il centro é in espansione; probabilmente tra qualche anno sarà molto più turistico e organizzato di quanto i miei occhi non lo vedano oggi. Dal molo si vedono i quattro isolotti più vicini : Cajo Muerto, proprio di fronte; Cajo Sal sulla sinistra; Cajo Perazo sulla destra alle spalle di Cajo Muerto e infine il piccolo e deserto Cajo Pelon sempre sulla destra, ma di fianco a Cajo Muerto. Non sono visibili i più lontani Cajo Borracho e Cajo Sombrero, che dovrebbero essere i più belli; anche gli altri però, seppur dal molo, mi sembrano molto caratteristici e invitanti. Il neo di Chichiriviche é che non ha spiaggia; la sua fortuna sono i cajos, raggiungibili facilmente con le barche. Chiaramente ogni spostamento ha un differente costo e la tariffa esposta al molo reca questi prezzi, chiaramente e necessariamente trattabili : – Cajo Muerto, 10.000 bolivares; – Cajo Sal, 10.000 bolivares; – Cajo Perazo, 15.000 bolivares; – Cajo Borracho, 25.000 bolivares; – Cajo Sombrero, 35.000 bolivares. Il costo, chiaramente, si riferisce alla singola lancia, che può portare al massimo 8 persone; di conseguenza, più si é, meno si spende !

15 Gennaio 2002 – Cajo Sombrero.
Ci alziamo presto e andiamo al molo con l’intenzione di farci portare a Cajo Sombrero, ma certamente non a 35.000 bolivares; la nostra speranza é di trovare qualche altra persona che abbia lo stesso nostro programma, per poter dividere con loro il costo della lancia. Purtroppo i soli turisti in giro siamo noi, quindi quando veniamo avvicinati da un pescatore che ci offre un passaggio, cominciamo a trattare; ci accordiamo così per 23.000 bolivares.
La lancia ci lascia sul piccolo molo di legno, dove un pellicano se ne sta appollaiato. Camminiamo lungo la baia dirigendoci verso sinistra e superato un piccolo promontorio, troviamo un’altra deliziosa baia a metà della quale stendiamo i nostri teli. L’interno dell’isola é verde e ricco di vegetazione; questa sfuma e si attenua nel bianco della spiaggia, formata da sabbia fine e costellata di piccole palme basse, che giungono quasi sino a riva; il mare é di un azzurro tenue, che in pochi metri diventa di un blu profondo. Di fronte, la vicina costa, ricca di vegetazione e priva di costruzioni, rende l’impatto visivo ancora più forte. L’acqua ha una temperatura piacevole e già vicino a riva é possibile vedere molti pesci colorati
16 Gennaio 2002 – Cajo Sal. Decidiamo di andare a Cajo Sal invece che a Cajo Muerto e in 5 minuti di lancia siamo lì;é molto carino, ma avere di fronte la costa con le case a vista, altera l’atmosfera caribana del luogo, ma quando ci si sdraia e si guarda verso l’alto il cielo azzurro tra le palme, tutto riacquista il suo fascino naturale. La sabbia é molto chiara, le palme alte, l’acqua di un colore verde intenso; se ci si immerge, si va leggermente al largo e ci si girà a guardare l’isola, il quadro che si vede é veramente eccezionale. Il sole picchia forte e già verso mezzogiorno, mi ritiro all’ombra delle palme, che in seguito lascerò soltanto per fare il bagno. Verso le 14.00, attanagliati da un languore, trattiamo per un filetto di pesce, che portiamo via a 4.000 bolivares a testa. Ci viene portato in un bel piatto, con patacones e riso e mangiarlo di fronte al mare, a pochi metri dall’acqua, sotto l’ombra di una palma, mi da una sensazione incredibile, anche perché é il 16 Gennaio !

17 Gennaio 2002 – Chichiriviche, Valencia, Maracay, P.to Colombia.
Lasciamo Chichiriviche alla volta di P.to Colombia che raggiungiamo, dopo aver cambiato bus a Valencia e Maracay con un mezzo é veramente pittoresco; si tratta infatti di un vecchio scuolabus americano. Costo del biglietto 1.900 bolivares per percorrere i 60 km. che separano Maracay da P.to Colombia. Il viaggio, però, é tutt’altro che breve; dura infatti circa 3 ore, dato che la buseta si deve arrampicare sul massiccio montuoso che domina la costa. La strada é piena di tornanti, che necessitano, a volte, di due manovre per essere superati, stretta e incredibilmente affascinate, visto che solca la foresta tropicale, che come una spessa coperta ci avvolge letteralmente. La buseta arranca faticosamente lungo la stretta strada, suonando ad ogni curva. La vegetazione é eccezionale; bambù, palme, platani e piante tropicali sconosciute alle nostre latitudini sono tutte intorno a noi e culminano in un tripudio di selvaggio e di colori, che tocca tutte le tonalità del verde. Ci sistemiamo alla “posada el paesano” gestita dal “paesano” e suo nipote Rolando, molto simpatico e cordiale. Attrattiva maggiore di P.to Colombia è senza ombra di dubbio la sua spiaggia : Playa Grande. Ha solo 6 camere, tutte con il bagno in comune, uno maschile e uno femminile, poste sulla sinistra, all’interno di una piccola coorte, in cui centralmente c’é una sorta di giardino e sul lato opposto alle camere la cucina, dove Rolando e/o suo nonno preparano qualsiasi cosa si desideri, che può essere consumata tranquillamente, seduti ai tavoli posti di fronte alle camere. Questo clima familiare, mi piace molto e mi trovo subito a mio agio. Solo il tempo di sistemare gli zaini in stanza di fare una doccia e di cambiarci e siamo già in giro per P.to Colombia; il paesino é molto carino e sono impaziente di vedere la spiaggia. Per raggiungere Playa Grande é necessario guadare il piccolo fiume, che costeggia il lato destro di P.to Colombia e alla cui foce é stato ricavato il molo. Prima di giungere al mare si trova un ponte che consente comodamente di andare dall’altro lato del fiume, ma l’acqua é talmente bassa che si potrebbe passare a piedi. Qui inizia la strada che porta a Playa Grande. Costituita da una lunga baia di sabbia dorata, delimitata ai suoi lati da due massicci rocciosi, Playa Grande offre un colpo d’occhio spettacolare, con l’imponente vegetazione delle montagne che ha a ridosso e grazie alle altissime palme che ne caratterizzano tutto il perimetro. La sabbia ha un colore beige brillante, che diventa più scuro sull’arenile bagnato dalle onde; il mare, di un verde tenue a riva e di un blu intenso al largo, é sempre leggermente mosso a causa del vento che senza sosta soffia verso terra. Il rumore dei cavalloni che si susseguono regolarmente è una fantastica colonna sonora, anche se al lungo andare stressa un pò ! L’acqua ha una temperatura piacevole, ma le correnti sono molto forti e pericolose.

18 Gennaio 2002 – P.to Colombia e Choronì.
Ci alziamo presto, dopo una notte tranquilla in cui grazie alla zanzariera, che mi sono portato dietro, ho potuto dormire senza essere preda dei moschitos e fatta colazione con un ottimo “criollo” (piatto con uovo fritto, fagioli neri, formaggio e due arepa piccole, il tutto accompagnato da caffè nero all’americana), ci dirigiamo a piedi alla scoipertà di Choronì, grazioso paesino costituito interamente da piccole case basse, coloniali dipinte con sgargianti colori pastello, che dista solo 3 km. da P.to Colombia. Il pomeriggio lo trascorriamo invece in completo relax a Playa Grande.

19/20 Gennaio 2002 – P.to Colombia, Maracay, Ciudad Bolivar.
Dopo aver trascorso un’altra giornata di mare lasciamo P.to Colombia e ci dirigiamo a ciudad bolivar, che raggiungiamo, dopo una notte di viaggio, alle prime ore dell’alba. Raggiungiamo l’Hotel Caracas, per informarci sul costo del tour al Salto Angel : 200 $ per tre giorni, due notti, più 8.000 bolivares per l’accesso al Parco nazionale di Canaima, da pagare direttamente in loco. Non credo alle mie orecchie, sono contento e soddisfatto. Ma quando parte il primo tour disponibile ? Risposta : “tra mezz’ora !” Pochi minuti per prepararsi e siamo già in viaggio verso Canaima, che raggiungiamo dopo 4 ore di busta e 30 minuti di cessa. Veniamo accolti dalle guide della “Tiuna Tour”, la migliore per quello che riguarda il rapporto qualità/prezzo, che dopo averci fatto mangiare ci portano alla scoperta dei “salti” di Canaima : che sono nell’ordine : Ocaima, Golondrina, Wadaima, Hacha, Sapo, Sapito e Ara. Sono magnifici e l’acqua é molto scura, sembra quasi te o coca-cola; non é fredda come pensavo fosse e farci il bagno é piacevole. La natura circostante é incredibile; distese sconfinate di verde, molto simili alle scenografie di “Jurassic ParK”, da cui emergono maestosi i tepui, dall’inconfondibile forma rettangolare. Ripresa la lancia, risaliamo il fiume Carrao per circa tre ore, non senza difficoltà; l’acqua bassa infatti, costringe il timoniere a spostarsi a destra e a sinistra del fiume per evitare le pietre. Intorno alle 17.00 giungiamo al campo base intermedio della “Tiuna Tour”, dove passeremo la notte. Il campo é ben organizzato, dotato di docce e servizi igienici e ad ognuno é assegnata un’amaca dove dormire ! Di fronte alle amache ci sono i tavoli dove vengono consumati i pasti, di buona qualità, ma non certo di abbondante quantità. Oltre i tavoli c’é un piccolo prato con un sentiero, alla fine del quale si trova un tranquillo affluente del più ampio e agitato fiume Carrao; qui é possibile in alternativa alla doccia, lavarsi. E’ un’esperienza particolare, che vi consiglio di provare. Dopo la cena le guide ci spiegano cosa ci aspetterà il giorno dopo e il solo pensare a cosa faremo mi elettrizza; speriamo solo che sia una bella giornata.

21 Gennaio 2002 – Salto Angel.
Risaliamo il rio Carrao, sino ad incontrare il rio Chorun, nelle cui acque proseguiamo il nostro viaggio. La canoa fila veloce e a tratti si inclina paurosamente a causa dei repentini spostamenti verso destra e verso sinistra, che si rendono necessari per evitare le secche; é un’avventura nell’avventura ! Lo scenario che mi circonda é incredibile; bello, selvaggio, incontaminato e affascinate. L’acqua del fiume ha un colore particolarissimo; sembra infatti tè, talmente é ambrata. Causa di ciò é il tannino contenuto nelle piante circostanti. Dopo circa un’ora e mezza di lancia giungiamo al secondo campo base, dove al termine dell’escursione torneremo a mangiare; abbandoniamo le lance e lasciato il superfluo, proseguiamo l’escursione a piedi. Tuttavia, tra le fronde degli alberi, da lontano, é già possibile vederlo. Maestoso, di fronte a noi si staglia il Salto Angel; un filo d’acqua ininterrotto, che si lancia dallo “Auyan Tepui”. Quasi mille metri di cascata…, la più alta al mondo. L’ascesa sino ai piedi della cascata dura circa un’altra ora e mezza e si sviluppa completamente all’interno della foresta tropicale, seguendo uno stretto sentiero, costellato di radici e rocce, che forniscono dei gradini naturali, tanto comodi, quanto scivolosi. La vegetazione che mi circonda é impressionante. La foresta é viva, sembra quasi che respiri, ne percepisci la presenza, la forza, la purezza; mi avvolge completamente e dopo pochi passi, la luce si attenua e il cielo svanisce tra le sue fronde. Durante la prima ora di cammino il sentiero é agevole e di media pendenza; poi, però, nell’ultimo tratto, diviene ripido e impervio e i venti minuti finali dell’ascesa, per raggiungere il “mirador“, sono abbastanza impegnativi. E’ il preludio al clou della giornata… Improvvisamente, infatti, usciti dalla boscaglia mi ritrovo di fronte a sua maestà il Salto Angel (in lingua locale, “kerepakupai mero”). Non mi sono mai sentito così piccolo in vita mia…; é imponente, maestoso, immenso nel suo chilometro di salto. Durante la stagione secca é costituito esclusivamente da una sola colonna d’acqua, ma in quella delle piogge, é formato da 14 grandi e 6 piccole e l’accesso al “mirador” é molto difficile e disagevole, visto che si viene letteralmente investiti dalla brezza generata dalla cascata. Le emozioni non sono però finite qui; la stagione secca, infatti, ci riserva un’altro privilegio. Torniamo sui nostri passi e scendiamo un poco, sino a giungere ad un laghetto, formato dall’acqua della cascata nel punto in cui si trasforma in ruscello e prosegue la sua discesa verso il rio Chorun. Qui é possibile fare il bagno…, ai piedi del Salto Angel ! Verso le 15.00 riprendiamo la lancia e con un terzo in meno del tempo, raggiungiamo Aonda, dove passeremo nuovamente la notte.

22 Gennaio 2002 – Canaima, Ciudad Bolivar.
Sveglia alle 06.30 dopo una notte umida e freddina, colazione e partenza per il ritorno a Canaima. Riprendiamo le lance e percorriamo a ritroso il rio Carrao; la lancia fila via veloce, favorita dalla corrente e in poco meno di un’ora e mezza siamo a destinazione. Piccola passeggiata, costeggiando la laguna e la spiaggia di Canaima, quindi, dopo aver attraversato il villaggio della Canaima tour, Francisco ci accompagna all’aeroporto, dove scopriamo che il nostro rientro é fissato con il volo delle 14.30; sono solo le 11.30 ! Fortunatamente il ritorno é completamente in cessa (evitando così le estenuanti 4 ore di busta…), così in poco meno di un’ora e mezza siamo di nuovo a Ciudad Bolivar.

23 Gennaio 2002 – Ciudad Bolivar, P.to La Cruz, Santa Fe.
La notte di Ciudad Bolivar é caratterizzata da un caldo umido opprimente e devo ammettere che dormo proprio male. Alle 10.00 prendiamo il pullman per P.to la Cruz, che per 5.000 bolivares, ci consente di lasciarci alle spalle la squallida Ciudad Bolivar. Verso le 14.30 arriviamo a Barcellona; da qui a P.to la Cruz la strada é breve, ma un inconveniente é in agguato : la superstrada é infatti interrotta a causa di una manifestazione ! Solo alle 15.47 entriamo nel Terminal di P.to la Cruz. Per arrivare a Santa Fe, manca ancora uno spostamento, che é possibile fare con i “por puestos”, ovvero, furgoni da 10/12 posti, che partono solo quando sono pieni. P.to la Cruz non mi fa una buona impressione, ma questo é soltanto un giudizio dato a pelle; in seguito scoprirò, per bocca di altre persone, che non avevo sbagliato per niente : é molto cara, rispetto al resto del Venezuela e brutta. Giunti a Santa Fe il “por puestos” ci lascia quasi sulla spiaggia, dove si trovano le uniche posade del paese. Leggendo la guida, abbiamo deciso di andare alla “Posada Bahia del Mar”, ma ci facciamo traviare da una signora che era sul “por puestos” con noi, che ci consiglia la “Posada Cafè del Mar”, la prima che si incontra sulla spiaggia, che fa anche da ristorante, dove lavora. La stanza costa 8.000 bolivares e la prendiamo; é piccola e buia, ma pulita e con un bagno spazioso, ma spartano. I tavoli del ristorante sono direttamente sulla sabbia della spiaggia, sotto un pergolato, di fronte al mare; l’atmosfera é molto bella, soprattutto, se penso che é fine Gennaio ! La sera ceniamo proprio qui, in maglietta, con i piedi nella sabbia; del resto non ci sono alternative, visto che a Santa Fe oltre a questo c’é solo un’altro ristorante, posto all’inizio della spiaggia, che però ha prezzi molto più alti.

24 Gennaio 2002 – Santa Fe.
Ci alziamo di buon ora e lasciamo “El Cafè del Mar” per andare a prendere la stanza libera della posada “Bahia del Mar”; fortunatamente, nessun altro é arrivato nella notte, ne prima di noi la mattina, così la troviamo libera e per 10.000 bolivares a giorno, la prendiamo. Nostra intenzione per la giornata é quella di fare il tour, organizzato dal proprietario del “Cafè del Mar” alle piccole isole Caracas. Purtroppo, siamo solo io e Michele a voler fare l’escursione, e per solo due persone la barca non si muove; minimo “sindacale”, quattro elementi ! Nell’inutile attesa, conosciamo Sandro, un simpaticissimo ragazzo Argentino, con origini siciliane, ospite del “Cafè del Mar”, con cui passiamo il resto della giornata sulla spiaggia di Santa Fe. Quest’ultima é abbastanza lunga, di sabbia beige e sufficientemente pulita; ci sono poche palme, ma in compenso su di essa si susseguono le posade. Sotto la posada “Sietes Delfines”, c’é un piccolo bar, che ha dei tavolini sulla spiaggia; chiaramente non possiamo, non approfittarne per sorseggiare una polarcita e conosciamo Giuseppe e Paola dell’Isola d’Elba. Parlare la propria lingua a volte può far piacere e il tempo scorre via senza che neanche ci si renda conto. Il tramonto così non tarda ad arrivare e obiettivamente, chiude una giornata molto tranquilla.

25 Gennaio 2002 – Arapo, Arapito e “la piscina”.
Sveglia di buon mattino e come prima cosa, spesa al mercato, visto che per l’intera giornata saremo fuori. Dopo un breve colloquio, in cui William mette in chiaro che il gruppo raccolto da Michele pagherà 3.500 bolivares, come da accordi, mentre i nuovi arrivati 5.000, come da lui richiesto normalmente, lasciamo Santa Fe alla volta della piccola isola di Arapo. La giornata é splendida, il mare tranquillo, e la barca di William fila via veloce, costeggiando la costa. All’improvviso avvistiamo un branco di delfini, William dirige la barca verso di loro e per qualche minuto abbiamo l’opportunità di vederli da vicino, in libertà. Sono fantastici, perfetti nei movimenti; solcano le onde eleganti e veloci e poi emergono in sincrono, mostrando per un breve istante la pinna dorsale. Facciamo il bagno tra l‘isola di Arapo e Arapito, proprio di fronte ad un’altro minuscolo isolotto, su cui è presente una costruzione apparentemente disabitata da anni : questo luogo viene chiamato “la piscina”. L’acqua é limpida e chiarissima, e sul fondale é possibile vedere il corallo. Indosso la maschera e comincio a scrutare il fondale; é bellissimo, ricco di vita e di colori, non vorrei più uscire da questo piccolo gioiellino della natura. Risaliamo a bordo e ci rimettiamo in marcia; circumnavighiamo un piccolo scoglio roccioso su sui sono appollaiati moltissimi cormorani e rondini di mare, quindi William indirizza la prua verso la piccola isola Arapito e ci lascia sulla spiaggia; ci accordiamo per essere ripresi nel pomeriggio. L’isoletta é molto carina, con una piccola spiaggia di sabbia chiara e diverse palme a garantire riparo dal sole, che picchia non poco; ci sono anche due grosse iguane, che non sembrano affatto intimorite dalla nostra presenza. L’acqua é di un azzurro intenso e il fondale è ricco di piccoli scogli, tra i quali nuotano moltissimi pesci colorati; sembra un acquario naturale. Sembra tutto normale, ma sono convinto, che tra qualche giorno, ripensandoci, sarà incredibile riflettere su dove mi trovavo ! Alle 15.30 William ritorna a prenderci; il ritorno mi sembra molto più veloce dell’andata e in poco più di mezz’ora giungiamo sulla spiaggia di Santa Fe, da dove siamo partiti in mattinata. Il sole è ancora alto, quindi ci prendiamo una fresca polarcita da Julio ai “Sietes Delfini”. Visto che é ancora presto, ne approfittiamo; torniamo infatti alla posada, ci cambiamo e ci dirigiamo sulla carrettiera, ripercorrendola a ritroso verso l’incrocio con la strada che porta alla spiaggia. Ecco la vera Santa Fe, non certo quella delle posade o del centro a ridosso della stessa; quella che vediamo è la parte vera, povera, spoglia e squallida… Case in lamiera senza pavimento, bambini semi nudi che giocano con nulla, sporcizia e degrado; anche questo é il Venezuela, povertà e indigenza.

26 Gennaio 2002 – Playa Colorada.
Giornata dedicata alla visita della vicina Playa Colorada, che raggiungiamo con un por puestos : costo del viaggio 500 bolivares. Il tragitto sino a Playa Colorada é assai breve, circa 15 minuti e prima di giungervi abbiamo la fortuna di osservarla dall’alto della strada; appare molto carina, con la sua sabbia di un beige brillante e molto intenso e le alte palme a ridosso. L’acqua é di un verde tenue e diventa subito profonda; ci sono vari locali a ridosso della spiaggia, dove poter bere e mangiare spendendo relativamente poco. La sera ceniamo con tutti gli altri amici conosciuti a Santa Fè al “Cafè del Mar” : l’ultimo giorno é finito !

27 Gennaio 2002 – Santa Fe, P.to La Cruz, Caracas, partenza.
Ci svegliamo alle 05.15 e completato l’affardellamento dello zaino, lasciamo la posada “Baia del Mar” . In poco meno di 15 minuti attraversiamo la piccola Santa Fe che ancora dorme e raggiungiamo l’incrocio con la carrettera, dove troviamo subito un por puestos in partenza per P.to la Cruz; in un’ora e al prezzo di 1.000 bolivares raggiungiamo il terminal. Qui prendiamo il primo pullman per Caracas della compagnia Los Llanos, che parte alle 07.30; costo del biglietto 10.000 bolivares. Come al solito é bello e comodo, ma l’aria condizionata porta la temperatura interna a 4 C°! Parte in orario e dopo una sosta, circa a metà del viaggio in una sorta di autogrill del luogo, tra l’altro caro come il fuoco, alle 12.45, giunge a Caracas. Dal terminal in pochi minuti, percorrendo a ritroso la strada che già avevamo fatto 16 giorni prima, raggiungiamo la vicina fermata della metropolitana : “La bandera”. Acquistiamo il biglietto, zona gialla, a 350 bolivares e dopo aver cambiato treno a “Plaza Venezuela” per prendere la linea, che va verso Pro Patria, scendiamo a “Gato Negro”. La metropolitana conferma la buona impressione che mi aveva fatto al mio arrivo : é pulita, sicura, nuova, funzionale e architettonicamente uguale a quella di Milano. Usciti, si trovano subito i pullman, che portano all’aeroporto; il costo del biglietto è di 2.500 bolivares e in poco meno di mezz’ora si giunge a Maquetia e si viene lasciati di fronte all’entrata dei voli internazionali. Facciamo subito il check-in e scopriamo con piacere che il nostro biglietto comprende la tassa di espatrio, che bisogna corrispondere alla propria partenza dal Venezuela; tuttavia tale tassa é aumentata e di conseguenza, corrispondiamo solo la differenza : 11.000 bolivares (tale tassa dipende dal numero di giorni che ci si trattiene, per un periodo di 16 giorni, l’importo era di circa 24 dollari). Spendiamo gli ultimi bolivares in aeroporto, dove non riusciamo a trovare i francobolli per le cartoline, che partiranno così dall’Italia ! In proposito vi consiglio di cercare appena possibile un Correos, ovvero un ufficio postale se volete inviarle dal Venezuela, altrimenti farete la mia fine ! Alle 16.55 ci imbarchiamo, molto mestamente e prendiamo posto sul nostro volo Alitalia, che in poco più di 8 ore e 30 minuti, ci riporta alla normalità di casa…, sino al prossimo viaggio !

di Maurizio Fabbri

questo è il mio sito, dove troverai altri dettagli, foto, e molto altro: www.inviaggionelmondo.it