120 opere tra ceramiche e porcellane d’uso, pezzi unici, vetri, legni colorati, grafiche e quadri rappresentano il percorso espositivo, curato da Franco Bertoni, che il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza dedica ad Ambrogio Pozzi con la mostra dal titolo Ambrogio Pozzi. Storie di forme.

L’inaugurazione è fissata per le ore 17 di sabato 10 novembre alla presenza dello stesso artista e l’esposizione rimarrà visibile per il pubblico fino al 3 febbraio 2008. Ambrogio Pozzi è stato invitato a Faenza nel quadro di un programma che prevede, con cadenza annuale, altre significative presenze che non si vogliono limitare alla sola occasione espositiva ma offrire all’attenzione, mediante il coinvolgimento dei designer in conferenze e workshops, anche del Laboratorio Giocare con l’Arte del Mic e di Istituti scolastici cittadini quali l’Istituto Superiore Industrie Artistiche e l’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica “Gaetano Ballardini”.

Nato nel 1931, Ambrogio Pozzi è una delle figure di maggiore rilievo nel campo del design italiano del secondo dopoguerra. Dopo avere svolto parte della sua formazione anche a Faenza, Pozzi ha condotto progettualmente e artisticamente la manifattura paterna di Gallarate (Ceramica Franco Pozzi) a partire dai primi anni Cinquanta. Con il suo contributo la Ceramica Franco Pozzi si avvia verso una produzione d’uso seriale avvertita e perfettamente adeguata alle maggiori manifatture europee del periodo. La consacrazione di Pozzi come designer originale e innovativo è avvenuta sul piano nazionale e internazionale. Esemplari, in una carriera che ha ricevuto le più alte onorificenze e i più prestigiosi riconoscimenti del settore, rimangono i funzionali servizi degli anni Sessanta e Settanta, il servizio di bordo per Alitalia e il servizio Duo in porcellana per Rosenthal. I rapporti di Pozzi con Faenza non si sono mai interrotti: ha ottenuto premi e segnalazioni per la sua opera di designer al Concorso Internazionale per la Ceramica d’Arte, gli è stata allestita una mostra antologica al Palazzo delle Esposizioni nel 1987 e, recentemente, alcune sue opere sono state allestite nelle collezioni permanenti del Mic nella sezione dedicata ai rapporti tra il design e la ceramica popolare.

Con l’importante esposizione “Ambrogio Pozzi. Storie di forme” del Mic s’intende offrire al pubblico la visione delle ricerche più recenti di Pozzi, ricerche che denotano sempre maggiori legami con interessi più propriamente artistici. Oltre a una campionatura delle sue più importanti affermazioni nel campo del design, vengono, infatti, presentati in mostra lavori degli ultimi anni quali quadri, vetri e ceramiche dal carattere fortemente riflessivo nei confronti della produzione precedente.

Collaborando con aziende quali Ritzenhoff, Ceramiche Rometti, Vilca, Cristalleria Colle o con produzioni personali, Pozzi sta dando nuove dimostrazioni di una inesausta vitalità espressiva e indicazioni magistrali per nuovi dialoghi tra il design e altre forme artistiche. Testo tratto da: F. Bertoni – J. Silvestrini, “Ceramica italiana del Novecento”, Mondadori Electa, Milano 2005, p. 212. Fin dagli esordi, nel 1950, la figura di Ambrogio Pozzi ha rappresentato, con linearità e progressiva continuità progettuale, una delle massime espressioni della via italiana al design. Pozzi è stato, per il secondo dopoguerra italiano, l’autorevole alfiere di una progettazione semplice, lineare, raffinata ed essenziale che è riuscita ad imporsi all’attenzione internazionale sia in termini di collaborazioni con le più prestigiose manifatture che in termini di mercato. Il suo apporto non si è limitato alla ceramica ma ha indagato anche il cristallo, il vetro, l’acciaio, la plastica, il legno, l’argento e il tessuto. L’esordio è stato, comunque, ceramico e la ceramica (terraglia, grès o porcellana) è rimasta un interesse costante e privilegiato nel suo contributo a quello che è stato definito “a new domestic landscape”. Parallelamente agli studi universitari in Chimica, Pozzi ha frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza per un anno e qui ha avuto modo di conoscere Angelo Biancini, Nanni Valentini, Carlo Zauli, Albert Diato. Nel 1950 inizia la collaborazione con la ditta paterna: la Ceramica Franco Pozzi di Gallarate.

I primi progetti sono pezzi unici e vengono realizzati a Faenza nel laboratorio La Nuova Ca’ Pirota di Carlo Zauli (Stalagmite e Ciclope in maiolica del 1950) o a Gallarate (Totem, Marziano, Polipo, I due galli, Donna con pesce, in terraglia e con la tecnica del colaggio, del 1953). Le ascendenze sono picassiane, surrealiste o largamente popolari e mediterranee sul solco tracciato da Guido Gambone per una ceramica alla ricerca delle proprie matrici scultoree. La chiara coscienza dei problemi tecnici e tecnologici indotta dalla manifattura paterna si salda in Pozzi con gli influssi della tradizione artigiana: sono del 1953 i Vasi squalo, memori di un organicismo di marca scandinava al pari del set per la tavola Arianna del 1959 vincitore del Premio Palladio a Vicenza; del 1960 è la serie Rossana; dei primi anni Sessanta sono i Barattoli Europozzi e la serie Shopping caratterizzati da forme generose ed evidentemente memori della tradizionale tecnica del tornio. Del 1962 è una serie di oggetti in grès che, come i Barattoli Europozzi e Shopping, viene decorata con incisioni circolari che ricordano le prove eseguite da Nanni Valentini al Laboratorio Pesaro.

Con il servizio da tavola Frida del 1963, i Contenitori del 1964, la serie Tr 13 (Premio Palladio, Vicenza 1964) e soprattutto con il servizio Compact del 1968 (segnalato al Compasso d’Oro), Pozzi affina il suo metodo progettuale che trova nell’impilabilità, nella componibilità e nella pluralità di funzioni il suo minimo comune denominatore. I debiti con il mondo del design nordico e scandinavo, che ha conosciuto con soggiorni in Svezia, Inghilterra, Danimarca, Francia e Germania, sono ormai estinti ed è la più prestigiosa manifattura europea di porcellane a richiederlo per una collaborazione: per la Rosenthal progetterà, nel 1968, il servizio Duo, rimasto in produzione fino al 1997. La esemplarità formale e funzionale di Duo viene premiata al Concorso Internazionale della Ceramica di Faenza dove riceve la Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica. Nello stesso anno viene invitato dalla Hallmark Gallery di New York alla mostra “Design Italian Style” assieme a G. Aulenti, R. Bonfanti, i fratelli Castiglioni, G. Castelli, B. Danese, B. Munari, R. Sambonet, M. Zanuso.

Lo studio delle forme primarie, della geometria funzionale e, quindi, della componibilità continua a informare i progetti successivi: oggetti ornamentali, salvadanai, Set uomo-donna del 1969, il set completo per due, scomponibile in tredici pezzi, Cono, per Pierre Cardin del 1970. Dei primi anni Settanta è un altro importante progetto di Pozzi: il servizio di bordo per l’Alitalia. Assieme a Joe Colombo, Pozzi viene incaricato della progettazione dei servizi completi per la classe economica e per la prima classe della compagnia di bandiera italiana. Il primo sarà in materiale plastico e il secondo in porcellana, vetro e acciaio. Ancora una volta, Pozzi riesce a rispondere a precise esigenze funzionali e rappresentative con una progettazione chiara, raffinata, intelligente e non viziata da eccessi formalistici.

Anche se i successi di Duo, Cono e Alitalia non verranno più replicati a causa, soprattutto, delle diversioni del design italiano dall’alveo di un razionalismo e di un funzionalismo che, nelle loro varie versioni, avevano complessivamente declinato una esigenza di raffinata esteticità diffusa, Pozzi continua la sua coerente ricerca con i servizi Primaluna, Alto basso del 1973, I legni del 1979, Casa del 1989. Gli orologi Temporotondo del 1991 per Rosenthal e gli oggetti realizzati in vetro, metacrilato, cristallo, pyrex e argento nel corso degli anni Ottanta e Novanta denotano, invece, maggiori compromissioni con le emergenti tendenze del gusto.