8 Settembre – 18 Novembre Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari

Ottanta superbe opere dell’arte paleocristiana riunite alle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari per raccontare quella che fu una vera “rivoluzione dell’immagine”. Rappresentano documenti, eccezionali, del passaggio dal mondo antico alla modernità quando le opere d’arte divennero soprattutto simboli per comunicare, davvero a chiunque, un nuovo rivoluzionario credo. L’iconografia già in uso vira di significato, mentre segni di appartenenza sino ad allora nascosti venivano svelati. Tutto ciò intorno ad una data. L’aprile dell’anno 313 quando Costantino emanò l’Editto che riconobbe al Cristianesimo una legittimità che lo toglierà dalle catacombe e comunque dal puro ambito domestico e privato. Per l’arte fu l’inizio di un nuovo tumultuoso passaggio dalla classicità alla modernità, appunto. Questo momento cruciale della Storia, ma anche della storia dell’arte, dell’iconografia e della comunicazione, viene raccontato nell’esposizione promossa e curata da Intesa Sanpaolo nella propria sede museale di Vicenza, le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, con esempi tra i più importanti della produzione artistica tra quarto e sesto secolo, creati in tutto il territorio dell’Impero ed in particolare tra Roma e Bisanzio. Sono sculture in marmo e bronzo, affreschi, mosaici, vetri dorati, avori, argenti, tessuti concessi per questa mostra da una ventina di musei italiani.

L’ampio apparato illustrativo che accompagna l’esposizione – cui si affianca, nei fine settimana, un laboratorio didattico per coinvolgere ragazzi e adulti in una piacevole ed istruttiva attività di interpretazione e riappropriazione del significato profondo delle opere esposte – conduce il visitatore non solo a godere della straordinarietà dei tesori esposti ma anche ad entrare dentro quel particolare momento storico che quelle opere fece germinare. L´esposizione è curata da Fabrizio Bisconti e Giovanni Gentili ed è inserita in un progetto pluriennale denominato Percorsi nel sacro, ideato e curato da Fatima Terzo con lo staff Beni culturali di Intesa Sanpaolo. Tale progetto intende collegare le numerose iniziative espositive degli anni recenti all´interno di una generale prospettiva che, traendo ispirazione dalla collezione di antiche icone russe dell’Istituto esposta in modo permanente al piano alto di palazzo Montanari, vogliono far conoscere ad un ampio pubblico, con approccio didattico-educativo, gli esiti migliori dell’arte originata nei secoli, in Oriente e in Occidente, dall’avvento del Cristianesimo. Quella paleocristiana fu un’arte al servizio della comunicazione del messaggio, attraverso raffigurazioni semplificate o simboliche, spesso abbandonando volutamente la cura e l’equilibrio dell’arte ufficiale ancora legata, ormai stancamente, all’ellenismo e alla sua cultura.

La “Buona Novella” annunciata da Cristo deve essere narrata e compresa senza inciampi perché la Salvezza promessa sia donata a ciascuno. Così le storie bibliche dell’Antico Testamento anticipano quelle della vita di Cristo e le figure dei patriarchi e dei profeti si affiancano a quelle della Vergine e dei santi, nuovi amici di Dio e modelli da seguire. Un nuovo significato è dato alle forme antiche: giardini e pascoli, immagini suggestive del paradiso pre-cristiano, sono adesso emblema dell’Eden riconquistato; il pastore diviene Cristo “Buon Pastore”, l’orante dalle braccia tese è ora l’anima beata; il Sole dai molti nomi è Cristo, luce definitiva sorta sul mondo. Simboli criptici si sciolgono, come il pesce che significa “Gesù Cristo figlio di Dio”, così come a Lui si riferiscono il faro, il porto o l’ancora. Nuovi ne nascono e si diffondono fino ai nostri giorni, a cominciare dal cristogramma, che unisce in sé le prime due lettere del nome greco di Cristo, Chi e Rho. È rivoluzione, e non involuzione, anche nello stile: abbandonato il naturalismo proprio dell’arte greco-romana, le figure si dispongono l’una accanto all’altra nella rappresentazione delle vicende bibliche, o si stagliano solenni nello spazio, come quelle di Cristo, della Vergine e dei santi o dei primi imperatori cristiani e della corte, rappresentanti in terra del consesso divino. Fino a suggerire, nelle linee e nei segni come nei colori, l’avvento ormai prossimo dell’icona bizantina, figlia ed erede della nuova concezione artistica.

Il percorso espositivo ha inizio con una scelta selezione di opere che illustrano le varie modalità con cui il paganesimo tardo antico esprime il proprio sentimento religioso, all’interno dei vari popoli e delle variegate culture del vasto impero romano: sono raffigurazioni mitologiche che interessano la creazione del primo uomo, Prometeo, oppure Ercole, Orfeo, Dioniso e Mitra/sole – come nello splendida testa in marmi colorati proveniente dal mitreo di S. Prisca sull’Esquilino, ora al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo – , scene paradisiache descritte da un paesaggio – come nella parete della Casa del bracciale d’oro di Pompei o nell’affresco dei Campi Elisi, al Museo Nazionale Romano – o da scene di vita pastorale – ne è esempio il bel sarcofago dalla catacomba di Priscilla – fino all’immagine del pastore con la pecora caricata sulle spalle, prefigurazione di Cristo Buon Pastore. Un passaggio ulteriore considera i nuovi temi della fede cristiana, attraverso la narrazione delle storie bibliche del Nuovo e dell’Antico Testamento, che pittori e scultori cristiani raccontano in forme per lo più semplici, atte ad essere comprese da tutti. Sono messaggi fissati nella pietra come in nobili materiali – è il caso della splendida pisside d’avorio con scene della vita di Cristo del Museo Archeologico di Bologna e del mosaico con le storie di Giona e dei rarissimi tessuti orientali con l’Annunciazione e la Natività, dei Musei Vaticani – da cui prendono le mosse ulteriori immagini: quelle simboliche e celebrative della maestà divina come di quella imperiale.

Su vetri dorati come su preziosissimi avori – come il celebre dittico di Murano, del Museo Nazionale di Ravenna, o quello di Stilicone del Tesoro del Duomo di Monza, insieme a quello detto del Patrizio della cattedrale di Novara – si fissano le nuove immagini della Maestà di Dio e della maestà imperiale, rimando a celebri, fastose decorazioni delle prime basiliche cristiane come delle residenze della corte, spesso cancellate dal tempo. Accanto alla corte terrena, modelli e campioni della nuova fede sono i santi, gli apostoli e i primi martiri anzitutto, spesso ritratti oranti nella beatitudine del paradiso, secondo uno stile sempre più prossimo al linguaggio dell’icona bizantina. Ed è proprio al nuovo linguaggio figurativo che è dedicato l’ultimo momento della mostra, che considera attraverso un’accurata scelta di opere d’arte – che includono capolavori quali la testa a mosaico di S. Pietro, oggi nelle Grotte Vaticane e il ritratto di imperatrice su tavola d’avorio del Museo del Bargello di Firenze – le novità stilistiche dell’arte, fino a sfiorare d’anticipo, negli affreschi con santi dalle catacombe napoletane, l’icona.

Non è un caso, dunque, che la mostra proponga in chiusura una selezionatissima scelta di icone, dalla collezione Intesa Sanpaolo, chiaramente relate, nei segni, nei simboli, nello stile, all’arte paleocristiana, sua primitiva radice. E che una sorta di fil rouge, dai chiari intenti didattici, ci accompagni all’interno di Palazzo Leoni Montanari, a riassumere e a riproporre situazioni in divenire, come lo è quest’arte in questi secoli, attraverso l’uso di immagini e segni il cui significato si svela e si arricchisce strada facendo. Ottanta tesori d’arte, dunque, alla riscoperta di un momento decisivo per il nostro tempo: il passaggio dal mondo antico alla modernità.