Castagner di S. Giusto (Fregona)
Rovere della Madonna della Rocca
Rovere della Madonna della Rocca
Cedri del Libano e dell'Atlante a Villa Franchetti (Preganziol)
Fagher di Borri a Valdobbiadene

Breve storia delle migrazioni degli Alberi

Gli alberi sono nati prima dell’Uomo, circa 300 milioni di anni fa. Fu proprio la loro presenza a rendere abitabile e respirabile questo Pianeta così da consentirne la vita. Essi sopravvissero alle Ere glaciali e migrarono molto lentamente. La prima a farsi strada all’inizio del X millennio a.C., col ritiro dei ghiacci, fu la Betulla, seguita dal Pino, Pioppo e Salice. Poi arrivarono il Ginepro, il Sorbo Rosso, il Nocciolo, l’Olmo, la Quercia, seguita da Agrifoglio, Tasso e Ontano. Tra il VI e il III millennio a.C., giunsero il Frassino, il Biancospino, il Tiglio mentre l’Abete Rosso compariva in Russia e Scandinavia. Il più incredibile fu il Faggio, l’ultimo ad apparire intorno al 2000 a.C. Da quel momento in poi la Foresta Vergine si riprese l’Europa.
Perso lo stretto contatto tra Uomo e Albero, che caratterizzò in particolare le popolazioni europee dei Celti e Teutoni prima dell’avvento del Cristianesimo, antiche piante millenarie caddero sotto la scure dell’Uomo per lasciar posto all’avanzata della cultura umana che ancor oggi (in Amazzonia o nelle foreste canadesi etc.) continua a ridurre lo spazio lasciato alle foreste.
Ma per fortuna si possono ancora vedere in tutta Italia e anche a Treviso vegliardi imponenti, risparmiati dalla cura della gente, protetti all’interno dei campi o dei parchi. Ecco allora alcune utili indicazioni per raggiungere i più belli e i più antichi alberi ancor oggi visibili nel Trevigiano.

I più vecchi alberi della Marca Trevigiana

Primeggia di certo il bel Castagner di S. Giusto (Fregona) che ha mezzo millennio e si trova sulle Prealpi Trevigiane, in via S. Giusto a Nastego di Fregona. Impossibile imbattersi in esso senza qualcuno che ve lo indichi. Il castagno infatti cresce ai bordi di una piccola scarpata in mezzo ai campi coltivati, che danno su di una vallata dove purtroppo il paesaggio è rovinato da alcuni edifici industriali. Il castagno non sembra avvedersene: da 500 anni è lì, poco lontano da una abitazione e osserva il lento trascorrer del tempo degli uomini. E’ in buone condizioni e ha una circonferenza di 7.43 metri.
Il nostro viaggio continua con il Rovere della Madonna della Rocca di Cornuda, bellissimo esemplare di quercus petraea che si aggetta sul percorso che conduce alla chiesetta omonima sulla cima della Rocca di Cornuda. Ha di poco più di 150-200 anni, ma ne dimostra molti di più per la sua strana e contorta posizione che la fa assomigliare a un robusto pachiderma che protende la proboscide sui passanti. E’ un albero maestoso, tuttora in discrete condizioni. Su di esso vi è anche una leggenda: secondo la tradizione religiosa la Madonna sarebbe apparsa a un pastore seduta sulle radici dell’albero. Alla base del fusto ancor oggi vengono posti dei vasi di fiore accanto a un’edicola dedicata alla Madonna.
Imperdibili infine i Cedri del Libano e dell’Atlante a Villa Franchetti (Preganziol) di 150 anni circa. I due alberi sono siti nel parco della Villa Franchetti, che qualche secolo fa ospitò il Pindemonte e Ugo Foscolo, che qui compose “I Sepolcri“. Gli alberi si segnalano per il loro elevato valore paesaggistico, mentre la maestosità delle piante e della villa si completano a vicenda. Il più grande dei due è visibile anche percorrendo la SS Pontebbana, all’altezza dell’incrocio che porta a S. Trovaso di Preganziol.
Merita una visita anche il Fagher di Borri a Valdobbiadene, di quasi 300 anni. Per arrivarci bisogna percorrere alcuni sentieri facili in mezzo alle Pianezze. Il Faggio cresce lungo la mulattiera che va proprio da Pianezze a case Borri. E’ un fusto eretto e possente con ampia chioma con tantissime branche. Ma la zona merita una visita non solo per il paesaggio che si colora di moltissime sfumature soprattutto con l’autunno, ma anche perché qui si trova una vera e propria ‘miniera di Grandi Alberi’ di cui il Fagher di Borri è uno dei migliori esemplari.

Altri alberi da vedere: se l’itinerario alla ricerca dei più begli alberi trevigiani vi è piaciuto, vi consigliamo di continuare l’itinerario andando a salutare la Quercia di S. Antonio (Volpago) di 200-250 anni, il Grande Fagher (faggio) di Endimione a Valdobbiadene che seppur mortalmente mutilato ha circa 500 anni, il Pino del Canova di 210 anni piantato da Antonio Canova nel parco della Gipsoteca di Possagno, i Cipressi della Via Crucis a Possagno e quelli dell’Albergo ai Pini (Tarzo) di 400 anni, i Sette Pini a Conegliano di circa 500 anni, il Morer secolare dell’Osteria a Fontane di Villorba e infine l’Olivo di Papa Lucani a Ceneda (Vittorio Veneto) di circa 200 anni. In Provincia di Treviso uno studio condotto dalla Regione Veneto e dal Wwf ha censito almeno 200 alberi secolari, ma uno sguardo attento al paesaggio saprà scorgerne, tra una casa, una collina e una fabbrica molti molti di più. Occhi aperti dunque…

Paola Fantin