Nel 1558 viene pubblicato per la prima volta, e postumo, il Galateo di Giovanni Della Casa. Tradotto nelle principali lingue, conquista rapidamente l’Europa tanto che il suo titolo, nella lingua italiana, viene ad indicare per antonomasia il codice di norme che regola le relazioni sociali.

La diffusione delle raccomandazioni comportamentali che esso contiene fu nettamente superiore alla reale conoscenza diretta del testo e, negli anni, fu gradualmente sottoposto alla concorrenza di trattati più aggiornati che tuttavia risultano fortemente debitori nei suoi confronti.

L’interesse attuale per il saggio è perlopiù rivolto all’aspetto letterario e al significato che l’opera ha avuto nella storia della letteratura poiché i suoi insegnamenti dovrebbero essere diventati parte della comune educazione. Tuttavia, prescindendo dai palesi accenni a mode e consuetudini del XVI secolo, il Galateo di Della Casa esprime una verità che trascende il tempo in cui venne scritto e cioè il riconoscimento degli obblighi sui quali si fonda la vita associata; più che a una figura ideale di gentiluomo, l’autore aveva badato a delineare il ritratto di un uomo onesto, il cui esterno equilibrio rispondesse a un’armonia interiore, in quanto, nella concezione del Galateo, era implicito e molto importante anche un ideale estetico.

L’opera accenna, in alcuni passi, anche ai modi di comportarsi a tavola e vi sono anche alcune regole da seguire, più o meno attuali, riguardo al bere e al vino. Innanzitutto l’autore indica come comportamento sconveniente l’annusare, a tavola, il vino o il cibo che altri devono bere o mangiare e viceversa porgere ad altri quello che si è bevuto o mangiato a meno che non si tratti dei familiari con cui si abita. Oggi sono regole date per scontate (ma probabilmente un tempo non lo erano) l’evitare di sciacquarsi la bocca con il vino e poi sputarlo e l’evitare di “fare atto alcuno, per lo quale altri mostri, che gli sia grandemente piaciuta la vivanda o ‘l vino“, che si ritrovano più avanti nel trattato.

Il Della Casa poi condanna l’intemperanza nel bere poiché “né crederò io mai, che la temperanza si debba apprendere da sì fatto maestro quale è il vino o l’ebrezza“. L’invitare a bere o fare brindisi è altrettanto biasimevole secondo l’autore, che ne condanna l’usanza presso i popoli stranieri e altrettanto fa con i costumi dell’antica Grecia in proposito. Consiglia quindi di non invitare al brindisi ma, qualora si fosse invitati da altri, si dovrà non accettare l’invito assaggiando solo il vino per cortesia.

Quanto al non esagerare nel bere, tutti i moderni galatei sono d’accordo, ma rispetto al Galateo di Della Casa i nuovi codici comportamentali trattano la materia “vino” con una certo più ovvia modernità, da una parte introducendo le regole sul loro servizio a tavola e sui modi a cui devono attenersi i commensali nel bere, dall’altro parlando del brindisi in modo nettamente opposto rispetto al saggio del 1558.

IL VINO NEL GALATEO MODERNO

In occasione di pranzi o cene private la disposizione dei bicchieri può essere informale e prevedere l’utilizzo di due soli bicchieri: uno piccolo per il vino, l’altro più grande per l’acqua. In occasioni ufficiali invece i bicchieri vanno posti alla destra del piatto davanti al coltello, da sinistra verso destra partendo da quello dell’acqua andando poi a scalare con i bicchieri da vino dal più grande al più piccolo. Non vanno mai usati bicchieri di carta. Ad ogni cambio del tipo di vino va sostituito il bicchiere, anche nel caso di vino dello stesso colore.

La quantità di vino da servire nel bicchiere non deve superare i tre quarti della capacità del bicchiere stesso. Il vino va servito stando alla destra del commensale, la bottiglia inoltre va impugnata all’altezza dell’etichetta in modo che questa sia visibile al commensale stesso. Tutti i vini devono restare sulla tavola, o su un tavolino di servizio, fino al termine del pranzo così come i bicchieri, che vanno lasciati sulla tavola anche dopo aver sparecchiato.

Durante il pranzo sarà il personale di servizio a provvedere al riempimento dei bicchieri vuoti, un semplice gesto della mano da parte del commensale è sufficiente per indicare che non si desidera altro vino. L’acqua è la sola bevanda che si può richiedere qualora venisse a mancare ed è anche l’unica della quale ci si può servire da soli.

È maleducazione ovviamente bere quando si ha ancora il boccone in bocca; prima di bere ci si pulisce la bocca con il tovagliolo e si ripete la stessa operazione anche dopo aver posato il bicchiere. Il bicchiere va tenuto per lo stelo o alla base dello stelo stesso con pollice e indice senza alzare il mignolo e il bicchiere va avvicinato alla bocca, non viceversa. Vino e acqua non si miscelano.

Dovrebbe essere il padrone di casa a scegliere i vini con debito anticipo, egli dovrebbe anche stappare le bottiglie e provvedere per tempo all’assaggio direttamente o rivolgendosi a una persona competente. Qui come in altri punti che si vedranno in seguito, il galateo non è sempre il linea con le regole dettate invece dall’enologia e dalla pratica di degustazione. Lo stappare i vini qualche ora prima che gli stessi vengano consumati va bene per quei vini, solitamente rossi, che, essendo di buon corpo e/o avendo subito un certo invecchiamento, necessitano e talvolta esigono una decantazione; questi verranno quindi serviti a tavola in opportuni decanter. I vini che invece devono essere serviti a temperature fresche, vanno messi in tavola nel momento in cui li si beve pena una temperatura di servizio poco adeguata alla loro degustazione e quindi vanno anche stappati in quel momento.

Alcuni moderni galatei recitano anche che i vini pregiati debbano essere serviti dalla loro bottiglia mentre quelli comuni dalla caraffa, cosa discutibile per i motivi di cui sopra; dicono inoltre che sia cosa molto chic servire gli spumanti dalla caraffa. Se si utilizza la flûte per servire lo spumante è per un motivo molto semplice e non estetico e cioè per meglio osservare il perlage ed anche perché lo spumante non va fatto roteare nel bicchiere come si fa ad esempio per i vini rossi, pena la parziale sgasatura dello stesso; il travasare uno spumante in caraffa procurerebbe lo stesso inconveniente quindi, sarà anche chic, ma è un vezzo inutile che va contro le buone regole di degustazione.

Per quanto riguarda gli abbinamenti anche qui le parole si sprecano. Credo sia meglio, anche in questo ambito, seguire le regole dettate da un libro di enologia o di degustazione piuttosto che da un galateo, poiché il primo è sicuramente più competente.

Gli astemi non vanno emarginati o derisi, vanno offerte loro bevande alternative e non bisogna recriminare quella che può sembrare una loro orribile carenza, bisogna quindi evitare di rivolgersi loro continuamente per esaltare il proprio vino vantandolo. In ogni caso, dal brindisi in onore di qualcuno anche gli astemi non possono astenersi, si limiteranno a sfiorare il bicchiere con le labbra in gesto simbolico.

Nei pranzi ufficiali, per il brindisi tutti si devono alzare in piedi, mentre nei pranzi privati, se il numero dei convitati è inferiore a venti, è possibile rimanere seduti, in ogni caso gli ospiti si adeguano ai segnali che partono dall’anfitrione.

I bicchieri non vanno fatti toccare uno con l’altro: si alza il bicchiere fissando la persona a cui si brinda, quindi lo si abbassa, si beve qualche sorso sempre guardando quella persona, infine si posa il bicchiere al suo posto. Nel caso di una festa di famiglia, il brindisi può anche essere proposto da un’ospite purché rivolto alla persona festeggiata.

Infine anche l’uva, materia prima dalla quale si giunge al vino, è oggetto delle regole del galateo quando portata in tavola con l’altra frutta a fine pasto. È bene presentare in tavola l’uva già ridotta a piccoli grappoli risparmiando così ai commensali difficili operazioni di divisione. Va mangiata con le mani e i semi si sputano nella mano chiusa a cartoccio, opportunamente avvicinata alla bocca, e poi depositati nel piatto. Infine si sciacquano le mani nella coppa lavadita che va sempre presentata a tavola al momento della frutta.