Tra le diverse varietà di moscati presenti sul territorio italiano, nella provincia di Bergamo e più precisamente nella ristretta zona collinare del comune di Scanzorosciate, viene coltivato il Moscato di Scanzo. Vitigno di origine ellenica, probabilmente giunse sui colli bergamaschi grazie ai primi legionari romani che ripagati con i terreni conquistati ai Galli, si insediarono in queste zone portando innovazioni colturali e tecniche.

Da questo eccellente vitigno si ottiene un vino rosso passito da sempre considerato un prezioso dono della natura.
I primi documenti storicamente databili che parlano di questo vino risalgono al 1372. In un carteggio del vescovo feudatario della Tribulina di Scanzo si argomentava della quantità di “moscatello” che due mezzadri avrebbero dovuto fornire al feudatario. I territori di Scanzo e Rosciate erano contrapposti politicamente e sovente oggetto di assalti della fazione opposta e come ci riferiscono i documenti dell’epoca in queste occasioni ambito trofeo erano le botti di moscatello. Scrive Donato Calvi nelle sue “Effemeridi“: “L’anno 1398 la parte guelfa portandosi via 42 carra di moscatello rosso di Scanzo…“.

Tra il ‘600 e il ‘700 questo vino passito ebbe grande fortuna. Apprezzato da Parigi a Buenos Aires, arrivò fino alle tavole degli zar di tutte le Russie grazie al famoso architetto Giacomo Quarenghi che lavorava alla corte della zarina Caterina. Nel ‘700 veniva addirittura quotato, come unico vino d’Italia, alla Borsa di Londra per una ghinea d’oro alla botticella.

Per secoli confuso con l’Aleatico e la Negrara trentina, il vitigno viene citato alla fine del ‘700 dal Tomini Foresti col nome di Moscatella, nella stessa epoca da Cristoforo Baioni viene già chiamato Moscato di Scanzo e nel 1800 da Vincenzo Ferrario e da Antonio Gasparini viene chiamato semplicemente Moscato.

Nel corso del XX secolo, in seguito alla crisi post-fillosserica, la coltivazione del Moscato di Scanzo si ridusse enormemente e negli anni ’70 si rischiò l’estinzione della varietà. Grazie ad alcuni produttori però, a partire dagli anni ’80 , ne venne incentivata la produzione (che prima di allora era presente solo a livello amatoriale) anche attraverso un lavoro di selezione clonale che ha portato all’iscrizione del vitigno nel Registro delle varietà di viti da vino. Il passo successivo fu il riconoscimento della denominazione di origine controllata per il vino che se ne ottiene. Essa arrivò solo nel 1993 come sottozona del Valcalepio Moscato Passito DOC mentre solo nel 2002 arriva il riconoscimento come Moscato di Scanzo o Scanzo DOC. Attualmente con questo vitigno si possono produrre due DOC e cioè le citate Moscato di Scanzo DOC e il Valcalepio Moscato Passito DOC costituiti entrambi da 100% Moscato di Scanzo, e due IGT: Bergamasca Moscato Amabile e Bergamasca Moscato.

La pianta ha foglia media pentalobata, grappolo medio alato e spargolo, acino ovale di grandezza media di colore nero-blu ricoperto di abbondante pruina. Predilige terreni collinari asciutti e ben esposti e raggiunge i migliori risultati qualitativi quando viene coltivato su una particolare conformazione rocciosa denominata localmente “sas dè Luna“.

La produzione del vino Moscato di Scanzo DOC è possibile solo nelle annate che presentano le condizioni climatiche adeguate. Dopo un’accurata cernita, l’uva viene fatta appassire per almeno 21 giorni su telai alloggiati in locali asciutti e areati. La vinificazione procede con una leggera di raspatura e conseguente pigiatura dei grappoli. Seguono breve macerazione e fermentazione alcolica. L’invecchiamento deve durare almeno due anni. Il vino ottenuto ha colore rosso rubino con riflessi aranciati, all’olfatto presenta profumi intensi di rosa appassita, frutti di bosco maturi, miele, cannella e liquirizia. Ha sapore dolce, vellutato, caldo, morbido. Si beve da solo a fine pasto come vino da meditazione oppure accompagnato da pasticceria secca (biscotti di Clusone, biscotti di San Pellegrino volendo prediligere i prodotti tipici locali) o formaggio erborinati e/o piccanti (Strachitunt di Vedeseta, Formai de Mut).