Berlino- Porta di Brandeburgo
Berlino- Porta di Brandeburgo
Berlino
Berlino Colonna della Vittoria
Berlino Colonna della Vittoria
Wurzburg Altemainbrucke
Wurzburg Altemainbrucke
Rothenburg-ob-der-Tauber
Rothenburg-ob-der-Tauber
Fussen Castello Neuschwanstei
Fussen Castello Neuschwanstei
Fussen Castello Neuschwanstei
Monaco - Neues Rathaus

…Il programma “ufficiale” prevede giro in Baviera ma a me i piccoli paesi, magari montani, mi annoiano…..meglio la grande città. In meno di tre ore siamo a Salisburgo, poco dopo attraversiamo il “confine che non c’è più” con la Germania, direzione Monaco. È domenica, i camion non circolano neanche qui ma c’è comunque molto traffico, specie nel senso opposto. Stiamo arrivando a Monaco, ci dovremmo fermare due giorni ma… <>. Momento di silenzio… <>… <<allora?>>. Non se l’aspettava, attimo di smarrimento e… <>.
Mi aggrappo al volante per tirarmi su dal sedile nel quale ero sprofondato, busto e testa in avanti quasi a voler fendere l’aria ed essere più aerodinamico per arrivare prima, leggera pressione sull’acceleratore, lenta ma inesorabile per non spaventare la piccina.

La gentile e premurosa mamma di Paola ci ha preparato qualcosa per il viaggio, anche se in realtà doveva essere breve… almeno così pensava lei. Fettine di pollo impanate con una dose industriale di limone sopra che mi fa strizzare gli occhi, uva al sapor cavolo-cappuccio (crauto)… <>. Ridiamo per l’uva, Paola non si spiega come sia possibile…..apriamo la coca-cola? E se esplode??!! A9, sulla cartina c’è scritto A9, l’autostrada che collega Monaco a Berlino, le due città più grandi di questa terra, patria di Goethe, Schopenauer, Rummenigge e le Strumtruppen! Sarà una grande e scorrevole autostrada, degna del genio e della praticità teutonica, una veloce via verso la capitale.
Veloce un paio di balle!!!! Siamo poco oltre Monaco e siamo già fermi!!! Dei classici sport nazionali, calcio e bevute di birra, non conoscevo il terzo: “zigzagare da un senso di marcia all’altro per evitare pericolosi lavori in corso ed effettuare piccole e malefiche frenate, tanto per non addormentarsi”.

Grande direttrice un paio di balle, sono 14 anni che è crollato il muro, e non hanno ancora fatto la terza corsia dell’autostrada che collega Monaco a Berlino!!! Questa proprio non me l’aspettavo, dai tedeschi poi!!! L’ottanta per cento delle macchine sono BMW, Mercedes, Audi e Volkswagen: Passat o Golf. Qualche Toyota, Opel, Ford… tutte macchine prodotte sul “santo suolo teutonico”. Noi viaggiamo in Polo, Volkswagen sì, per dare meno nell’occhio, ma quella dei “poveri”, almeno a giudicare dall’enorme quantità di macchine di grossa cilindrata. Una Bravo targata Monaco, probabilmente di proprietà di qualche nostalgico emigrante, ed una caterva di roulotte di marca “X” completano la fauna che popola questa giungla d’asfalto diretta a nord. Tra una zigzagata e l’altra, tra una frenata e l’altra, tra un incolonnamento e l’altro siamo finalmente a Berlino. Guardo l’orologio che segna le 18:45, un quarto d’ora prima del previsto… la lenta ma inesorabile pressione sull’acceleratore ha dato i suoi frutti.

Cerchiamo un ufficio turistico per prenotare l’hotel: CHIUSO! I tedeschi sono puntuali, c’è scritto 18:30 e alle 18:31 sono tutti fuori; ci toccherà cercare un hotel per conto nostro.
A Berlino si gira tranquillamente in macchina, almeno in questo periodo, saliamo sulla Polo bianca e facciamo un giro alla ricerca di un hotel. Finiamo in Potsdamer Strasse, Hotel Villa Amadeus… entriamo e alla reception ci accoglie un omino piccolo e scuro… questo non è tedesco, penso tra me e me. <>… come sarebbero??? Se sono, sono!! Ci chiede di pagare prima – non si fida di noi? – e pure in contanti… ma come ho la carta di credito della Lufthansa…tedesca….e non l’accetti?? Il motivo ce lo spiegherà i giorni seguenti un italiano che gestisce un hotel nella cittadina di Wurburg. Io ne sono rimasto “sconvolto”, lo rivelerò in seguito.
Paghiamo e con la nostra ricevutina saliamo in camera; non c’è ascensore ma almeno siamo al secondo piano. La stanza è grande e pulita anche se visto il corridoio abbiamo temuto il peggio… credevamo di essere finiti al di là del muro e indietro di una quindicina d’anni. Guardando sulla cartina l’hotel è sempre stato nella parte ovest, ma se si fosse spostato dalla parte est durante la notte nessuno se ne sarebbe accorto!!!
Saliamo nuovamente in macchina e ci dirigiamo in Postdamer Platz, il centro della vita berlinese, almeno stando alla guida. Rapida passeggiata sotto l’enorme “tendone” che protegge la piazza dalle intemperie ed a piedi andiamo fin sotto la Porta di Brandeburgo… la immaginavo più grande, vederla alla TV dietro le spalle di Carmen Lasorella fa un altro effetto. A sinistra il Reichstag (il Parlamento Imperiale) con la sua cupola di vetro, ci dev’essere proprio una bella vista da lassù.

Cerchiamo un posto dove mangiare, siamo finiti in una zona non troppo frequentata e di gasthaus neanche l’ombra. Pergamon Bistro… eccolo… affamati lo raggiungiamo, è un bistrò turco, fanno il kebap….buonoooo!!!! Passeggiamo tranquillamente lungo la Unter den Linden ed incappiamo nella Berliner Gauklerfest, una simpatica e movimentata festa all’aperto. Ci sono numerosi stand gastronomici, birra a volontà, musica e bancarelle con artigianato locale.

12 agosto 2003
Sveglia presto… guardo fuori della finestra… bene, siamo ancora nel 2003 e il muro non c’è! I timori della notte non si sono avverati. Porta di Brandeburgo di giorno, passeggiata lungo la Unter den Linden che una volta si trovava interamente ad est ed ora ospita numerose ambasciate. Entriamo al Berlin Dom, duomo della città, alla ricerca di un po’ di fresco. Il sole picchia come in Italia anche se all’ombra si sta bene, non c’è l’afa che si trova dalle nostre parti. Saliamo sulla cupola con la speranza di avere una bella vista sulla città, purtroppo la vista è verso l’interno del duomo e non verso l’esterno! Scendiamo per le ripide e caldissime scale e respiriamo nuovamente una volta terminata la discesa.
È ora di pranzo, un leggero languorino fa conversazione con il mio stomaco, entrambi mi avvertono che è meglio trovare un posto dove mangiare, il primo di una lunga serie che mi farà “recuperare” 3 chili in sei giorni. Ci sediamo agli ombreggiati tavolini all’aperto di una caratteristica gasthaus nella zona della Chiesa di San Nicola. È tutto scritto in tedesco e noi il tedesco non lo parliamo eccetto alcune parole necessarie alla nostra sopravvivenza. Chiediamo alla cameriera di consigliarci qualcosa di caratteristico. A me arriva del maiale bollito, compreso di cotica, con dei crauti e della purea di fagioli: LEGGERO!!! Tutto buonissimo, però!!
Altra sgroppata fino al Check Point Charlie, l’unico punto che collegava l’est all’ovest ed attraverso il quale si poteva attraversare il muro senza ricevere una fucilata. Da una parte i “buoni”, dall’altra i “cattivi”… ma da quale parte??

Gerdarmen-Markt, la più bella piazza di Berlino, sempre stando alla guida, deve il nome per aver ospitato tra il 1736 e il 1782 le scuderie del reggimento; su un lato il Duomo Francese che ora ospita il Museo degli Ugonotti, non c’è fresco neanche là dentro!!
Un’ infinita camminata che sembra tanto la marcia degli alpini di ritorno dalla Russia ci riporta in hotel, esausti: domani gireremo in macchina e limiteremo i tratti a piedi al limite indispensabile.
Città grande: grandi opportunità. Vediamo se trovo sulle pagine gialle qualche ristorante esotico… c’è l’imbarazzo della scelta. Optiamo per la cucina cambogiana, a dicembre andremo da quelle parti e vogliamo fare un assaggio, adesso. Tre sono i ristoranti: Angkor Wat, Bayon e Angkor. Finiamo nel terzo dopo aver provato con il primo che però era chiuso per lavori. Si trova in una zona residenziale molto tranquilla nella parte ovest della città, oltre il Tiergarten. Il cameriere è simpatico, il menù è scritto tutto in tedesco e cambogiano… lingue entrambe a noi incomprensibili. Ci facciamo consigliare e facciamo benissimo: ci servono delle pietanze eccezionali… Ringraziamo il cameriere per il consiglio e gli confidiamo che a dicembre andremo in Cambogia. Ci avverte che in quel periodo sarà a Phnom Penh, ci scrive il suo numero di telefono, ci dice di chiamarlo.
Si chiama Dany Holc, ha trentasette anni ed è venuto in Germania grazie ad una borsa di studio sovvenzionata dall’università di Berlino Est nel 1988. Un anno dopo è crollato il muro, lui straniero in un paese straniero non ci ha capito granché. Ha perso la borsa di studio perché il governo della Germania Democratica è svanito nel nulla, adesso fa il cameriere qui all’Angkor e ha così evitato di dover tornare nel suo poverissimo Paese. Ritornando a trovare i genitori ha conosciuto quella che poi è diventata sua moglie, adesso si trova a Phnom Penh – non ho capito se solo adesso o da sempre – sta per partorire, lui spera che sia un bambino, lo aspettano per novembre. Prima del parto raggiungerà sua moglie, a gennaio ritorneranno tutti e tre a Berlino.

È felicissimo di poter portare la sua famiglia in Germania, lontano dalla miseria che attanaglia la Cambogia, e siamo felici noi di averlo conosciuto. Gli promettiamo che non appena sbarcheremo a Phnom Penh lo chiameremo; gli fa piacere che degli “amici” occidentali lo vadano a trovare, forse è orgoglioso di presentare degli europei alla sua famiglia. Dall’antipasto al dolce è tutto buonissimo, ma la cosa più bella e strana è aver conosciuto questo simpatico e minuto cambogiano che, se Buddha vuole, avremo l’occasione di rincontrare tra qualche mese.

13 agosto 2003
Siamo qui a Berlino anche per riposarci, non abbiamo intenzione di stancarci troppo correndo da tutte le parti per vedere le innumerevoli cose che offre la città. Estendiamo ancora per una notte la nostra permanenza in hotel, ci tocca pagare nuovamente in contanti… <>. Continuo a non capire – lo capiremo a Wurzburg – <<perché, esistono stanze da 85 euro?>>.
Saliamo in cima alla Colonna della Vittoria, la Siegessaule, come fa Bono nel video di “Stay”. Non canto, sono stonato; possiamo comunque ammirare una bella vista delle città da un’altezza di 67 metri. Entriamo al Pergamon Muzeum, questa volta non per cercare riparo dal sole ma per vedere le collezioni esposte che, stando alla guida, sono di gran pregio: vi si trovano esempi di arte islamica, romana, greca. Trascorriamo alcune ore all’interno, ammirando le opere d’arte che i tedeschi hanno rubato durante le varie occupazioni, così come hanno fatto francesi ed inglesi… noi italiani i più sfigati di tutti!

Facciamo un giro per quella che una volta era la zona più povera della città, fino ad Alexander Platz, bruttina. Anche se i grandi ed anonimi palazzoni ci sono ancora la vita che si vede per le strade non sembra neanche lontana parente di quella che, immagino, si poteva notare quando la città era divisa. Ritorniamo all’Angkor pur sapendo che per Dany oggi è il turno di riposo, il cibo era troppo buono e noi adoriamo la cucina asiatica. Cena impeccabile, come la sera prima, anche se ci manca il nostro amico cambogiano… sigh. Il ristorante è di proprietà della stessa persona che possiede anche l’Angkor Wat (il ristorante!!!) e l’hotel Bopha Angkor a Siem Reap, hotel che avevo già inserito tra quelli che probabilmente ci ospiteranno durante il nostro viaggio.
Al tavolo accanto al nostro siede un gruppetto di studenti americani, stanno discutendo di Asia e di popoli asiatici. I loro discorsi mi fanno venire in mente le parole di Francois Bizot a proposito degli americani incontrati in Cambogia: “sincerità da bravi bambini che confinava nell’imbecillità… mossi da cliché sull’Asia degni delle guide turistiche più sommarie”- ne “Il Cancello”. Si adattano benissimo ai nostri vicini di tavolo!

12 agosto 2003
Partiamo da Berlino, direzione Baviera, ma prima ci fermeremo a Potsdam, cittadina scelta dalla corte prussiana come residenza estiva. L’immenso Parco di Sanssouci ospita l’omonimo Castello, edificio rococò ad un piano con cupola, considerato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ed è un bel luogo dove trascorrere questa calda mattinata estiva.
Proseguiamo poi verso la cittadina di Wurzburg, dove finisce o inizia, a seconda dei casi, la Romantische Strasse. Questa volta arriviamo in tempo, l’ufficio informazioni è ancora aperto e ci prenota una stanza in un hotel nel centro storico. Fa caldo, tanto caldo… non me lo aspettavo… facciamo una passeggiata per il centro: l’Alte Mainbrucke, il Duomo, l’Altes Rathaus, la Cappella di Santa Maria. Fa caldo, tanto caldo… ci sediamo ai tavolini di un’antica trattoria ed ordiniamo una bel boccale di birra e del buon cibo… fa caldo, molto più caldo. Anche per i tedeschi questa è stata un’estate strana, le temperature sono state sempre molto elevate, molti hanno disdetto le vacanze in montagna perché fa caldo anche in quota.

14 agosto 2003
A colazione facciamo conoscenza con il padrone dell’hotel, è un italiano emigrato in Germania più di quarant’anni fa. Abbiamo modo di parlare un po’ con lui, ci spiega non senza qualche riluttanza il motivo per cui troviamo una certa difficoltà a farci accettare la carta di credito. Adducendo alte commissioni (3 per cento, come in Italia, se non sbaglio) ma poi arrivando al nocciolo della questione ci confida che albergatori e ristoratori preferiscono i contanti perché non lasciano “traccia”… Cosaa??? Anche i tedeschi fanno il “nero”… non ci posso credere!!! Se si passa attraverso l’ufficio informazione la presenza dell’ospite è ormai registrata, non c’è motivo di rifiutare la carta di credito. Se però si va direttamente in hotel senza passare per le agenzie si può, pagando in contanti, ottenere uno sconto. Dopo la A9 Monaco-Berlino… questa cosa mi “taglia le gambe”… ed io che pensavo che i tedeschi fossero precisi, efficienti e rispettosi delle leggi…ahiahiahiahi!!!!!
<<C’è crisi, anche in Germania c’è crisi, stiamo ancora pagando la Riunificazione, se ne potevano stare dall’altra parte quelli là!>>. <>. Ed ecco giungere la risposta di circostanza, quasi fosse un ministro del governo Schroeder, <<no, no, i tedeschi sono contenti, è solo che c’è crisi ed il Cancelliere non riesce a porre rimedio>>. Basta chiedere a Berlusconi, lui si che sa!!!!
A proposito del Berluskaiser… <>. <<Qualcuno, quelli pignoli, hanno disdetto le ferie in Italia… la maggior parte però non ha dato troppa importanza alle parole di Berlusconi… in Italia trovano gente amica e simpatica e questo basta>>. Si, si… italiani-tedeschi… una faccia, una razza!!!

Salutiamo il simpatico friulano, anche lui viene dalle nostre parti, e raggiungiamo a piedi la Residenz, l’antica residenza dei vescovi-principi. Gravemente danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale è stata completamente restaurata ed ora trova posto nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità. Al suo interno si trovano una scalinata monumentale con un affresco del Tiepolo, la Sala Imperiale riccamente decorata e la Sala Bianca ornata da stucchi rococò.
Lasciamo Wurzburg alla volta dell’antica (XII secolo) e carinissima cittadina medievale di Rothenburg ob der Tauber. Visitiamo il borgo, le caratteristiche case, la piazza, la chiesa. Pare di stare a casa di Asterix e Obelix. Pranziamo con il miglior kebap di tutta la Germania e comperiamo due bibite in un negozio di alimentari gestito da un turco. Ci chiede la cauzione per la bottiglietta di plastica e la lattina, ma questo è un ladro, nel vero senso della parola!!!! Pur di non lasciargli la cauzione della lattina mi scolo la coca tutta d’un fiato, Paola si fa restituire parte dei soldi… sembra contrariato!!!! Se lo sa la Coca Cola Company…

Risaliamo in macchina per raggiungere Fussen con i suoi castelli da fiaba. Luogo da cui parte la Romantische Strasse, Fussen è famosa per i castelli “da favola” che sorgono nei dintorni: Walt Disney si ispirò ad uno di questi, mi sembra per il castello di Cenerentola, o era la Bella Addormentata nel bosco. Visitiamo il Castello Neuschwanstein ed osserviamo da lontano quello di Hohenschwangau. La vista del primo dal ponte Marienbrucke e dalla montagna vicina è notevole, come pure il vento che tira forte e ci costringe ad indossare una maglia con le maniche lunghe. Il posto è pieno di italiani e di giapponesi, segno che questo è un luogo veramente turistico.
La sera siamo a Monaco, alloggiamo in uno splendido e piccolo hotel immerso nel verde. Ceniamo vietnamita e thailandese…..è troppo forte, non resisto…..

15 agosto 2003
Andiamo al Campo di concentramento di Dachau, vogliamo vedere con i nostri occhi cosa quel pazzo di Hitler ed i suoi “discepoli” sono stati in grado di fare. All’entrata del parcheggio troviamo un anziano custode il quale – visto come ci tratta per aver involontariamente tentato di entrare senza pagare non avendo visto la sua “torretta di sentinella” immersa nel verde – credo abbia lavorato all’interno del campo durante le epurazioni volute dal regime nazista. La scortesia di quest’uomo mi fa innervosire, vorrei rispondergli per le rime ma Paola mi calma. Con tutto quello che è successo in questo luogo non vale la pena scaldarsi per così poco.
Prendiamo due audioguide e vistiamo attentamente il campo.

Delle decine e decine di baracche, che in certi periodi contenevano fino a duemila uomini pur essendo progettate per duecento, sono state ricostruite, perché demolite dagli alleati, soltanto due. I prigionieri erano disposti nelle baracche seguendo un certo ordine gerarchico; nelle prime dormivano i prigionieri politici, a seguire i prigionieri delle potenze alleate, infine coloro che “valevano” meno: polacchi, russi, ebrei, testimoni di Geova, omosessuali e dopo l’Armistizio, in quanto “traditori”, gli italiani.
La cosa più sconvolgente è che su molti prigionieri vennero fatti degli esperimenti, tanto orribili che non sto qui a dirli; molti non sopravvissero alle torture e morirono. Molti altri morirono, solo perché così era stato deciso dalla logica nazista. Si conta che circa 30.000 persone perirono a Dachau.

Entriamo pure nella camera a gas mimetizzata da sala doccia, prima di questa una stanza dove spogliarsi e lasciare i propri indumenti che venivano sterilizzati e poi dati ai nuovi arrivati, dopo di questa una stanza nella quale venivano accatastati i corpi legnosi in attesa di essere arsi nella stanza successiva, quella dei forni crematori. Il tutto fatto con estrema scientificità ed ordine, ed è questa la sensazione che ci trasmette il campo.

All’entrata l’orrenda scritta “arbeit macht frei”, “il lavoro rende liberi” che sapeva tanto di presa in giro per coloro che ebbero la sventura di varcare quella soglia. Di fronte il piazzale dell’adunata, dal lato opposto a quello delle baracche si erge il quartier generale delle truppe addette alla sorveglianza ed allo sterminio dei prigionieri. Al suo interno un museo con innumerevoli foto e testimonianze di cosa fu il campo, tra queste un filmato originale girato dagli americani il giorno il cui entrarono a Dachau. Ciò che vediamo non ci sembra vero, pare di assistere ad un film, non può esser successo ciò che vediamo con i nostri occhi.

Incomincia a piovere, quasi che la pioggia voglia toglierci di dosso la tristezza che ci ha accompagnato durante la visita.
Ce ne andiamo a Monaco, piove a dirotto, decidiamo così di fare un rapido giro per la città, tanto si trova a sole 4 ore da casa nostra ed avremo sicuramente occasione di rivederla di nuovo. Marien Platz con il municipio – il Neues Rathaus – è il centro della città, a pochi passi la Hofbrauhaus, la più antica birreria di Monaco. Sarà pure un luogo ormai prettamente turistico ma non si può non visitarla, magari assaggiando qualcosa e bevendo un bel boccale di birra.

Adoro la Leberknodelsuppe, la zuppa con il gnocco di pane e fegato, e così la ordino, oltre a qualcos’altro, tanto per raggiungere i tre chili in sei giorni. Non credo ai miei occhi e come prova Paola mi scatta una fotografia; normalmente la quantità di questa zuppa è modesta, una piccola tazzina con un altrettanto piccolo knodel. Qui hanno esagerato, la tazza sembra la ciotola del cane e il knodel di pane e fegato il pallone che useranno ai prossimi mondiali in Germania!!!! Birra da litro, per lenire la sete che un enorme pretzel ci procura, e due ottimi secondi completano il nostro pranzo. Se riesco ad alzarmi tentiamo di tornare a casa, l’orchestrina bavarese suona a più non posso ed un indescrivibile vociare vibra nell’aria.
C’è pure la cameriera cinese (!!) che passa tra i tavoli vendendo i pretzel… sorrido, non mi pare molto “caratteristica”.

Fuori piove, si va a casa, non vale la pena girare con questo tempo. Durante il ritorno un interminabile pioggia ci accompagna per tutto il tragitto… no, non per tutto il viaggio, la pioggia si ferma a 30 chilometri da casa nostra… là splende il sole e ci sono gli stessi gradi che abbiamo lasciato quando siamo partiti…