Immaginare di andare – sulle orme di Giotto, dei suoi precursori, dei suoi allievi, dei suoi aiuti e dei suoi seguaci – in luoghi celeberrimi ma anche in quelli un po’ nascosti e perfino segreti ai più, dove l’arte è legata in maniera identitaria alla natura, ai suoi prodotti e al paesaggio che tutto comprende, percorrendo quel reticolo di vie fiancheggiate da lunghi filari di viti e omaggiate dall’incombente presenza di ulivi maestosi, che attraversano in lungo e largo l’Umbria.

Non è un sogno, ma un’occasione assolutamente da non perdere, sia per l’eccezionale personalità dell’artista fiorentino che per l’ambiente straordinario in cui egli operò e che, per una buona parte, non ha subito sensibili cambiamenti. È ben nota l’esperienza di Giotto di Bondone nelle varie regioni d’Italia, tanto che il suo linguaggio espressivo divenne ben presto linguaggio comune al pari dell’italiano di Dante. Così come è incontestabile – nell’ambito dell’attività dell’artista-simbolo dell’intero Medioevo i cui effetti stilistici e tematici saranno alla base, di lì a meno di un secolo, delle opere dei grandi maestri del Rinascimento e il cui influsso si estese a tutte le sfere dell’arte – la svolta impressa dal suo genio alle tradizioni e alle scuole pittoriche dei luoghi dove il maestro si recò nel suo pellegrinaggio artistico.

Tra questi luoghi, un posto di primissimo piano spetta all’Umbria, ed è proprio in questa regione che gli estimatori del famoso maestro fiorentino possono seguire un percorso emozionale più unico che raro, rispetto a tutti gli altri contesti possibili ed immaginabili, trovando inediti spunti di arricchimento personale. Sì, perché quella che si propone è una sorta di ricerca del tempo perduto nel presente, lungo le cosiddette Strade del Vino (denominate, secondo le zone di produzione, Strada del Cantico, Etrusco Romana, del Sagrantino e dei Colli del Trasimeno) e dell’Olio Extravergine d’Oliva Dop Umbria: un’unica lunga strada dei Rossi, dei Bianchi e del Verde-oro, legata alle principali colture e ai prodotti che più e meglio connotano il territorio, ne rappresentano l’unicità e ne costituiscono i più quotati indicatori di qualità enogastronomica.

Una ricerca che non è un semplice viaggio nel “gusto” nella sua più completa accezione, ma una vera e propria filosofia di vita. Da assaporare lentamente, girovagando tra chiese e musei, antichi palazzi e umide viuzze, vecchi frantoi e profumate cantine, atelier d’artisti, botteghe artigiane, piccole locande e tranquille osterie, aziende agrarie e agrituristiche, in una sorta di percorso dei cinque sensi, risvegliati da rumori dimenticati, da cibi e bevande della tradizione, dall’avvicendarsi dei profumi delle stagioni, dall’impatto costante con la bellezza vera.

Un percorso, inoltre, che è pure una ricerca cromatica. Chi andrà sulle tracce di Giotto e dei “giotteschi”, ma anche di altri artisti nativi e non che hanno fatto grande questa regione, potrà davvero verificare di persona la mirabile assonanza tra i colori della natura e dei suoi prodotti – dalle argentee foglie dell’ulivo a quelle rossicce delle viti, dall’azzurro del cielo al verde dell’olio e della campagna – ed i colori impressi sulle tele e sugli affreschi. L’impatto visivo, infatti, è così forte che anche un artista “forestiero” come Giotto non poté non far suoi tali scintillanti cromatismi, ma non solo.

Quando il grande fiorentino incontrò l’Umbria fu sicuramente amore a prima vista. Così da interpretare nella maniera più forte e sincera lo spirito francescano e la religiosità di questa terra, dove ancora oggi sembrano trovare testimonianza e sostanza gli indimenticabili versi del Cantico delle Creature.

Il primo approccio con Giotto non può che avvenire ad Assisi, nel trionfo della Basilica di San Francesco, la chiesa “caput et mater” dell’Ordine, identificata come il cantiere in cui la nuova pittura ha avuto modo di nascere ed esprimersi con accenti moderni che saranno comuni a tutta l’arte occidentale. Qui, del resto, operarono altri grandi maestri la cui attività precedette o seguì quella di Giotto, come i pittori Cimabue, Simone Martini e Pietro Lorenzetti.
Gli esordi del maestro fiorentino si legano alla decorazione della Basilica Superiore dove dal 1296 al 1304, a soli settant’anni dalla morte del “poverello” e in un luogo già da tempo meta di pellegrinaggio, il pittore codificò, in 28 scene, l’iconografia di Francesco di Assisi, rendendone visibile la santità.
Le idee nuove espresse da Giotto nei cicli della Chiesa Superiore di Assisi si diffusero con estremo vigore nei centri artistici umbri, provocando un rapido mutamento del linguaggio pittorico italiano immediatamente successivo.

Il giottismo in Umbria si affermò già verso la metà dell’ultimo decennio del Duecento, specialmente a Perugia, Spello, Montefalco e la stessa Assisi. Giotto poi ritornò nella città del “poverello”, insieme ad un cospicuo numero di allievi e collaboratori, per sovrintendere alla realizzazione degli affreschi delle Cappelle nella Basilica Inferiore di San Francesco. Alcuni di questi collaboratori di Giotto sono rimasti anonimi e si identificano attraverso le loro opere e i luoghi per i quali queste furono realizzate.

L’intervento della bottega giottesca nella Chiesa Inferiore riguarda sia la decorazione della Cappella di San Nicola – in cui operò una maestranza composta da pittori che avevano partecipato alla realizzazione delle Storie francescane della Basilica Superiore tra i quali il Maestro della Cappella di San Nicola – sia gli affreschi del transetto destro, quelli della crociera centrale e quelli della Cappella della Maddalena. In entrambe le Cappelle avrebbe lavorato anche il Maestro espressionista di Santa Chiara.

Tra le altre opere di scuola giottesca in Umbria preziosi affreschi si trovano, per restare ad Assisi, nella volta dell’altare principale nella Basilica Inferiore ad opera del Maestro delle Vele; nelle vele della Basilica di Santa Chiara realizzati dal Maestro espressionista di Santa Chiara; nella Cappella di San Giorgio sempre nella Basilica di Santa Chiara nati dall’estro di Puccio Capanna (il più moderno tra i seguaci di Giotto di cui, in particolare, si conservano le Storie della Passione nel Museo Diocesano e Cripta di San Rufino) e di altri pittori anonimi tutti di stampo giottesco. Ed ancora sono di scuola giottesca gli affreschi della Chiesa di San Damiano con “il lancio dei denari al prete da parte di San Francesco”.

A Spello, nella splendidissima Colonia Julia – sui cui crinali incantati continuano a generarsi i generosi vini del Cantico ed i sontuosi oli che da Assisi arrivano a Spoleto passando per Trevi, la “capitale” dell’oro verde – sopra l’altare della chiesa di Sant’andrea si può ammirare invece la Croce forse opera anch’essa del Maestro espressionista di Santa Chiara o comunque di un giottesco.

A Città della Pieve – patria di un altro grande pittore Pietro Vannucci detto il Perugino e zona “bagnata” dalle preziose gocce dell’olio Dolce Agogia del Trasimeno – è d’obbligo una visita all’Oratorio di San Bartolomeo dove campeggiano gli affreschi della “Crocifissione o Pianto degli Angeli” attribuibili forse a Jacopo di Mino del Pellicciaio.

Così come, per restare in questo territorio, non si può non fare opera di intensa meditazione di fronte alla “Maestà” all’interno della Pieve di San Michele Arcangelo all’isola Polvese.
Particolarmente suggestiva è l’escursione all’Eremo di Santa Maria Giacobbe a Pale di Foligno che conserva l’affresco “Morte di Maria” forse di Cola di Petrucciolo.

Un’altra opera del Maestro espressionista di Santa Chiara (che pare abbia lavorato insieme al Maestro di Farneto anche al ciclo pittorico della sala dei Notari a Perugia) si trova nell’abside della chiesa di San Francesco a Gubbio.

Da Gubbio a Montefalco – dove oltre al Rosso regna sua maestà il Sagrantino Docg – la scuola giottesca annovera altri capolavori: gli affreschi più antichi della chiesa di Sant’agostino, quelli del Crocifisso in San Francesco attribuiti al Maestro espressionista di Santa Chiara e quelli della Cappella della Croce in Santa Chiara, anche se qui lo stile giottesco viene arricchito da una forte componente drammatica tipica umbra.

L’originale viaggio sui passi di Giotto e dei suoi seguaci potrebbe concludersi – brindando con l’eccezionale Grechetto dalle mille suggestioni – a Todi dove ancora un volta lo stupore si mescola alla commozione non appena giunti davanti a un’opera giottesca: gli affreschi della Cappella di San Francesco nella chiesa di San Fortunato.

Ma tante altre, ovviamente, sono le “meraviglie” dell’Umbria dell’Arte che ne fanno una sorta di Museo diffuso. Alcune sempre legate in qualche misura al nome di Giotto. Al di là delle opere di Giunta Pisano e del Maestro di San Francesco che si trovano nel Museo della Porziuncola – tra le più preziose reliquie architettoniche francescane insieme alla Cappella del Transito custodite all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli – non mancano ulteriori motivi e testimonianze per ricordare il maestro fiorentino.
Per esempio, la lezione di Arnolfo di Cambio – lo scultore della Fontana Minore di Perugia, i cui cinque elementi marmorei superstiti sono visibili presso la Galleria Nazionale dell’Umbria (insieme ad opere di stampo giottesco tra cui una tavoletta votiva di Puccio Capanna) – fu molto importante per la sua formazione, così come lo fu quella di Nicola Pisano autore con Giovanni Pisano della Fontana Maggiore, il monumento simbolo del capoluogo umbro.

E tante ancora, all’interno di questi percorsi dell’arte, le sorprese dell’Umbria dell’Olio dove nelle cinque sottozone (Colli Martani, Colli Assisi Spoleto, Colli del Trasimeno, Colli Orvietani, Colli Amerini) primeggiano cultivar, che in purezza o sapienti blend, raccontano i sapori speciali del moraiolo, del frantoio, del leccino, o la lunga vita di varietà storiche come la San Felice di Giano dell’Umbria e la Dolce Agogia del Trasimeno.

E propone ulteriori specialità da un angolo all’altro anche l’Umbria del Vino che esplode in tutta la sua classica pienezza nell’Orvietano, che oltre ai famosi e storici bianchi conosce un’inaspettata riscoperta bacchica color rubino, a Narni e nell’Amerino con il Ciliegiolo, a Torgiano – dopo il Sagrantino di Montefalco la Riserva di queste parti è l’altra Docg dell’Umbria – passando per il Trebbiano Spoletino, per il Gamay del Trasimeno e molte altre delizie per il palato.

E per arrivarci, come si è visto, se tanti sono i percorsi, unica è la strada. Che porta alla scoperta di Giotto, dell’arte, del gusto, della natura e dei paesaggi dell’Umbria più segreta e suggestiva.