Disposta su un panoramico sperone che domina un’ansa del fiume Esino, ben conosciuta da enologi e buongustai per il Verdicchio, Matelica è ricca di monumenti e musei che ne ricordano la storia antica.
Il visitatore attraverso le antiche vestigia picene della città, può ripercorrere le testimonianze lasciate dai secoli successivi in un itinerario architettonico che partendo dalla piazza centrale si snoda attraverso le vie ed i nobili edifici del centro, senza però trascurare, nei dintorni, gli edifici religiosi.
Da non perdere gli itinerari naturalistici che attraversano gli incantevoli luoghi circostanti, per poi lasciarsi tentare, in un percorso enogastronomico, dai magnifici sapori che la città ed il suo territorio offrono.

Breve storia di Matelica

Città di antichissima origine. Negli ultimi anni un’ escalation di notizie riguardanti le scoperte archeologiche ha posto Matelica alla ribalta dei mass-media sia regionali che nazionali, suscitando lo stupore e l’ammirazione anche del distaccato pubblico degli studiosi

Le prime testimonianze della presenza dell’uomo nel territorio matelicese risalgono al Paleolitico; in una fase avanzata del Neolitico si pone l’insediamento di Braccano, scoperto nel 2000, dove sono emersi i resti di un abitato con aree di lavorazione della selce.

A partire dall’VIII sec.a.C., ma soprattutto durante il VII, l’intero comprensorio viene densamente popolato: lo dimostrano le estese aree di abitati e le necropoli sviluppatesi in corrispondenza dei pianori di fondovalle prossimi al corso del fiume Esino. A questa fase risale il ritrovamento di numerosi vinaccioli di ” Vitis Vinifera” recuperati in una tomba picena appartenuta ad un personaggio di rango principesco, straordinario documento delle antichissime origini della coltivazione della vite in questa zona.

Nel periodo successivo l’insediamento sembra concentrarsi nella parte centrale del territorio, in corrispondenza dell’attuale capoluogo comunale, ed assumere forme più strutturate. Tale processo evolutivo dovette subire una svolta a partire dagli inizi del III sec.a.C., quando il territorio viene interessato dalla conquista romana che porterà, intorno alla metà del I sec.a.C., alla nascita del Municipium di Matilica , il cui nome è stato ereditato dall’attuale

Matelica

Il centro assume il suo massimo sviluppo tra I e II sec. d.C., come dimostrano i numerosi resti monumentali. La decadenza dei centri romani tra III e IV sec. d.C. investe anche Matelica che, comunque, diviene sede vescovile tra V e VI secolo. Aggregata, sotto il dominio longobardo, al ducato di Spoleto viene trasformata poi in castello. Si eresse a libero Comune intorno al 1150, quando i cittadini sostituirono i Consoli ai conti feudatari dell’impero tedesco.

Tra il 1170 e il 1180 fu distrutta da Cristiano, Arcivescovo di Magonza, che operò nelle Marche per ristabilire il potere dell’imperatore Federico I. Una nuova autonomia comunale fu ristabilita intorno al 1210. Nel 1266, con il ristabilimento dell’autorità pontificia nella Marca, Matelica passò sotto le dirette dipendenze della Santa Sede. Dalla fine del secolo XIV fu soggetta alla famiglia Ottoni, vicari pontifici. In quel periodo una delle principali fonti di ricchezza erano le fabbriche dei panni di lana . L’industria, dopo il ritorno nel 1578 sotto il diretto dominio della Chiesa, decadde.

La città dal 1610 fu sede di un Governatore di Breve, ma questo privilegio non migliorò le sue industrie. L’invasione francese prima e le lotte per l’unità nazionale poi portarono a un completo decadimento dell’industria dei panni lana; restarono attive alcune piccole concerie della pelle. Soltanto nel secolo appena concluso l’economia è ritornata ad espandersi. Nell’immediato dopo guerra sono stati aperti nuovi opifici industriali e qualche anno dopo, grazie anche alla presenza di Enrico Mattei, sono nate importanti industrie di confezioni e metalmeccaniche. Di questa nuova ricchezza ne ha giovato anche l’agricoltura che si è specializzata nella viticoltura, nell’apicoltura e nell’allevamento. Di conseguenza la città è cresciuta e l’edilizia privata è uscita dal centro storico e si è diffusa nel territorio immediatamente vicino ad esso.

Percorso enogastronomico

In questa singolare vallata, compresa tra il Monte San Vicino ad est, lacatena dei Monti Sibillini a sud, caratterizzata dalle bizzarrie del Fiume Esino, si estende la zona di produzione del Verdicchio DOC di Matelica. L’ottima esposizione dei vigneti, la costante ventilazione, la luminosità ed il calore contribuiscono a costruire un ambiente ottimale per il ciclo vegetativo della vite. La sapiente opera dei produttori, mirata all’esaltazione della “tipicità”, unitamente all’uso delle più moderne tecnologie di vini.cazione, hanno portato il Verdicchio di Matelica ai livelli più alti dell’enologia nazionale.

La particolare morfologia del territorio ha sempre offerto un habitat adatto all’allevamento degli animali ed anche oggi non è casuale vedere al pascolo i bovini della pregiata razza Marchigiana, o gliovini della “razza fabrianese”. Un discorso a parte meritano i suini. Il turista non deve perdere l’occasione di assaggiare il “Ciauscolo”, la nutella dei salami, ovvero un gustosissimo salume da spalmare, oppure il salame “Lardellato”, la “Coppa”, la “Lonza” ed il “Salame di fegato”.

Matelica è anche Città del miele. Il nostro miele viene raccolto nell’Alta Valle dell’Esino tra colline, campi, boschi e corsi d’acqua in un habitat ancora incontaminato; particolare è il miele millefiori e quelli mono.oreali. La vera caratteristica del territorio viene espressa dalla “Melata di Quercia”, un miele amaro molto apprezzato. Al ristorante potrete trovare molti piatti della tradizione contadina; tra i primi piatti spiccano i “Vincisgrassi” e le “Tagliatelle della trebbiatura”.

Tra i secondi piatti, oltre il “coniglio in porchetta” e “pollo in potacchio”, la classica “coratella d’agnello”. Per quanto riguarda i dolci , “la crescia fojata”,uno strudel ricco di noci, uva secca,fichi secchi e mele; “la frustenga”, tra i cui ingredienti annovera la dolcissima “sapa”, mosto d’uva condensato ed infine la bianca, friabilissima e leggerissima “ciambella di Pasqua”.

Il turista che ama scoprire ed assaporare i prodotti tipici ed i vini delterritorio, non può non visitare l’Enoteca Comunale, situata in quella cheuna volta era la cosiddetta “Loggia del Pesce” . Aperta al pubblico tutti i giorni (tranne il lunedì), è a disposizione per degustazioni, acquisti ed informazioni. Annesso all’Enoteca è il Centro Italiano d’Analisi Sensoriale, nel quale, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate e al lavoro di personale qualificato, si eseguono test di determinazione qualitativa e di tipicità territoriale su vini e prodotti alimentari. Il Centro è dotato di otto cabine per l’analisi sensoriale individuali autonome, posizionate una vicino all’altra sono dotate delle più moderne tecnologie disponibili oggi sul mercato che lo rendono uno dei più all’avanguardia d’Italia. Lo spazio esterno viene attrezzato durante il periodo estivo per degustazionio pomeridiane e serali.

Itinerari naturalistici

Nei dintorni della città di Matelica si possono percorrere degli itinerari naturalistici incantevoli, paesaggi affascinanti si possono ammirare risalendo le pendici del monte San Vicino : percorrendo la strada asfaltata soprannominata “Vespa” in prossimità del quartiere Casette San Domenico, e giunti al termine della salita si può ammirare il panorama della città di Matelica.

Proseguendo, il percorso attraversa boschi di querce e percorrendo i sentieri si giunge alle pendici del Monte San Vicino dove tra boschi di faggi si individua un sentiero che porta alla vetta del monte da cui si gode un panorama unico e da dove si può vedere, in giornate limpide, addirittura il Gran Sasso a sud e la costa della Dalmazia ad est.

Tornati alle pendici del monte si avvistano i ruderi della Rocca degli Ottoni ( Roccaccia 661 m), costeggiando il fianco della montagna e proseguendo verso ovest si arriva alla Villa delle Macere, caratteristica per la sua architettura su differenti livelli con giardini pensili. Continuando a percorrere il sentiero si giunge in loc. Poggeto, vecchio insediamento arroccato sulla montagna ancora abitato, e tornando verso valle si attraversano varie località : Colferraio, Rastia e Colli.

Un altro suggestivo itinerario si potrà percorrerlo se ci si avvia verso i prati di Gagliole, attraversando il castagneto di fonte Ancaiano si arriva alle falde del monte Lavacelli, attraverso boschi cedui di cerro, carpano e querce, costeggiando le sergenti Fumaione.

Suggestiva la passeggiata per visitare i pascoli del Monte Gemmo e il giro del Monte Canfaito, dove faggi ultra secolari regalano paesaggi meravigliosi in primavera ed autunno.

Affascinante l’atmosfera naturalistica che si respira nella gola di Sasso Forato (frattura tra due rocce) e a 2 Km di distanza si trova la Croce delle Aie di Macciano(842m.) da dove si può ammirare tutta l’alta valle dell’Esino e i numerosi vigneti del Verdicchio di Matelica.

Altre località suggestive da visitare sono l’Abbazia di Roti e la gola di Jana a cui si arriva attraversando il caratteristico paesino di Braccano e proseguendo su una strada di breccia che costeggia un fosso quello stesso che rappresenta per la gola di Jana una vera particolarità naturalistica perché attraversato da una sorgente per tutta l’estate e parte dell’inverno.

Proseguendo per il sentiero si costeggiano le pendici del monte Argentario e si possono ammirare piccoli prati prima di uno strapiombo da dove rimbomba l’eco.

Dopo l’attraversamento di un bosco lo sguardo si apre su di un ampio panorama visibile dai prati dell’abbazia di Roti.

Si prosegue per un sentiero sconnesso e ripidissimo per 200m. ma tanta fatica sarà ricompensata da uno stupendo e unico paesaggio.

Itinerari archeologici

La città: Matelica nell’antichità

Matelica custodisce un ricco patrimonio archeologico, acquisito soprattutto in seguito alle recenti scoperte che hanno interessato numerose aree del territorio comunale.

Le testimonianze più antiche, rappresentate dagli strumenti in selce, risalgono al Paleolitico. Il periodo neolitico è conosciuto principalmente dai reperti provenienti dallo scavo dell’insediamento di Braccano. Il popolamento diventa particolarmente diffuso tra la fine dell’VIII e gli inizi del VI sec.a.C., quando si assiste, lungo il fondovalle, alla nascita e allo sviluppo di villaggi e di tombe a tumulo con fossato circolare. Le comunità insediatesi in questo territorio erano guidate da una classe aristocratica eminente, che traeva il suo benessere dallo sfruttamento agricolo dei fertili pianori lungo l’Esino, dall’allevamento e dagli scambi commerciali. Il livello di ricchezza raggiunto si manifesta nei fastosi corredi principeschi, all’interno dei quali spiccano le armi forgiate con estrema perizia, gli scettri di bronzo, i monili in ambra e metallo prezioso, gli oggetti in avorio finemente intagliati, ora visibili presso il Museo Civico Archeologico di Matelica.

Nei secoli successivi l’area viene interessata da elementi di cultura celtica che coesistono insieme alla popolazione autoctona fino alla vigilia della conquista romana.

Al municipio romano, istituito intorno alla metà del I sec.a.C., corrisponde la città sorta al centro di questo territorio, nel punto di confluenza dell’Esino con il torrente Crinacci (rio Imbrigno), su un sito precedentemente abitato.

Il centro romano conosce la massima floridezza nei primi secoli dell’Impero, periodo a cui risale il documento epigrafico più rappresentativo del municipio, la base onoraria di Caio Arrio Clemente, e durante il quale vengono realizzati gli assi stradali urbani, gli edifici pubblici (termae) e quelli privati (domus). Le domus, soprattutto, si segnalano per gli straordinari mosaici policromi, geometrici e figurati, e la ricca decorazione delle pareti, opere di maestranze particolarmente qualificate che lavorano per una committenza locale ricca, colta e raffinata.

In epoca romana il territorio è caratterizzato dalla presenza di fattorie e dimore residenziali (villae): tra le più note è la villa di località Fonticelle con ambienti pavimentati a mosaico e pareti rivestite di marmo. Nell’area occupata dal centro di epoca romana l’insediamento si sviluppa ininterrottamente anche nei secoli successivi, come dimostrano i numerosi esemplari di ceramiche e maioliche medievali e rinascimentali esposti nel Museo, continuando a vivere fino ad oggi, sullo stesso sito, da oltre 2700 anni.

I siti archeologici

Teatro comunale “G. Piermarini”. Al di sotto del palcoscenico del teatro ottocentesco si conservano ambienti riscaldati, un pavimento a mosaico di tessere bianche e parte di un condotto fognario relativi ad un impianto termale di epoca romana. Datazione: prima età imperiale. Sotto la platea del teatro sono emersi i resti di una struttura preromana: i reperti archeologici rinvenuti durante lo scavo sono conservati presso il Museo Civico Archeologico. Datazione: VI-IV sec.a.C. Palazzo del Governo. All’interno di due negozi con ingresso lungo il lato ovest di Piazza E.Mattei si possono ammirare parti di ambienti con mosaici geometrici e figurati: un mosaico è a tessere bianche e nere con motivo di cerchi allacciati; in un altro sono visibili gli arti inferiori di figure umane, un ramo su cui è appollaiato un uccello e parte di un grosso animale, forse un felino. Datazione: I – inizi II sec.d.C.

Palazzo Ottoni. Ambienti di una domus con mosaici geometrici policromi, mosaico di tessere bianche con motivo a crocette di tessere nere e resti di pareti affrescate. Datazione: prima metà II sec.d.C.

Musei e raccolte di reperti archeologici Museo Civico Archeologico. Palazzo Finaguerra. Le collezioni archeologiche del Museo espongono prevalentemente reperti provenienti dai recenti scavi effettuati nel territorio di Matelica risalenti alla preistoria, alla fase picena (VIII-IV sec.a.C.), all’epoca romana, medievale e rinascimentale. Si segnalano, in particolare, i ricchi corredi principeschi di VIII-VII sec.a.C., l’orologio solare in marmo di epoca ellenistico-romana, noto come “Globo di Matelica” ed il mosaico con divinità e personaggi mitologici riferibile al I secolo d.C.

Palazzo comunale. Lapidario. Raccolta ottocentesca di epigrafi onorarie e funerarie che vanno dalle prime fasi del municipio romano fino ai secoli II-III d.C.; sono presenti, inoltre, frammenti di decorazione architettonica e di sculture.

Museo Piersanti, Collezioni archeologiche. La raccolta settecentesca, formatasi prevalentemente con reperti acquisiti dal mercato antiquario, comprende frammenti di statue e di rilievi di età romana, ai quali si aggiungono uno specchio etrusco in bronzo del III sec.a.C. Tra i secoli XIX e XX si pone la formazione della raccolta esposta al piano terra del museo, di cui fanno parte manufatti preistorici in selce; armi in ferro, vasellame acromo e dipinto provenienti da tombe; lapidi, lucerne, balsamari ed oggetti in bronzo di epoca romana.

La provincia

Il territorio provinciale, e più in generale quello delle Marche, da un lato, affacciandosi sull’Adriatico si è sempre collegato con l’Oriente europeo e dall’altro, grazie alla sua conformazione caratterizzata da agili percorsi vallivi con direzione est-ovest che arrivano fino ai valichi appenninici, ha svolto sempre un ruolo di accesso alle aree tirreniche, collegando il nord ed il sud della penisola italica. Tali caratteristiche hanno quindi consentito nel corso del tempo, dal paleolitico fino a tutta l’età romana, la nascita e lo svilupparsi una fitta e articolata rete di insediamenti umani diffusi su tutto il territorio, insediamenti che se da una parte hanno condizionato e contribuito a formare il paesaggio ed il popolamento contemporaneo dall’altra oggi compongono il sistema archeologico della provincia di Macerata. Si tratta di una rete di Parchi, Aree e Musei archeologici che in occasione dell’apertura della Mostra si vogliono offrire non solo al visitatore interessato, ma anche a quello più distratto non solo garantendo la loro fruibilità con modalità ed orari coordinati rispetto quelli del principale evento espositivo matelicense, ma anche grazie ad iniziative di carattere scientifico e di valorizzazione e diffusione più ampie.

I Musei di Cingoli, Recanati e Camerino con le loro raccolte dedicate alla preistoria ed all’età del bronzo offriranno una degna introduzione alla spettacolare collezione matelicense, mentre sarà grazie in particolare alla visita a quelli di San Severino Marche e Tolentino, che sarà possibile inquadrare con maggior dettaglio il periodo orientalizzante nel territorio, al di fuori del contesto prettamente espositivo, fino all’arcaismo ed alle successive fasi della civiltà picena. Ma forse è l’età romana quella che, grazie alla nascita della città, ha maggiormente disegnato il paesaggio archeologico maceratese; allora accanto a quella nei Musei di Treia, di Pollenza ed in quello della stessa San Severino Marche il visitatore meno paziente potrà godersi una visita all’aria aperta nei Parchi e nelle aree archeologiche di Macerata, l’antica Ricina con il suo spettacolare teatro, di Serravalle di Chienti (Plestia), della stessa San Severino Marche (Septempeda), o dell’antica colonia di Portorecanti (Potentia), per concludere la sua permanenza ad Urbisaglia dove il Museo ed il Parco archeologico di Urbs Salvia offrono una documentazione quasi completa ed unica per l’Italia centrale dei quartieri e dei monumenti pubblici di cui era dotata una città romana.