Un mestiere antico tra il bosco, il fuoco ed il suo fumo. Lavorare la legna prestata da questi boschi e produrre carbone e carbonella nelle radure a ridosso dei torrenti, come nei ranchi dei boschi che vestono le nostre bellissime e aspre montagne, ha conservato caratteristiche di nomadismo stagionale, che ha costretto i lavoratori a costruire abitazioni in precario, le capanne: ripari a pianta rettangolare sostenute da uno scheletro di pali sul quale si sistemavano ordinatamente zolle erbose. I carbonai che rimanevano per molto tempo nei boschi spesso venivano raggiunti da familiari, mogli e sorelle e sino alla fine dell’Ottocento anche dai figli. Un mestiere che mantiene un rapporto d’equilibrio, duro e duraturo, tra la comunità e il territorio. Un presente dal profumo remoto e lontano ma vicino all’anima arcana delle genti, che abitano e vivono, amandole, le strette valli di questo Appennino, la sua civiltà e la sua cultura. Una memoria che tende a dissolversi come le nuvolette di fumo che, un tempo, si elevavano fitte, quasi misteriose, sui monti e fra i boschi del Montefeltro.

Il carbonaio di Borgo Pace e Mercatello sul Metauro
La civiltà dei carbonai, presente in passato in tutto l’entroterra della regione Marche oltre che in molte aree dell’Appennnino, è ancora attiva nel territorio della provincia di Pesaro e Urbino ed in particolare nei comuni di Borgo Pace e Mercatello sul Metauro. Tuttavia, anche in questa area, l’attività dei carbonai sta subendo un declino inesorabile e rischia la scomparsa: nel 2008 molti carbonai hanno lavorato la propria produzione per l’ultima volta. Oggi corriamo quindi il rischio di perdere un grande patrimonio che per millenni ha caratterizzato il territorio non solo di Borgo Pace e Mercatello sul Metauro, ma anche di comuni limitrofi quali ad esempio Piobbico e Apecchio. L’impatto delle carbonaie nell’ex Ducato di Urbino è stato fortissimo, in quanto si è trattato di un’attività in passato diffusissima nelle foreste dislocate attorno al vicino valico di Bocca Trabaria, ancora oggi presente nel territorio comunale nelle frazioni di Dese, Felcino, Figgiano, Lamoli, Palazzo Mucci, Parchiule, Valle e Villa.

Il carbone di legna: un pò di storia …
Nei secoli la produzione di carbone di legna ha conosciuto una continua espansione, perché il combustibile era indispensabile non solo in metallurgia, ma anche negli usi domestici, sviluppando il doppio del calore della legna. L’importanza del carbone di legna aumentò a partire dalla fine del medioevo poiché, assieme a zolfo e nitrati, era diventato un essenziale ingrediente per la produzione della polvere da sparo. Fu alla fine dell’età moderna, a partire dal XVIII° secolo, che l’imponente sviluppo dell’estrazione di un nuovo minerale, il carbon fossile, abbondantemente disponibile in vaste zone del sottosuolo europeo, determinò in tutto il continente un rapido declino della produzione di carbone di legna. Solo in Italia quest’attività è sopravvissuta più a lungo, perché il nostro Paese non disponeva di carbon fossile ed era costretto, per il trasporto ferroviario, ad importarlo a prezzi molto elevati: il risultato fu che, sin quasi alle soglie del Novecento, i boscaioli e i carbonai fornivano al nostro Paese quasi tutto il combustibile necessario sia all’uso domestico, sia alle attività industriali ed artigianali che richiedevano elevate temperature. Dietro i sacchi di carbone c’erano persone in carne ed ossa: i volti segnati dei carbonai ci rivelano un mondo da sempre isolato e taciturno; i carbonai, depositari di una cultura plurimillenaria, ricevono solo oggi un tardivo riconoscimento.

Il fumo, il fuoco e il carbone
La produzione del carbone avviene con la costruzione della catasta, preceduta dal taglio del bosco, un lavoro da alcuni decenni completamente meccanizzato. Trasportato il legno a valle innanzitutto si costruisce il camino. Si tratta dell’operazione più importante e delicata perché dalla corretta realizzazione del camino dipendono l’accensione, l’alimentazione e il tiraggio della catasta durante la fase successiva della carbonificazione.

Nell’area di Borgo Pace il camino viene ancora oggi innalzato utilizzando vari sistemi: o i quattro pali o la pertica centrale, a pagliaro, o infine il castelletto. Prima di tutto si conficcano quattro bastoni, precedentemente appuntiti, nel centro della piazza della carbonaia a formare il vano della canna fumaria sezione cilindrica, distanti tra loro 40/50 cm e tenuti insieme da un anello costruito con rami flessibili di giunco od ornello. Completato il cilindro, i legni di egual taglio vi vengono sistematicamente appoggiati secondo un andamento circolare il più vicino possibile perché non possa fare entrare o uscire l’aria. Quando l’insieme ha raggiunto una certa consistenza, circa un metro di diametro, si procede alla realizzazione della parte superiore del camino, che può essere sia cilindrica sia quadrata. In questo caso il carbonaio innalza un castelletto disponendo orizzontalmente dei piccoli legni, tenuti insieme da quattro pali verticali, conficcati nello strato inferiore della catasta.

Finita la seconda parte della canna fumaria vi si appoggiano come in precedenza i legni costruendo un secondo strato sovrapposto al primo. Si ricopre la legna con uno strato di paglia, poi sopra la paglia uno strato di terra. Lo strato di paglia ha la funzione di impedire le infiltrazioni della terra nella catasta durante la carbonizzazione. Al culmine della catasta il carbonaio costruisce alcune zolle erbose, la pelliccia, dalla quale controllare l’accensione e poi chiudere con una lastra di pietra. Infine il carbonaio traccia una croce augurale sulla sommità della catasta perché il lavoro vada a buon fine e il fuoco non divori la carbonaia.

L’accensione della catasta occupa il lavoro del carbonaio per tutta la prima giornata. L’operazione inizia gettando nel camino una certa quantità di brace e legnetti; poi si chiude con la pietra, per evitare lo spegnimento si rimbocca il fuoco 5 o 6 volte. Nei giorni successivi il carbonaio segue da vicino la trasformazione del legname in carbone che avviene per prima nelle parti superiori della carbonaia, facendo attenzione a regolare il minimo tiraggio e che non si producano crepe nella camicia che bloccherebbe la salita del calore alla testa e causerebbero l’incendio della carbonaia. Si praticano poi dei fori sotto la parte carbonizzata per poi carbonizzare la parte inferiore. Conclusa la cottura si lascia raffreddare il carbone per circa 8-10 ore. Di solito si sforna di notte o all’alba che procede circolarmente addentrandosi con attenzione verso il cuore della cotta e ricorrendo spesso all’acqua per spegnere i tizzi ardenti. Conclusa la carbonizzazione, quando ormai la cotta non fuma più, i carbonai vagliano la terra della camicia e la rigettano affinata sul carbone. Si dividono le pezzature del carbone e si riempiono i sacchi pronti per il trasporto.

Storia e Paesaggio
Siamo a Borgo Pace e Mercatello sul Metauro, nella Provincia di Pesaro e Urbino, due comuni ricompresi nell’antica Massa Trabaria e nell’area che storicamente si è soliti definire “del Montefeltro”.

Nel medioevo la Massa Trabaria, di cui il territorio di Borgo Pace e Mecatello sul Metauro facevano parte, era un piccolo cantone forestale di proprietà privata della Santa Sede ricchissimo di foreste di alto fusto. Nell’alto Medio Evo assolse al ruolo di terra tributaria di tronchi per le basiliche romane. La storia di questo piccolo feudo si può dividere in tre periodi: il primo fino al XII sec., come patrimonio ecclesiastico; il secondo fino al 1376 come comunità provinciale; il terzo fino al 1631 come parte del Ducato di Urbino. Durante il XII secolo mentre la zona circostante era frazionata in piccole signorie o feudi e nell’Italia centro settentrionale iniziavano a formarsi i comuni cittadini, la Massa Trabaria si era strutturata in comune territoriale, una sorta di federazione unitaria di piccole comunità raggruppate in quattro distretti.

Fu la Chiesa ad amalgamare ed a unificare in una sola “Provincia” oltre 100 territori castellani, anche distanti tra loro, ubicati nei bacini montani di quattro fiumi diversi: Marecchia, Foglia, Metauro e Candigliano. Questa originale federazione comunitaria durò circa due secoli e rappresentò il simbolo della “libertas ecclesiastica”, (in un territorio di piccoli tiranni). Nella seconda metà del ‘300, l’unità territoriale si frantumò e il nostro territorio passò al conte Antonio da Montefeltro. Sotto questa dinastia, particolarmente nel periodo del suo più grande esponente, Federico II, l’intera area conobbe la splendida stagione del Rinascimento urbinate.

Il territorio dei comuni di Borgo Pace e di Mercatello sul Metauro, ricadente all’interno della Comunità Montana dell’Alto e Medio Matauro, si dispiega fra l’area geografica dell’Alta Valle del Metauro e quella denominata dell’ “Alpe della Luna”, estesa a cavallo di Toscana, Marche ed Umbria, delimitata dai bacini idrografici del Marecchia, del Tevere e del Metauro. Si tratta dunque di un’area che, oltre a racchiudere alcune fra le più tipiche caratteristiche dell’entroterra marchigiano, ha costituito per tutta la sua storia e fino ad oggi un importante crocevia di scambio e di influenza con le realtà regionali limitrofe: proprio il versante toscano dell’Alpe della Luna è stato dichiarato Riserva Naturale Regionale già dal 1998, mentre la parte ricadente nella Provincia di Pesaro e Urbino è stata proposta come parco naturale nel Piano Paesistico Ambientale fin dal 1990, senza tuttavia trovare una attuazione definitiva.

Il territorio condensa alcune fra le caratteristiche salienti tipiche delle aree interne dell’Italia centrale e delle zone montane della dorsale appenninica, tali da costituire un ambito di grande complessità e ricchezza, contraddistinto da habitat naturali profondamente integrati con l’attività umana, da testimonianze storiche e beni culturali, da importanti sistemi insediativi rurali e montani, da grandi itinerari storico-religiosi.

Il carbonaio e la tutela della memoria storica
L’attività dei Carbonai rappresenta oggi la miglior tutela della memoria storica, ancora vitale, delle tradizioni antiche dei contadini e dei residenti delle aree montane, e ci dimostra con l’esempio concreto, sedimentato non solo nel ricordo della popolazione locale, ma anche nella conformazione attuale del paesaggio, il profondo impatto socio-economico sul tessuto sociale ed ambientale, nonché la corretta ed equilibrata utilizzazione delle risorse naturalitstiche (boschive, forestali, agrarie) della zona. Basti pensare che le conseguenze dell’utilizzo delle antiche tecniche adottate per secoli dai Carbonai possano addirittura approdare alla tutela dei prodotti gastronomici del territorio: basti ricordare come la valorizzazione della tradizione culinaria marchigiana debba infatti tenere conto anche della fonte di calore. Inoltre e importante, il carbone utilizzato per la cottura dei prodotti tipici non può e non deve essere di origine dubbia, compromesso da agenti chimici di ignota provenienza.

Il Museo del Carbonaio
Il Museo del Carbonaio è posto nell’edificio, recentemente restaurato, di una conceria ormai dismessa nel comune di Borgo Pace. La costruzione è stata destinata a documentare il lavoro dei carbonai, in passato diffusissima nelle foreste dislocate attorno al vicino valico di Bocca Trabaria, ancora oggi presente nel territorio comunale nelle frazioni di Dese, Felcino, Figgiano, Lamoli, Palazzo Mucci, Parchiule, Valle e Villa.
Il Museo è stato realizzato nell’ambito del progetto “Musei Partecipati” grazie al finanziamento della Comunità Montana dell’Alto e Medio Metauro, del comune di Borgo Pace e della Provincia di Pesaro e Urbino.
L’allestimento che risponde contemporaneamente a esigenze documentarie e didattiche, utilizza i materiali fotografici e le testimonianze raccolte nell’estate del 1976 da Giovanni Lucerna e Giorgio Pedrocco, nonché il reportage “L’Industria del carbon fossile nelle Marche” di Luigi Rinaldi, apparso sulla rivista “Le vie d’Italia” nel 1927 che raccoglie le testimonianze dei carbonai che lavoravano nei fitti e scoscesi boschi collocati attorno al passo di Bocca Trabaria.
Per visitare il museo è necessario chiamare e prenotare la visita presso l’Ufficio del Turismo Borgo Pace. Tel. 0722/800138. Ingresso Gratuito

A cavallo per scoprire le antiche orme dei carbonai
Sarà possibile scoprire le orme dei carbonai e seguire le bellezze del territorio in sella ad un cavallo sulle sponde del Metauro. Un lungo percorso che segue il circuito di sentieri esistente nella zona: esso ha una forma approssimativa di quadrilatero, con lato attestato al crinale Appenninico che, procedendo in senso orario, ha come vertici Mercatello sul Metauro (429 m. slm) il Montaccio (1.072 m. slm), Sbocco delle Bucine (1.225 m. slm) e Case Sabatini (737 m. slm). I sentieri raggiungeranno attraverso rami secondari i maggiori agglomerati rurali dei due capoluoghi: Montedale, Lamoli, Parchiule, Palazzo Mucci, Figgiano e Castello della Pieve. Da Borgo Pace si dipartono altri sentieri di cui il principale corre sulla sommità della dorsale che funge da linea di displuvio tra il torrente Auro a Nord ed il torrente Meta a Sud, immettendosi percorso G.E.A., in località Poggio dei Tre Termini (1.173 m. slm).

L’itinerario rileva le testimonianze di carattere artistico-culturale e paesaggistico-ambientale, e tutti i punti di interesse (culturale, turistico, storico ed enogastronomico, ivi compresi gli agriturismi, le strutture ricettive ed i produttori di enogastronomia tipica del territorio).
Sarete guidati da un’apposita cartellonistica della cartografia schematica della rete escursionistica, con i riferimenti geografici dell’intera zona; gli itinerari escursionistici con le caratteristiche morfologiche, paesistico-ambientali e naturalistiche (tanto geologiche quanto botanico-vegetazionali che faunistiche) dell’area, nonché i principali punti di interesse individuati; elementi storico-culturali ed ambientali del paesaggio che possano divulgare e documentare l’attività dei Carbonai ed il loro impatto sul territorio, particolarmente presente nell’area.