Il territorio compreso tra Stintino e la Costa Paradiso, tra le province di Sassari e Olbia, riserva sorprese anche al viaggiatore più distratto. Il mare del comune di Valledoria offre tante soluzioni per vacanze, adatte tanto alle famiglie quanto agli amanti degli sport acquatici e del vento.

Come buona parte delle coste sarde, anche quest’area è soggetta al vento di maestrale, che ha foggiato rocce, altipiani, speroni, scogli e figure antropomorfe come la visitatissima roccia dell’Elefante. E’ ben indicata lungo la strada per Valledoria, situata sulla strada per la fraz. di S. Giovanni, a poca distanza da Castelsardo. Si tratta di un grande masso trachitico rossastro, alla cui base del suo lato destro si aprono alcune domus de janas (le “case delle fate”, o delle streghe, ovvero tombe), grotte artificiali scavate dai sardi del neolitico (6000 a.C. – 3000 a.C.). All’interno, una cella conserva il simbolo scolpito (ricorrente nell’archeologia sarda) delle corna taurine.

Il maestrale dicevamo, protagonista determinante dell’anima di questo lembo di terra, insieme al sole e alla terra. I sardi dicono che il maestrale soffia in giorni multipli di tre… se perdura il quarto giorno, state pur certi che finirà il sesto, e così via. Il vento determina il mare calmo o agitato. Il mare mosso del maestrale è suggestivo da vedere, meno da vivere! Ad ogni modo, nei giorni in cui non ci si può tuffare, ci si può dedicare alle tante gite lungo la costa oppure nell’entroterra.

Una nota circa lo splendido mare sardo. Vi capiterà, tanto con il mare calmo che in tempesta, di trovare “alghe” a riva: non è nulla di preoccupante, non sono alghe, bensì una pianta, che ha radici e si tratta della poseidonia. E’ una pianta nastriforme che vive sui fondali marini in forma di praterie. Ha molteplici funzioni: attenua il moto ondoso proteggendo l’erosione dei litorali, sviluppa una ricca comunità biologica (pesci, molluschi e crostacei vi trovano residenza!) e contribuisce all’ossigenazione delle acque. E’ quindi un indicatore ecologico da non temere, da non demonizzare e soprattutto da non danneggiare con l’ancoraggio e la pesca a strascico.

Il territorio settentrionale sardo si presenta collinare, con altipiani anche oltre i mille metri, promontori, su cui domina la macchia mediterranea, con i suoi profumi inconfondibili di mirto, resina di pino marittimo, ginepro, finocchio selvatico, ma anche capperi, fichi d’india e rosmarino, al termine dei quali dune sempre differenti forgiano spiagge sabbiose mai affollate.

Il mirto è una odorosa costante che ricopre di morbidi cuscini declivi e dune costiere. Non si può lasciare l’isola senza aver assaporato il noto liquore, realizzato con le sue bacche. Al profumo di mirto si trovano innumerevoli prodotti… dal gelato (squisito quello della gelateria artigianale di Valledoria), al torrone al mirto, i sospiri, dolcetti… e il mitico porcetto sardo. Il maialino da latte arrosto, accompagnato da patate, viene servito su un vassoio di sughero, sul quale viene steso un letto di pane carasau (di millenaria memoria, anche chiamato in italiano carta musica per la sua croccantezza) e rami di mirto. E’ una delizia dalla quale non ci si può esimere.
Parlando di liquori non tutti sanno che esiste anche il mirto bianco, realizzato non con le bacche, bensì con un infuso di foglie di mirto. E tra gli ammazzacaffè, il filuferro o abbardente, di ancestrale memoria, acquavite locale. Per i meno puristi, un libro cita il carrarmato, miscuglio dei due finepasto…

Viti, vigne e cantine caratterizzano la Sardegna: nella costa settentrionale potrete visitarne molte lungo le strade che portano a Porto Torres.
Per accompagnare i vostri pasti, non dovete perdervi il classico Vermentino, fresco, da gustare con un aperitivo di pesce davanti al mare, magari a Isola Rossa, primo borgo marinaro verso la Costa Paradiso (così denominato per le rocce rosse che si protendono nel golfo, creando un paesaggio suggestivo, soprattutto col mare mosso al tramonto…); e poi il Cannonau, il Nepente (“non te ne penti“) di Oliena, i rossi del Mandrolisai. E molti altri ancora! Anche le birre artigianali sarde hanno molto da raccontare.

Tornando alle escursioni, da queste parti è necessaria l’auto, le strade principali son ben tenute e quindi il miglior modo di arrivare sull’isola dal “continente” è il traghetto. Tra le visite immancabili, quella a Castelsardo, incantevole borgo medioevale, adagiato su un promontorio che si affaccia al centro del Golfo dell’Asinara. Le sue bellezze naturalistiche, le splendide insenature, i prodotti tipici, l’artigianato, le tradizioni ed il caratteristico porto ne fanno una delle località turistiche più suggestive della Sardegna. Vi diciamo subito che è impraticabile con passeggini: il borgo si sviluppa tutto a scale irregolari. Svettano sul promontorio l’antico castello, le possenti mura ed il campanile aragonese della bellissima Cattedrale dedicata a S.Antonio Abate. Tutte le chiese di questa zona riservano misteri e tracce dei cavalieri templari… anche questa cattedrale non ne è esente, provate a guardare i simboli sui gradini dell’arco di ingresso verso la cattedrale.

Sotto il castello si trova la chiesa di Santa Maria, di epoca medioevale, dove sono custoditi un’antica statua di S. Francesco e il Crocifisso del Cristo Nero, considerato il più antico dell’isola.

La cinta muraria a mare, con il percorso di sentinella, è stato recentemente ripristinato nell’area di Manganella, con l’accesso al mare “Mandracho del soccoro”, da cui si gode di una splendida vista sull’intero Golfo dell’Asinara.

Se amate il trekking, potete visitare anche i resti del Castello dei Doria, restaurato, e ora sede del Museo dell’Intreccio Mediterraneo, interessante esposizione dell’artigianato ottenuto dall’intreccio delle fibre vegetali proveniente dalla Sardegna, dal resto d’Italia, e da altre località del Mediterraneo: Castelsardo è infatti famoso in tutto il mondo per la lavorazione artigianale della palma nana con cui si realizzano cestini. Cesti e panieri intrecciati son ben rappresentati sui monumenti nuragici in tutta la Sardegna.

Ed ecco così un’altra costante dell’archeologia sarda: i nuraghi. Unici nel loro genere, costituiscono i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati che si possano trovare oggi in Europa e sono generalmente considerati come il simbolo più noto della Sardegna. Sull’isola ne sono stati censiti oltre 7.000, isolati o in gruppi, grandi e piccoli, a tholos, polilobati o in villaggi. In passato erano diverse decine di migliaia.
Pochi siti nuragici sono effettivamente curati e custoditi: la gran parte presenzia solitaria in cima alle colline o sugli altipiani, accessibile tra erbe e sterpaglie.

L’etimologia di Nuraghe è ricondotta a “fuoco grande”, casa grande, detta così, per eccellenza, da nur (fuoco) ed hag o hagah (grande, amplus, magnus), oppure hag (tectum), casa coperta a culmine. Tra questi, citiamo il bel nuraghe Paddaggiu o Paddaju (anche chiamato nuraghe Sa Eni), ottimamente conservato, situato lungo la strada nei pressi di Valledoria.
Un autore dice che accendendo un giornale all’interno di un nuraghe, questo lievita. L’operazione è fortemente sconsigliata perlomeno nella stagione estiva, data la quantità di paglia è opportuno evitare di appiccare involontari focolai.

Dolmen, menhir, tombe dei giganti, a migliaia, completano il panorama arcaico ed archeologico di questa terra che ha ancora moltissimo da raccontare… potrete scorgerli dove meno ve lo aspettate, fuori dai classici circuiti delle guide turistiche.

Tra le curiosità, a Martis si trova la Foresta Pietrificata di Carrucana, di epoca Miocenica (circa 15 milioni di anni). I reperti disposti lungo l’argine del Riu Altana, hanno notevoli dimensioni; alcuni presentano fori centralmente altri invece sono completamente mineralizzati. Tutte le parti lignee dell’antica foresta si sono trasformate in roccia, assumendo la fisionomia di vere e proprie sculture naturali. Se ne trovano diverse anche nei campi dei paesi adiacenti. A Martis merita una visita anche la chiesa di San Pantaleo, l’esempio più compiuto e coerente di linguaggio gotico-italiano, trapiantato in Sardegna prima che la conquista aragonese vi diffondesse quello proprio delle maestranze gotico-catalane.

Per gli amanti delle escursioni naturalistiche, segnaliamo che non distante dal paese di Martis è presente un’area di grande interesse, caratterizzata dalla fusione perfetta del rosso delle rocce trachitiche e il verde intenso della vegetazione che ricopre queste zone: è la stretta gola di Badde Traes, scavata nel corso dei millenni dal Rio Masino. Pareti a strapiombo e suggestive nicchie create dagli agenti atmosferici sono gli elementi peculiari di questa incantevole valle. Poco distante, in località Triulintas, alla confluenza del Rio Pontisella nel Rio Masino si forma una cascata con un salto di una quindicina di metri, le cui acque formano un piccolo lago naturale. Ad incorniciare il tutto, fitte erbe acquatiche, salici e olmi rendono più pittoresco questo scenario. Un tempo queste acque azionavano un antico mulino; i resti sono ancora visibili nei pressi della cascata.

Perfugas, fonti e pozzi sacri

Perfugas ha da offrire molto agli amanti dell’architettura, dell’archeologia e del mistero. Merita una visita la parrocchiale della Madonna degli Angeli, fondata nel ‘500. Nei pressi della chiesa si trovano i resti del Pozzo sacro nuragico Canopoli, fra i più antichi e importanti dell’isola: per visitarlo occorre chiamare la proloco, ma è cmq ben visibile anche dalla cancellata esterna. E’ un pozzo meraviglioso: interamente in calcare bianco, ha una camera sotterranea per la raccolta dell’acqua. Durante i lavori di scavo sono state ritrovate ceramiche nuragiche, puniche e romane, nonchè due interessanti bronzetti raffiguranti un toro (attualmente al museo di Sassari) e una mucca (Cagliari). Si ritiene che qui si svolgessero dei rituali sacri di purificazione e/o rigenerazione. Simbolicamente, l’ingresso alla camera del pozzo, situata nelle profondità della terra, poteva significare l’unione sacra tra l’uomo e la ‘madre’ ancestrale, la Natura.

L’acqua è un elemento determinante nelle civiltà che hanno frequentato queste regioni. Di notevole interesse, sempre a Perfugas, è anche la fonte Sacra di Niedda.
Dal paese è possibile spostarsi verso il piccolo centro di Santa Maria Coghinas, da cui si raggiungono in breve le famose Terme di Casteldoria, sulla riva del fiume Coghinas, sorgenti calde che sgorgano nella scenografica gola di Casteldoria.

Per qualsiasi informazione: www.prolocoperfugas.it

Nell’entroterra, tra templari e mistero

Nella regione dell’Anglona sassarese e in particolare nella vallata del fiume Silanis, si trova la più alta concentrazione di chiese e monasteri di tutta la Sardegna, gravitanti intorno alla chiesa templare di San Nicola di Silanis, i cui ruderi sono situati nel comune di Sedini, costruita su una geometria sacra e centro di due direttrici che formano una croce. Alle estremità della direttrice lunga si trovano San Pancrazio (Sedini) e san Pietro delle Immagini (a Bulzi).

Raggiungere la chiesa, o meglio, quella che fu fortezza di San Pancrazio, non è semplice, dal momento che l’ultimo percorso stradale è interamente sterrato tra campi di sugherelle, ma soprattutto non è segnalato da alcun cartello nè gps… per visitarla occorre fermezza e orientamento, dopo averla vista in cima alla collina oltre l’abitato di Sedini, proseguendo tra le colline dopo l’antenna della Rai. E’ maestosa, silenziosa, mistica. Si tratta in origine di un rifugio templare per i pellegrini che andavano verso la Terra Santa. All’esterno è possibile scorgere tracce dei cosiddetti sandali del pellegrino, ma anche date della seconda guerra mondiale… oggigiorno è aperta una sola volta all’anno, in occasione della festa del Santo. La pace e il panorama che si godono da questo luogo templare, vale comunque la fatica di raggiungerlo… ci si può perdere con l’immaginazione di valorosi uomini a cavallo che da qui partivano e giungevano…

Anche la chiesa di san Pietro delle Immagini a Bulzi riserva enigmi e sorprese ad una attenta visita, simboli numerici e apocalittici e soprattutto un articolato sistema di luci e aperture, realizzato con antiche sapienze orientali, che scandisce il passare del tempo religioso. L’acquasantiera è realizzata con un antico albero fossilizzato, della foresta pietrificata di cui abbiamo parlato prima. Conservava all’interno alcune sepolture e un crocifisso del 1200, Su Rughifissu, visibile oggi nella Parrocchiale di San Sebastiano, sempre a Bulzi. Taglio delle pietre, simbolismo, astronomia, matematica, arte e liturgia: tutte caratteristiche templari.

Ma sono ancora molte le chiese che meritano una visita, alla ricerca di simboli e misteri. Tra queste, la parrocchiale di Tergu. Vi si giunge percorrendo il Viale dei Benedettini, via centrale del paese, lungo il quale è possibile ammirare quindici sculture in trachite rosa dello scultore Stefano Chessa che rappresentano le fasi della Passione e Morte di Gesù, una Via Crucis unica nel suo genere. La Chiesa di Nostra Signora o di Gerico è una delle massime espressioni dell’architettura romanica in Sardegna. Si narra che anche i Templari contribuirono al suo ampliamento. Tra le tante particolarità, da notare scolpite lungo gli archetti ciechi in calcare bianco in facciata, le rose di Gerico, sia in fiore che secche, esplicito riferimento al fenomeno dell’ igrocrasia, cioè l’assenza di umidità; nel transetto sono visibili l’Arca dell’alleanza e il nodo di Salomone.
La chiesa e i resti dell’adiacente abbazia si trovano in un’area campestre, accessibile tramite un bell’arco in pietra. Una rilevante curiosità è stato il ritrovamento archeologico di una antica fornace per il vetro.

Da un articolo de” L’Unione Sarda”: “Uno di questi segreti ha fatto rizzare le antenne perfino ai responsabili del Centro sperimentale del vetro di Murano, arrivati a Tergu in tutta fretta per analizzare alcuni dei più importanti reperti trovati sotto alle fondamenta del monastero. Si tratta di cocci di vetro. Ma non banali cocci di vetro. Frammenti di varie forme e dimensioni prodotti da una fornace di cui è stato ritrovato in buono stato di conservazione il crogiuolo, ossia la parte in cui venivano fusi i minerali per la produzione del vetro. L’epoca è quella del X-XI secolo, e i ritrovamenti sono le uniche testimonianze che permettono di stabilire con esattezza un passaggio epocale nella produzione del vetro. Fino al VIII-IX secolo il vetro veniva prodotto utilizzando un minerale proveniente dall’Egitto, il natron. Poi si passò alla produzione dalle ceneri. Per un breve periodo il vetro veniva creato utilizzando una tecnica mista. I vetri prodotti a Tergu mille anni fa e ritrovati negli scavi di questi giorni rappresentano proprio questo storico passaggio: sono vetri misti. Oltre ai vetri ci sono molti manufatti di origine araba, e numerosi reperti organici che paradossalmente sono arrivati a noi quasi intatti grazie a un incendio. Un rogo che distrusse parte del monastero e che causò la carbonizzazione degli oggetti conservati in quella che verosimilmente doveva essere la dispensa dei monaci benedettini”.

Sulla via del traghetto a Porto Torres…

nell’attesa di imbarcarvi, prima di lasciare questa misteriosa e suggestiva Isola, andate a visitare San Gavino: è la più antica e più grande basilica romanica che la Sardegna possiede. A 5 minuti dal porto, merita anche ben più di una frettolosa visita…
Gli scavi hanno individuato almeno due chiese preesistenti a questa: una del V secolo e l’altra del VII secolo, una cisterna bizantina, tombe e altro ancora. la chiesa è stata ampliata con il contributo dell’ “Ordine del tempio”. E’ una chiesa molto particolare: vi si accede da un fianco, avendo due absidi opposte, una a est e una a ovest; l’altare è situato a occidente, al contrario della consuetudine. I capitelli delle colonne interne sono di reimpiego romano; possiede due cripte, di cui una enorme, che è possibile visitare solo in orari prestabiliti.
Tra le curiosità, da notare l’acquasantiera: al contrario che a Rennes le Chateau, dove è retta da un demone, qui è retta da un angelo (anche se mancano le ali); ma come a Rennes le Chateau, vi è una campana appoggiata sul pavimento…

Consigliamo di visitare anche questo sito, dove potrete approfondire molti aspetti enigmatici: www.duepassinelmistero.com/Sardegna.htm

Sono solo alcuni degli incontri che potrete fare in questa meravigliosa isola… e naturalmente sono molte le escursioni in battello, verso l’Asinara, Caprera, la Maddalena…
C’è molto altro da vivere, gustare e vedere!