È utile calzare scarpe di gomma, in spiaggia e in acqua: un suggerimento che è una necessità quando ci si reca nei Paesi tropicali, i cui mari sono popolati da varie specie di pesci velenosi e anche alcuni parassiti che vivono nella sabbia e che possono penetrare nella cute umana.

La puntura degli aculei di un riccio di mare può causare dolore e bruciore, soprattutto se le spine si spezzano all’interno della pelle. Accertatevi che la spina sia completamente eliminata senza penetrare nella pelle, in caso contrario rivolgetevi ad un medico.
La Tracina o pesce ragno, vive in acque poco profonde o lungo le spiagge, mimetizzandosi sui fondali sabbiosi. Se calpestata utilizza le pinne dorsali contenenti aculei velenosi per difendersi. Il dolore è molto acuto e progressivamente, nel giro di 30 minuti, può risale lungo l’arto sino all’inguine. Può durare 16-24 ore. Vanno rimossi gli aculei conficcati e bloccato il flusso del veleno, è necessario un supporto medico.
Gli stessi consigli valgono per gli aculei dello scorfano e per il pesce pietra dei paesi esotici: posare il piede sopra gli aculei aghiformi della pinna dorsale provoca dolori che risalgono dal piede, formicolii e intenso malessere con sudorazione, dispnea e insufficienza cardiaca.
Importante rivolgersi tempestivamente al soccorso medico.

Speciale Meduse: cosa fare

Le meduse del Mediterraneo sono fra le meno pericolose, ma i loro filamenti possono causare bruciore intenso e dolore, seguito da prurito, causati dalla sostanza urticante che le meduse iniettano nella nostra pelle, ovvero una miscela di tre proteine a capacità paralizzante, urticante e neurotossica. Il nostro organismo reagisce naturalmente, liberando adrenalina che contrasta gli effetti della sostanza liberata dalla medusa.
Attenzione anche alle attinie vicino agli scogli, che hanno il medesimo comportamento.

Nel Mediterraneo

La Pelagia noctiluga detta medusa luminosa perché di notte è fosforescente, è la più pericolosa presente nel Mediterraneo. Le sue dimensioni sono ridotte, circa 10 cm di diametro, colore rosa-marroncino, spesso se ne vedono interi banchi; ha tentacoli esili e quasi invisibili, che arrivano anche a un metro, molto urticanti al punto da lasciare anche cicatrici. E’ velenoso anche l’ombrello.
Una meno pericolosa è la Rhizostoma pulmo, di colore bianco latte-azzurrognola con il caratteristico bordo violetto dell’ombrello; il diametro può essere superiore ai 50-60 cm, con tentacoli corti e tozzi.

La “Caravella portoghese” si diffonde anche nel Mediterraneo

Pericolosissima anche la Physalia Phisalis, detta Caravella portoghese, presente nei mari tropicali, con una parte galleggiante simile a una piccola busta di plastica blu rigonfia, con tentacoli sottilissimi, traslucidi, lunghi sino a 40 metri, la cui tossicità è paragonabile a quella del serpente cobra. Diffusa negli oceani, è recente notizia la sua presenza, sempre più diffusa, anche nel Mediterraneo e nelle coste italiane.
Non è una vera medusa, quanto una colonia di quattro diversi tipi di polipi reciprocamente dipendenti per la sopravvivenza.

L’aspetto più preoccupante è l’estrema difficoltà nel percepire la sua presenza in mare: un tentacolo lungo una trentina di metri è in grado di ustionare una persona che sta nuotando senza che questa abbia la minima possibilità di vedere la sacca dell’animale, lontana diverse decine di metri. I lunghissimi tentacoli rilasciano aculei particolarmente urticanti e che hanno il potere di far abbassare la pressione sanguigna con il rischio di collasso. E’ necessario prestare molta attenzione, perché i tentacoli rimangono attivi e potenzialmente urticanti anche quando la caravella portoghese è morta da qualche tempo: ha più di 10 tipi di veleni diversi e non si conoscono ancora antidoti efficaci.

In seguito ad una puntura il dolore è lancinante e può causare perdita grave di coscienza. Sulla zona colpita si forma quasi subito un eritema che poi si ricopre di bolle, mentre su tutto il corpo si formano successivamente pompfi prurigginosi. Segue ansia, angoscia, vomito, svenimento e sensazione di morte imminente. Nei casi lievi le lesioni si risolvono con cicatrici che possono rimanere per mesi, mentre ansia e vomito si risolvono in qualche giorno. Nei casi gravi le lesioni possono trasformarsi in piaghe profonde e purulente.

Come prima misura immediata, immergere in acqua a 45°C la parte colpita per 20 minuti. Non bisogna fare bendaggi che aumentano la quantità di veleno iniettato, non bisogna lavare con soluzione alcoliche e non bisogna usare farmaci studiati per altre meduse del tipo Chironex: sulle punture di Physalia e Sthomolopus provoca l’effetto opposto.

… e negli oceani

La medusa più pericolosa vive nelle acque dell’Australia settentrionale: è la Chironex fleckeri, chiamata cubo-medusa (box jellyfish) per la forma quadrangolare, soprannominata dai pescatori filippini e giapponesi medusa di fuoco. E’ piccola (il diametro è di circa un palmo) con tentacoli che si possono allungare da qualche centimetro a qualche metro, trasparente. Al contatto, dolorosissimo, introduce un veleno neurotossico che può portare rapidamente alla morte. Si nasconde nei bassi fondali fra le radici delle mangrovie, presso gli sbocchi dei corsi d’acqua dolce. Nella stagione secca (da maggio ad ottobre), abbandona la costa e si porta al largo. Si ritiene che faccia più vittime dei pescecani.

Primo intervento

I consigli fondamentali: lavate con acqua calda la parte urticata, non grattate, mettete gel al cloruro d’alluminio, e chiamate subito il 118 in Italia o il soccorso medico all’estero, se la reazione è diffusa e se si hanno difficoltà respiratorie, pallore, sudorazione.
Uscite dall’acqua e fatevi aiutare da qualcuno, se sono rimaste parti della medusa attaccate alla pelle cercate di rimuoverle con movimenti simili a una rasatura, anche con un coltello (attenzione a non tagliare, dovete rasare e rimuovere i tentacoli, e ovviamente non con le mani nude!) e fate scorrere acqua di mare quanto più calda possibile, per eliminare eventuali tossine residue: se non rimosse o neutralizzate, continueranno ad aprirsi ed urticare, specie se vengono toccate o strofinate.

Cosa applicare

Non grattate, non strofinate sabbia, non applicate alcol o ammoniaca. Sono inutili anche cortisonici e antistaminici. Non utilizzate ghiaccio o acqua dolce, favorisce l’apertura delle tossine residue.
Applicate, invece, sulla parte interessata di un gel astringente al cloruro d’alluminio (venduto in farmacia), che ha un’immediata azione antiprurito e blocca la diffusione delle tossine.

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