Il MANN riparte dagli Etruschi. E di questo antico popolo, che svolse un ruolo di primo piano nell’evoluzione della civiltà in Italia e nel Mediterraneo, rivela un volto inedito, sorprendente, oggi al centro di un avvincente capitolo della ricerca archeologica.

Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, apre al pubblico “Gli Etruschi e il MANN”. Curata da Paolo Giulierini e Valentino Nizzo, con il progetto scientifico di Valentino Nizzo, il coordinamento di Emanuela Santaniello e l’organizzazione di Electa, la mostra presenterà 600 reperti, di cui 200 mai visti prima dal pubblico: un viaggio lungo un anno (l’esposizione sarà aperta fino al 31 maggio 2021), dedicato alle tracce lasciate dagli Etruschi nell’area campana.

Gli Etruschi sono abitualmente associati ad altri territori, come la Toscana, il Lazio e l’Emilia Romagna. Solo dalla seconda metà dell’Ottocento, più o meno con l’Unità d’Italia, è stata accettata ufficialmente l’idea di una loro presenza in Campania. Ma nessuno aveva mai dedicato a questo tema una mostra di simili dimensioni”, dice Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. “Attraverso reperti provenienti dai depositi del Museo, insieme a prestiti di altre istituzioni e collezioni, ricostruiremo una storia di frontiera, nella quale gli Etruschi possono essere considerati quasi come dei cowboy. Partendo probabilmente dall’Umbria, raggiunsero le pianure campane e le dominarono per diversi secoli, intrecciando legami culturali, commerciali e artistici molto stretti con gli altri abitanti di quei luoghi, gli altri popoli italici e i Greci”.

La mostra si articola in due sezioni tematiche

La prima, di carattere prevalentemente archeologico, è intitolata “Gli Etruschi in Campania” ed approfondisce la documentazione relativa alla presenza della popolazione nella regione. I reperti esposti provengono soprattutto dalle necropoli localizzate nelle aree di passaggio tra l’entroterra appenninico e il Tirreno (Carinaro, Gricignano d’Aversa, Capua, Sala Consilina, Pontecagnano), gli stessi territori dove tracce etrusche sono ancora evidenti nella toponomastica (da Cava de’ Tirreni, dove si omaggiano i più antichi abitanti della città, al fiume Volturno, che prende il nome dalla principale divinità etrusca). Questi materiali riflettono la grande permeabilità delle genti che popolarono la regione e la tendenza a lasciarsi contaminare dalle culture limitrofe: caratteristiche che emergono anche quando i reperti vengono messi in rapporto con altri nuclei che sono in mostra, come la Tomba Bernardini di Palestrina, sepoltura tra le più ricche che il mondo antico ci abbia restituito (inizio del secondo quarto del VII sec. a.C.), in prestito dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

La seconda sezione, “Gli Etruschi al MANN”, valorizza i materiali etrusco-italici del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, acquisiti sul mercato collezionistico in varie fasi della sua storia e spesso provenienti da aree esterne alla Campania.

Scavare negli sterminati depositi del MANN è sempre un privilegio unico”, spiega Valentino Nizzo, Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. “Farlo per andare a caccia di Etruschi lo ha reso ancora più avvincente. Da un lato perché si è così potuto delineare un rigoroso percorso storico-archeologico volto a ricostituire la trama di relazioni che caratterizzò la plurisecolare presenza degli Etruschi in Campania. Dall’altro perché l’approfondimento delle vicende antiquarie e collezionistiche legate alla riscoperta dell’importanza del loro dominio nella regione ha offerto una prospettiva per molti versi inedita sull’evoluzione della disciplina archeologica”.

A questo segmento dell’esposizione appartengono alcuni reperti molto preziosi, come il Bronzetto dell’offerente dell’Elba (fine VI- inizi V sec. a.C., il manufatto più antico ritrovato sull’isola toscana ed il “primo etrusco” acquisito nelle collezioni del Museo  napoletano) e le lastre di terracotta di rivestimento del Tempio delle Stimmate di Velletri (terzo quarto del VI sec. a.C.).

Le 600 opere, presentate nelle due sezioni della mostra, coprono un arco temporale molto ampio, che va dal X al IV secolo a.C., offrendo al pubblico un’esperienza che si sviluppa su più livelli, linguaggi e chiavi di lettura.

Uno degli obiettivi del MANN è andare oltre all’identificazione esclusiva della Campania con le città vesuviane, Pompei ed Ercolano”, dice Paolo Giulierini. “In questa mostra, i visitatori napoletani e campani scopriranno manufatti, oggetti e altre tracce lasciate da antenati che fino a oggi forse non sapevano nemmeno di avere. Il pubblico proveniente dalle altre regioni d’Italia avrà invece ulteriore conferma dello straordinario laboratorio di culture e civiltà che è da sempre il nostro Paese, nonché del ruolo fondamentale giocato dagli Etruschi, un popolo che – come ricorda Valentino Nizzo – fu l’effettivo dominatore della penisola prima dell’avvento dei Romani. C’è poi un ulteriore aspetto che emerge con evidenza dalla mostra: la forte connotazione multiculturale del territorio. La Campania etrusca era un vivace crogiuolo di popoli, il suo approccio aperto nei confronti delle diversità e della contaminazione la rendeva già estremamente contemporanea”.

Come molti altri istituti della cultura italiani, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha riaperto al pubblico lo scorso 2 giugno.

“Gli Etruschi e il MANN” è la prima mostra inaugurata dopo il lockdown e sarà visitabile a prezzi molto vantaggiosi: fino al 31 dicembre 2020, il biglietto, che includerà anche il percorso classico all’interno delle collezioni museali, avrà un costo di 8 euro per adulti, 12 euro per due adulti over 25 anni e 2 euro per giovani (18-25 anni non compiuti).

L’esposizione rimarrà aperta fino al 31 maggio 2021 e, successivamente, i reperti del MANN andranno a costituire una sezione permanente dell’Istituto: riscoperti dopo secoli di oblio, gli Etruschi “di frontiera” della Campania troveranno uno spazio dedicato tra i protagonisti del Museo.

L’esposizione “Gli Etruschi e il MANN” è accompagnata dal catalogo a cura di Valentino Nizzo (edito da Electa) e dal volume Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo, parte del ciclo di pubblicazioni scientifiche “Quaderni del MANN”, sempre a cura di Valentino Nizzo e pubblicato da Electa.

 

La mostra è stata realizzata con il contributo della Regione Campania.