È un ponte del 2 giugno all’insegna della Bellezza quello che è possibile vivere alla Fondazione Magnani Rocca: il Parco romantico popolato da sontuosi pavoni – la Villa dei Capolavori col percorso sull’età della Duchessa Maria Luigia e i preziosi tappeti di inizio Ottocento visibili per pochi giorni – gli ambienti privati di Luigi Magnani, con la camera da letto Impero aperta al pubblico per la prima volta – la collezione permanente da Tiziano, a Goya a Cézanne. E naturalmente la grande mostra su Gino Severini con 100 magnifiche opere.

Così Gino Severini descrive la sua Danseuse articulée presentata alla Galerie Boutet de Monvel nel gennaio 1916 in una Parigi desolata dalle partenze per la guerra: “Le opere esposte con i disegni e gli acquerelli erano 37; e fra queste opere ve ne era una curiosa intitolata Danseuse articulée e, fra parentesi: Tirez la ficelle et soufflez sur les plans mobiles. Avevo combinato un sistema di spaghi come in quegli arlecchini che si danno ai ragazzi, nei quali, tirando uno spago, si mettono in moto quelli di gambe e braccia. Avevo poi costruito due piani situati in un perno, perpendicolari alla superficie del quadro; soffiando su questi piani, essi si mettevano a girare su quel perno. Se si combinavano i due movimenti veniva fuori un gioco originale… Mi divertii immensamente durante l’esposizione a vedere ogni visitatore mettersi a tirare lo spago e a soffiare sui piani mobili!… Ci si divertirono pure tutti gli amici che, al di là della mia aspettativa, colsero l’occasione per farsi vivi con me e ritrovarsi fra loro. Vennero Picasso, Modigliani, Gris, Metzinger, Lipchitz, André Lhote, Survage, la baronne d’Oettingen”. Quasi una marionetta da puparo ottenuta con inserzioni di cartoncino colorato comandate dai fili, applicate su un fondo scenico popolato da violinisti disarticolati e signore eleganti, un gioco infantile che si trasforma in un marchingegno ben progettato, che rispondeva anche al tentativo di Severini di immettere movimento vero in un’opera di pittura, statica per propria natura. Romana Severini, figlia del pittore, ricorda che questa Danseuse fu realizzata per far divertire la sorella primogenita Gina, nata pochi mesi prima.

Nel 1948 la “marionetta danzante” lascerà casa Franchina – Gina Severini aveva sposato lo scultore Nino Franchina nel 1939 – per approdare alla collezione di Luigi Magnani e raggiungere la sontuosa villa liberty sulla via Nomentana dove il “Professore”, docente di Storia del manoscritto e del libro alla Sapienza, riceveva le massime personalità della cultura e dell’aristocrazia dell’epoca. La Villa di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, oggi sede della Fondazione Magnani Rocca, diventerà successivamente quel Pantheon dell’Arte, dove Magnani raccoglierà capolavori di ogni tempo e che oggi, fino al 3 luglio, ospita la mostra “Severini. L’emozione e la regola”, a cinquanta anni dalla morte dell’artista.

Allestiti in sequenza tematica, gli oltre cento lavori esposti documentano l’intero percorso di Severini, dall’inizio del Novecento agli anni sessanta. La sua pittura è caratterizzata da una sostanziale fedeltà ad alcuni soggetti, che emergono nei suoi esordi, declinati con approccio sempre rinnovato – prima divisionista, poi futurista, cubista e classicista – con riprese dove la creatività si unisce alla riflessione sul percorso compiuto. Sei le sezioni, che presentano i temi da lui maggiormente trattati: Il ritratto/La maschera, La danza, La grande decorazione, La natura morta, Il paesaggio, Il libro d’artista.

Magnani doveva amare veramente tanto la sua Danseuse; infatti, nel 1983, un anno prima della morte, in occasione dell’esposizione delle opere del tardo Ottocento e del Novecento nell’orangerie della Villa di Mamiano, dal titolo Da Cèzanne a Morandi e oltre, fra le tante e bellissime della sua collezione, scelse proprio quell’immagine per il manifesto dell’evento. “Il rapporto che amo con l’opera d’arte è quello che si riferisce esclusivamente alla forma. Un quadro pieno di contenuti, anche belle storie, non mi interessa affatto. Mi preme solo ciò che riguarda l’aspetto formale, se no resto indifferente”. Così il Professore, spiegava il proprio approccio con le opere d’arte; non era interessato ai contenuti di un dipinto ma agli esiti formali che l’artista aveva raggiunto.

Un rigore formale così risoluto farebbe pensare al rifiuto per principio del tumulto futurista, del movimento sovversivo intervenuto a sconvolgere secoli di bellezza accademica. In realtà in quella apparentemente scomposta Danseuse egli non colse frenesia, ma la ricerca di un ordine scientifico che prendeva spunto da una scena di movimento e concitazione per frammentarla e ricomporla secondo regole mentali da matematico-pittore quale Severini, in fondo, è sempre stato. Il rigoroso aspetto dell’opera – correttamente interpretato dal collezionista – esclude, infatti, energia e turbamento ed esalta l’idea di danza come decantazione di una forma iconica in un contesto di luci e suoni.

Subito dopo Severini ripensa ogni aspetto della poetica futurista, ristrutturando bruscamente la sua visione sotto un nuovo ordine mentale che annulla dinamismo, simultaneità e ogni altro aspetto del Futurismo, per ricondurre sempre più a una forma “pura” la visione artistica. Dovevano passare pochi mesi per giungere a quell’inatteso ritorno a uno stile classico levigato alla Ingres e per proseguire con rappresentazioni ormai perfettamente inscritte nell’orbita cubista.

Negli anni venti irrompe poi nella pittura di Severini il mondo gioioso, ma allo stesso tempo malinconico, della Commedia dell’Arte: un tema che diventerà un lessico personalissimo, sospeso tra incanto e realtà, con un “ritorno al classico” che rivela le radici profondamente italiane della sua pittura, in una declinazione prossima alla poetica del realismo magico. Il tema della maschera, per alcuni aspetti anticipato dalla “marionetta” giunta a Magnani, gli consentiva “di realizzare la mia geometria e di esprimere quel senso misterioso e fantastico che poi i surrealisti sfruttarono al di là del possibile”. Questo connubio tra l’umano e l’astratto, tra realtà e invenzione, è il contributo più originale che Severini porta a un tema al tempo assai in voga: la Commedia dell’Arte intriga anche Cocteau, Picasso aveva dipinto Arlecchino già nel suo periodo blu e lo riprende poi nelle forme di un nuovo classicismo; è così che Severini compenetra suggestioni picassiane ai ricordi dell’infanzia trascorsa a Cortona, dove era rimasto affascinato dalle compagnie di commedianti che giungevano in città. Dopo alcune sperimentazioni cubiste, tra il 1921 e il 1922 il tema della maschera viene sviluppato sulle pareti del castello toscano di Montegufoni con lo spirito del divertissement, non dettato da metafore esistenziali; presente in quegli anni, in forma di maschera teatrale romana, anche in diverse nature morte, sembra acquisire più avanti, nella dimensione intima della produzione da cavalletto, significati più profondi: la Commedia dell’Arte è, nel periodo tra le due guerre, un modo a un tempo lieve e tragico per narrare la scissione tra vita autentica e maschera “sociale”, negli stessi anni in cui Pirandello svolge una analoga indagine letteraria.

SEVERINI. L’emozione e la regola
Fondazione Magnani Rocca, via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Aperta fino al 3 luglio 2016. Aperto anche tutti i festivi. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Lunedì chiuso.
Aperto per tutto il ponte del 2 giugno (2, 3, 4, 5 giugno).
Ingresso: € 10,00 valido anche per le raccolte permanenti – € 5,00 per le scuole.

Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337 [email protected] www.magnanirocca.it

Visite guidate alla mostra su Severini e alle stanze private giovedì 2 e domenica 5 giugno ore 11.30, 15, 16, 17; sabato 4 giugno ore 16. È possibile prenotare via mail a [email protected]; oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti. Nelle giornate infrasettimanali la visita alle stanze private è consentita per gruppi che ne facciano richiesta, sempre accompagnati da una guida della Fondazione. Costo € 5,00 oltre al biglietto d’ingresso, durata circa 90 minuti (stanze private + mostra Severini). Per la particolare preziosità delle stanze private di Luigi Magnani è consentito accedervi a gruppi di massimo 20 persone accompagnate da una guida specializzata della Fondazione.

Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Daniela Fonti e Stefano Roffi
saggi in catalogo di Mauro Carrera, Alice Ensabella, Daniela Fonti, Giovanni Lista, Stefano Roffi.