In occasione del periodo pasquale, al Museo Diocesano di Milano (Corso di Porta Ticinese, 95), dal 23 marzo al 27 maggio 2012, verrà eccezionalmente esposto un capolavoro inedito di Giulio Cesare Procaccini, Ecce Homo.

L’iniziativa s’inserisce a pieno titolo nel programma del Museo Diocesano che intende approfondire il contesto figurativo nel quale nascono le opere che appartengono alla sua collezione permanente. Nel percorso espositivo è infatti presente una Pietà di Giulio Cesare Procaccini, proveniente dalla Quadreria Arcivescovile di Milano.

Ben poco si conosce a riguardo di questa tela. Il dipinto rivela la mano di Giulio Cesare Procaccini in un momento molto precoce della sua attività. Pur riprendendo un impianto iconografico di stampo bolognese, l’artista, nella delicata resa della dolente figura di Cristo, si ispira innanzitutto all’Ecce Homo di Correggio oggi alla National Gallery di Londra. Per la figura dello sgherro che solleva il velario, il riferimento principale sembra invece lo studio naturalistico condotto da Ludovico Carracci.
L’originalità del Procaccini si riscontra nella figura di Ponzio Pilato, la cui vitalità appare acquisita dalla densità cromatica veneta e il contatto diretto con la pittura di Rubens. È infatti verosimile che Giulio Cesare avesse ammirato il dipinto del grande maestro fiammingo raffigurante L’incoronazione di spine già nella chiesa di Santa Croce di Gerusalemme a Roma, con la quale l’Ecce Homo del Procaccini trova più di un riscontro nella resa cromatica e luministica, oltre che nell’analoga figura dello sgherro in controluce sulla sinistra.
L’Ecce homo costituisce molto probabilmente la prima significativa opera del Procaccini a Milano, senza la quale sarebbe difficile spiegare le ragioni della prestigiosa commissione all’artista, in concorrenza col Cerano, di opere per l’importante chiesa milanese di San Celso.

Il catalogo, edito da Grafiche dell’Artiere di Bologna, contiene saggi di Giulio Bora, Davide Dotti, Jonathan Bober, Davide Bussolari, Simone Ferrari.

Giulio Cesare Procaccini nacque a Bologna il 30 maggio 1574 e venne battezzato nella Cappella di San Tommaso del Mercato il primo di Giugno dello stesso anno. Trasferitosi a Milano con la famiglia verso il 1585, il giovane artista è documentato dal 1591 al 1599 quale scultore presso la fabbrica del Duomo e in Santa Maria presso San Celso, dove realizza alcuni assai apprezzati rilievi della facciata. Improvvisamente, abbandonando ogni altro progetto, egli decide di dedicarsi totalmente alla pittura, probabilmente indotto dall’iniziativa dei fabbricieri di San Celso di avviare la decorazione delle navate e degli altari laterali. Di fronte a un incarico di simile portata, affidatogli all’inizio del 1601 contestualmente al Cerano, egli si impegna ad aggiornare il suo linguaggio pittorico (già nel 1595 era indicato anche come pittore) intraprendendo un viaggio di studio fra Venezia, Parma, Bologna, presumibilmente Firenze, e Roma, documentato puntualmente dal biografo Cesare Malvasia nella Felsina pittrice.
Al suo rientro, già nel 1602 è al lavoro in San Celso su due campate per realizzare alcune figure di profeti e sibille che lasciano emergere tratti di una sorprendente modernità, evidenti in particolare nel puntuale illusionismo luministico e naturalistico. Il felice esito di quelle prove induce immediatamente i fabbricieri ad assegnargli anche due pale d’altare. La prima, una Pietà già ultimata nel 1604, condotta su un sottile gioco di penombre correggesche e cromatismi barocceschi, mostra anch’essa traccia dei modelli recepiti durante le sue ricognizioni centroitaliane, ormai assunti con sorprendente maturità e sottigliezza; la seconda, il Martirio dei Santi Nazaro e Celso, firmata e datata 1607, rivela un linguaggio più intenso e diretto, soprattutto nella definizione plastica delle figure che riflette l’approdo del maestro alle “mosse del Tintoretto”, come ricorda il Malvasia. Dopo l’esecuzione di dieci dipinti per la Cappella della Provvisione (1605-1606), nel 1610 Giulio Cesare riceve la prestigiosa commissione per sei quadroni del ciclo dei Miracoli di San Carlo per il Duomo di Milano, realizzato in concomitanza della canonizzazione del Borromeo. Il successo che ottenne in questa occasione determinò la crescente richiesta di suoi lavori da parte sia di committenti pubblici che privati, tra i quali il marchese genovese Gian Carlo Doria, in contatto con il Procaccini già a partire dal 1611. Nel 1618 il pittore soggiorna a Genova ospite del Doria, mentre all’8 giugno 1619 risale la chiamata a Torino, ove l’artista lavorerà fino al 1623 lasciando significative testimonianze della sua arte, quali il Paliotto della Sindone, oggi di proprietà della National Gallery di Ottawa, e il Caino e Abele della Galleria dell’Accademia Albertina. A partire dal dicembre del 1621 le condizioni di salute di Giulio Cesare sono abbastanza precarie; l’artista riesce comunque a lavorare ancora per quasi quattro anni, fino al sopraggiungere della morte avvenuta il 14 Novembre 1625.

ECCE HOMO di GIULIO CESARE PROCACCINI
Milano, Museo Diocesano (Corso di Porta Ticinese, 95)
23 marzo – 27 maggio 2012

Orari: dal martedì alla domenica, 10-18, lunedì chiuso.

Ingresso al Museo: intero: 8 Euro; ridotto 5 Euro

Catalogo: Grafiche dell’Artiere, Bologna

Inaugurazione: giovedì 22 marzo 2012, ore 18.00 (Sala dell’Arciconfraternita)

Per informazioni:
tel. 02.89420019; [email protected]
www.museodiocesano.it