Aprica, sabato 27 e domenica 28 febbraio 2010

Significa letteralmente suonare di marzo. Di antichissima origine è una tradizione prettamente contadina e un modo originale per salutare l’arrivo ormai imminente della primavera ed il ricrescere dell’erba. In tempi passati la pastorizia era l’attività primaria degli abitanti di Aprica e risulta pertanto comprensibile come fosse bene accetto un rito propiziatorio rivolto a salutare la ricrescita dell’alimento indispensabile per gli armenti. Anche gli strumenti musicali hanno una diretta attinenza con le abitudini e le necessità della vita contadina. Si suonano infatti campanacci e corni.

I campanacci vengono appesi al collo dei bovini quando vengono condotti al pascolo sulle malghe di alta montagna in estate, i corni – ricavati dalle corna dei caproni – sono strumenti musicali usati ovunque per segnalazioni. Non si sa esattamente da quanto tempo la tradizione sia in vigore, certamente possiamo affermare che è antichissima. In tempi passati si assisteva in occasione del suna da mars a vere e proprie dispute fra i giovani delle diverse contrade e spesse volte i diverbi venivano chiariti con la forza. Si suonava lungo le strade del paese per tre giorni consecutivi: gli ultimi tre giorni del mese di febbraio. Piccoli gruppi organizzati partivano da ogni singola contrada e si recavano nei territori di contrade diverse a significare la necessità del loro intervento per far ricrescere I’erba in quella contrada. Era poi gran vanto trovare il modo di porre un proprio rappresentante dinnanzi a giovani di una contrada diversa.

La mentalità dell’epoca e lo spirito giovanile che animava questa tradizione considerava questi gesti dei veri e propri affronti, determinando come già detto degli scontri fisici. Nell’ultima serata in ogni contrada si radunavano tutte le famiglie e veniva distribuito il mach. Il mach era una polenta, composta dalla farina data in omaggio da ogni famiglia, ma alle volte con la farina di grano saraceno si preparavano i pizzoccheri. Quello che si consumava era tutto dono della popolazione: dalla legna ai fiammiferi per accendere il fuoco, dal sale al burro per la polenta. Ogni famiglia si privava di qualche cosa per donarlo alla comunità. A chi era impossibilitato a consumare il mach perchè infermo o ammalato ne veniva portata una porzione a domicilio, cosi come per tutti i bambini della contrada che a causa della loro tenera età erano obbligati a rimanere nelle proprie abitazioni.

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