“Italia o Enotria: la vigna del Risorgimento” è un allestimento temporaneo che il castello di Grinzane Cavour ospita dal 2 giugno al 30 dicembre 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

“Italia o Enotria: la vigna del Risorgimento” lanciare uno sguardo diverso sugli anni risorgimentali e sull’identità profonda italiana. Il tentativo è di far intravvedere la grande storia nazionale (e quella locale del territorio) alla controluce della storia non solo del vino ma anche della vite. Dalla più remota antichità il suolo della penisola ha visto prosperare un numero inimmaginabile di differenti vitigni e le genti che quel suolo hanno popolato ne avevano sempre ricavato ottimi vini, celebri nell’antichità classica e in quella medievale. Nel punto dove la storia sfuma nel mito troviamo una delle più probabili etimologie della parola stessa Italia: deriverebbe da Italo, re mitico degli Enotri, una delle popolazioni preromane dell’Italia meridionale. Enotrio era il suo popolo e Enotria la sua terra, ma egli ne mutò il nome in Itali e in Italia. Enotria ha una comune radice con il vocabolo greco oinos (vino) e può essere sostanzialmente tradotto con “la terra delle viti”; le fonti greche antiche indicavano con Enotria o Italia, diverse regioni dell’Italia meridionale: man mano il significato che il termine abbracciava si estese all’intera penisola.
Il vino e la vite dunque accompagnano da sempre la storia della nazione e della penisola e ne seguono gli alti e i bassi.
Per il vino italiano l’800 è un secolo decisivo come pochi altri, al termine del quale i vini italiani riacquistano quel prestigio che nei secoli immediatamente precedenti si era appannato. Frammentata e divisa, dominata da altri sul proprio suolo e cinta tutto intorno da paesi grandi consumatori ma anche grandi produttori di vino, sostanzialmente isolata, l’Italia di inizio ‘800 non ha molto da offrire dal punto di vista enologico: Bordeaux e la Borgogna dominano i gusti delle corte europee, il siciliano Marsala è solo un’alternativa di minor prezzo ai Porto e ai Madera, ed è uno dei pochi vini ad essere oggetto di significative esportazioni (ed è commercializzato da inglesi).
Parallelamente all’Unità d’Italia, si compie negli stessi decenni il Risorgimento dei vini italiani e i protagonisti di entrambe le saghe tendono a coincidere: non solo Carlo Alberto, Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Bettino Ricasoli si sono occupati di enologia con esiti determinanti, ma viceversa anche molti protagonisti della storia enologica rivelano trascorsi patriottici e risorgimentali militanti. Due esempi per tutti: Antonio Carpenè, padre del prosecco veneto spumantizzato, fu uno delle migliaia di camice rosse che combatterono il Regno delle Due Sicilie sul Volturno; Ferruccio Biondi-Santi partecipò alla Terza Guerra d’Indipendenza e tornato a Montalcino decise di puntare sulla vinificazione in purezza del Brunello.

Non solo storia del vino, ma anche, e con il giusto rilievo, storia della vite: l’800 vede l’affermarsi della moderna ampelografia, la scienza che studia la vite e ne cataloga i numerosissimi vitigni. Il positivismo ottocentesco portò alla pubblicazione di imponenti opere che descrivevano le centinaia, le migliaia di differenti vitigni allora coltivati in Italia e in Europa, che spesso erano fisicamente riuniti in straordinari vigneti-collezioni.
Il conte Giuseppe di Rovasenda presso Verzuolo realizzò uno dei più grandi vigneti-collezione: oltre tremila accessioni diverse provenienti da gran parte di Europa per quello che giustamente fu definito il “vigneto universale”. Il conte di Rovasenda era un alto diplomatico del Regno di Sardegna.
La collezione del Rovasenda fu trasferita all’inizio del XX secolo presso la Regia Scuola di Viticoltura e Enologia di Alba, fondata pochi anni prima, per interesse di Giovanni Dalmasso, il più grande studioso della vite del secolo scorso, nato a Castagnole Lanze e tra i primi diplomatica della Scuola Enologica di Alba.

AMPELOGRAFIA STORICA UNIVERSALE ILLUSTRATA
“Italia o Enotria: la vigna del Risorgimento” mette al centro la ricchezza varietale dei vitigni italiani, come alto esito della storia umana e naturale della penisola: gode del privilegio di poter presentare le riproduzioni in anteprima di alcune delle splendide tavole ampelografiche ottocentesche contenute nell’opera Ampelografia universale storica illustrata, curata da A. Schneider, G. Mainardi e S. Raimondi, edita da L’Artistica Editrice di Savigliano, di prossima pubblicazione (per info sull’opera:).
L’opera, di enorme interesse sia per gli esperti di ampelografia che per gli amanti del vino, per la prima volta, infatti, riunisce le più belle collezioni di tavole ampelografiche: il Traité général de viticulture di Viala e Vermorel (1901-1910), l’Ampelografia Italiana, pubblicata a cura del Comitato Ampelografico del Ministero dell’Agricoltura nel 1882, e la Pomona Italiana di Giorgio Gallesio (edita tra il 1817 ed il 1839).

L’ALLESTIMENTO
Nella sala più alta del castello, il paesaggio del vigneto dalle sinuose colline entra nelle mura poderose del maniero, dove il filare è ricreato nell’essenzialità delle sue forme.
Esili e slanciate forme metalliche e morbide tele di tessuto leggero riscrivono con rispetto lo spazio della sala, senza minimamente occultarlo.
Il “filare culturale” diventa una metafora del racconto dell’Unità d’Italia e del Risorgimento dei vini italiani, attraverso i “grappoli storici”: le tele, come grappoli maturi, riassumono in sé i momenti salienti della storia, con un’insolita alchimia di testi e vedute, che inebriano l’immaginario del visitatore.
In audio didascalia diffusa, una voce narrante dà nuova vita alle lettere che il fattore del castello di Grinzane Cavour Giovanni Bosco scrisse a Casa Cavour, tra il 1847 e il 1852.

LE SEZIONI
La mostra è articolata in tre sezioni:
I vini dei Patrioti: esplora gli intrecci tra le biografie dei protagonisti risorgimentali con la storia del vino: Garibaldi sotto il sole nella sua vigna a Caprera, un Cavour meditabondo in cantina, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II che acquistano tenute e vigneti.. e molti altri ancora.
Le viti del Regno: esamina le dure difficoltà e i tre flagelli della vite che il giovane Regno d’Italia dovette affrontare nel campo della viticoltura e i provvedimenti che adottò per porvi rimedio.Oidio, fillossera e peronospora sono tre ampelopatie, malattie della vite, che provennero dall’America attraverso le importazioni di materiale vivo: l’applicazione della macchina a vapore ai battelli per le traversate oceaniche aveva ridotto il tempo necessario per la traversata, eliminando quella quarantena naturale che fino ad allora aveva protetto le viti europee dalle patologie delle viti americane, verso le quali non erano affatto immuni. Grande fu lo sforzo del Regno per modernizzare la viticoltura: fu tempo di cattedre ambulanti d’Agricoltura, Comizi agrari, Regie scuole di viticoltura e enologia (tra cui quella di Alba) e Stazioni sperimentali di viticoltura (ad Asti e Gattinara).
Il vino del Re: celebra la storia del vitigno Nebbiolo e del vino Barolo, ovvero del vitigno e del vino che più di ogni altri intrecciarono il proprio destino con la vita di Camillo Benso conte di Cavour e le vicende della dinastia dei Savoia. Il castello di Grinzane Cavour e quello di Barolo, la corte albertina a Pollenzo e la tenuta di Fontanafredda a Serralunga, fanno da sfondo ai momenti decisivi per la tradizione enologica delle Langhe e del Roero.