Rignano Garganico (FG). Reso noto il programma delle manifestazioni in onore della Madonna di Cristo, protettrice dei campi per i cittadini di Rignano Garganico, che le fanno omaggio scendendo da oltre mille anni a piedi dal paese alla cappella rurale ubicata in campagna a circa 6 km di distanza.

Festa della Madonna di Cristo – Nei giorni 24, 25 e 26 marzo festa a Rignano Garganico

PROGRAMMA

– Lunedì 24 marzo

ore 17.00 vespri al Santuario.

– Martedì 25 marzo

ore 8.30 Lodi mattutine in Chiesa Madre

ore 9.00 Partenza processione a piedi verso il santuario

ore 11.00 Santa Messa al Santuario

ore 12.00 Processione e benedizione dei campi e fuochi pirotecnici

ore 17.30 Vespri al Santuario

ore 18.00 Partenza della statua con corteo di auto al seguito

All’arrivo in paese fuochi pirotecnici

– Mercoledì 26 marzo

ore 18.00 Santa Messa di ringraziamento in Chiesa Madre

LA STORIA

La Madonna è venerata in una chiesetta rurale a circa 6 km dal centro abitato. E’ questa una ricorrenza assai cara al popolo, richiamando sul posto da secoli e secoli una moltitudine di cittadini e di forestieri, provenienti da ogni dove. E’ una festa diversa, perché viene consumata nell’omonima chiesetta, posta su un balzo roccioso ai piedi della montagna su cui sorge il paese. La origine della struttura (a due navate), come la statua (intagliata in legno di ulivo, si perde nella notte dei tempi. Il primo documento storico che parla di essa risale, infatti, al 1176 ed era uno dei tanti possessi dell’Abazia benedettina di San Giovanni in Lamis (ora convento di San Matteo). Come per il passato, per tutti i nove “sabato” (siamo al quarto), i devoti scendono a piedi, percorrendo l’antica mulattiera lastricata in pietra grezza che costeggia a zig-zag il versante meridionale dell’altura garganica. Gli altri, specie i forestieri e gli operatori agricoli delle vicine campagne, raggiungono l’omonima piana che si estende nel primo gradone montano100 m sul Tavoliere, non più con carretti e “sciarabà” ma a bordo di comode e veloci automobili. In tutto alcune centinaia di persone per volta (il giorno della festa sono migliaia). Dopo la recita delle rituali e sentite preghiere in Cappella, molti, specie le comitive giovanili, si disperdono tutt’intorno i a fare pic-nic per l’intera giornata, tra musiche, canti e balli. I più facoltosi, gli sprovveduti o i turisti occasionali si ristorano , invece, presso i Centri agro-turistici “Fiore” e masseria Paglicci, gustando prodotti e pietanze genuine. E’ una Madonna considerata dal popolo assai miracolosa, come dimostrano gli innumerevoli ex-voto custoditi nella sacrestia e la sua storia. Ecco, come descrive il giorno della grande festa, alla fine del secolo scorso, Giulio Ricci, nel suo romanzo “verista”: Rosedda, 1889, ristampato di recente a cura del Crsec FG 27 della Regione Puglia “Il martedì si celebrava in campagna la festa della madonna, rimandata da settimana a settimana per le acque continue e torrenziali cadute in primavera. Quella mattina predicava don Ioseppe; ma la predica che doveva essere una potente rivelazione del suo fecondo ingegno di oratore ed il di cui effetto era destinato a distruggere il rancidume, del quale puzzavano i discorsoni lunghi come litanie e sempre eguali e monotoni di don Costanzo, non piacque assolutamente. E dire che avrebbe potuto veramente affermarsi giacché mai uditorio era stato così scelto ed intelligente; tutte le notabilità del paese, ed il fior fiore delle signore più rispettabili venute di proposito, sugli asini, dalle villette lontane della Lama. C’era il sindaco in un gran soprabito ragnato, stivaloni a pieghe e speroni di acciaio lucente; c’erano tutti i tre gli assessori con le tube del sessanta senza peli e ritinte a furia di pennellate d’inchiostro, impalati nei cravattoni neri; c’era quel diavolo del farmacista, l’ateo del paese, che aveva la smania maledetta di mettere in caricatura ogni cosa financo il bambino di abete della madonna fatto a colpi di ascia dal Vardaro con grandissimo studio e lunga pazienza”. Dopo la leggenda dell'”apparizione”, pubblicata nei giorni scorsi, eccovi ora il seguito della cronaca di quei tempi: “Così si camminava. La beata Caterina con gli occhi pieni di lagrime e le mani convulse, in testa, intuonando il rosario e le canzoncine, dietro, il popolo rispondendo in una sola voce…Allelu…uia, ora pro nobis. A metà costa fu visto volare uno stuolo di colombi bianchi come la neve, il quale si alzò nel cielo, roteò tre volte sul capo della turba e si disperse in una grotta nereggiante cupamente in cima ad una collina. Avremo la grazia, gridò la beata Caterina e: sia lodatu ogni momentu lu santissimu sacramentu, continuò canticchiando con entusiasmo. Ella passava per la donna più santa del villaggio, la più immacolata; era essa che andava in secula e vedeva in sogno e parlava con i santi del paradiso e con i morti delle comari; a lei come alla sacerdotessa antica sui tripodi fiammanti, era dato di scongiurare gli spiriti maligni di evocare la madre di Cristo ed il Padreterno. Giunti nella valle si fermò e con un gesto imperioso di mano ordinò alla turba di prostrarsi. – Ave Maria! gridarono sordamente quelle migliaia di donne, con la bocca per terra e gli occhi in alto: Ave Maria! La beata Caterina si avvicinò alla grotta, si percosse tre volte le spalle nude col cilizio, si fece tre volte il segno della croce ed in mezzo al silenzio solenne della valle dritta sul limitare della spelonca urlò: – Esci, o Maria, i figli tuoi pentiti ed umiliati ti chiamano! – Esci, o Maria, noi figli tuoi, pentiti ed umiliati ti chiamiamo, risposero i sacerdoti. – Eccola! eccola! viene… vestita di bianco, proruppero le donne; eccola! ave Maria…ave Maria! Su quella grotta si fabbricò la chiesa e così la madonna di Cristo ebbe la casa sua. Quando don Ioseppe finì di raccontare la leggenda popolare tutti piansero…”.

LA LEGGENDA DELL’APPARIZIONE DELLA MADONNA DI CRISTO

Si riporta di seguito la leggenda dell’apparizione della Madonna di Cristo, non si sa quando, ma il luogo è verosimile. Si tratta della grotta su cui sorge l’attuale chiesa campestre, così più o meno come accadde tanti secoli dopo in quel di Lourdes in Francia. Il racconto – tratto dal romanzo “verista” Rosedda di Giulio Ricci, edito nel 1889 e di recente ristampato a cura del Crsec FG 27 della Regione Puglia – è parte integrante della predica che il buon parroco fa durante la cerimonia religiosa di una delle feste annuali di fine Ottocento dedicate alla Vergine. Lo fa, consapevole che la leggenda incide nei cuori semplici dei popolani più di qualsiasi discorsone. “Il martedì si celebrava in campagna la festa della madonna… Così si camminava. La beata Caterina con gli occhi pieni di lagrime e le mani convulse, in testa, intuonando il rosario e le canzoncine, dietro, il popolo rispondendo in una sola voce…Allelu…uia, ora pro nobis. A metà costa fu visto volare uno stuolo di colombi bianchi come la neve, il quale si alzò nel cielo, roteò tre volte sul capo della turba e si disperse in una grotta nereggiante cupamente in cima ad una collina. Avremo la grazia, gridò la beata Caterina e: sia lodatu ogni momentu lu santissimu sacramentu, continuò canticchiando con entusiasmo. Ella passava per la donna più santa del villaggio, la più immacolata; era essa che andava in secula e vedeva in sogno e parlava con i santi del paradiso e con i morti delle comari; a lei come alla sacerdotessa antica sui tripodi fiammanti, era dato di scongiurare gli spiriti maligni di evocare la madre di Cristo ed il Padreterno. Giunti nella valle si fermò e con un gesto imperioso di mano ordinò alla turba di prostrarsi. – Ave Maria! gridarono sordamente quelle migliaia di donne, con la bocca per terra e gli occhi in alto: Ave Maria! La beata Caterina si avvicinò alla grotta, si percosse tre volte le spalle nude col cilizio, si fece tre volte il segno della croce ed in mezzo al silenzio solenne della valle dritta sul limitare della spelonca urlò: – Esci, o Maria, i figli tuoi pentiti ed umiliati ti chiamano! – Esci, o Maria, noi figli tuoi, pentiti ed umiliati ti chiamiamo, risposero i sacerdoti. – Eccola! eccola! viene… vestita di bianco, proruppero le donne; eccola! ave Maria…ave Maria! Su quella grotta si fabbricò la chiesa e così la madonna di Cristo ebbe la casa sua. Quando don Ioseppe finì di raccontare la leggenda popolare tutti piansero…”.