Marsala, Convento del Carmine, 11 luglio – 11 ottobre 2009

Nel corso dell’arte del Novecento il motivo del Monocromo ha svolto un ruolo centrale: talmente rilevante che, secondo alcuni studiosi, la sua importanza nel XX secolo è stata analoga a quella della pittura di paesaggio nell’Ottocento. Partendo dalle prime codificazioni delle avanguardie storiche, in particolare del Suprematismo e del Costruttivismo russi, il Monocromo nella seconda metà del secolo scorso si è caricato di esigenze tra loro diverse e anche contraddittorie, tutte legate tuttavia a una idea di assoluto, di purezza elementare, di riduzione al grado zero dei codici espressivi in cui il valore simbolico del colore risaltava come fulcro del nuovo orizzonte del tempo. Non a caso, in Europa come negli Stati Uniti, la fortuna del Monocromo coincide con il superamento del clima legato all’informale e con la esplorazione di una diversa consonanza con lo spazio dell’uomo e dell’architettura.

In Italia, la grande stagione del Monocromo, non a caso praticato da alcuni tra i maggiori artisti del tempo, è legata così alla nuova fisionomia del paese ricostruito nei decenni del dopoguerra: l’ipotesi di una diversa relazione dell’arte con la tecnologia e con il pensiero scientifico, l’esigenza di confrontarsi con un paesaggio di materiali, procedimenti e immagini tipici di una realtà industriale vanno in questo modo di pari passo con la ricerca di una spiritualità contemporanea di cui il colore, nella sua intatta dimensione simbolica, è insieme veicolo e attore. Il valore evocativo e la realtà concreta del colore monocromo hanno così assunto, di volta in volta, declinazione diverse: allusione alla spazialità infinita come nelle opere di Lucio Fontana, evocazione ironica di un silenzio rarefatto come negli Achrome di Manzoni, ricerca di un sistema di variazioni numeriche e musicali come nelle opere di Castellani; ma anche attenzione al dato specifico dello spazio architettonico come nei lavori di Bonalumi e Scheggi, riutilizzo di materiali umili sottratti al fluire del tempo quotidiano come in Burri, Scarpitta o Uncini (rispettivamente cellotex, bende, cemento), suggestione della nuova iconografia dello schermo televisivo come in Schifano o Mauri.
La mostra Monocromo. L’utopia del colore, organizzata dall’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala”, e curata da Sergio Troisi, intende ripercorrere quel tema analizzando le differenti implicazioni della situazione italiana in un arco temporale compreso tra il dopoguerra e agli anni Settanta, durante il quale il motivo del monocromo è stato esplorato in un’ampia gamma di declinazioni: dalle proprietà di una spazialità dinamica ai rapporti con l’architettura, dalla analisi dei valori percettivi e sensoriali ricondotti alle loro dinamiche elementari al dato di materiali quotidiani presentati nella loro immediata evidenza. Un ampio ventaglio di poetiche, in cui la forza espressiva del colore assume su di sé il compito di riassumere la memoria e il destino dell’arte in un costante dialogo con l’assoluto e l’utopia.
La mostra espone oltre sessanta opere di: Franco Angeli, Vasco Bendini, Alberto Burri, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Pier Paolo Calzolari, Paolo Cotani, Gianni Colombo, Piero Dorazio, Ettore Colla, Pietro Consagra, Dadamaino, Tano Festa, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Francesco Lo Savio, Elio Marchegiani, Fabio Mauri, Piero Manzoni, Gastone Novelli, Claudio Olivieri, Giuseppe Penone, Mimmo Rotella, Angelo Savelli, Paolo Scheggi, Sal Scarpitta, Turi Simeti, Ettore Spalletti, Giuseppe Uncini, Claudio Verna.

La mostra verrà inaugurata il 12 luglio alle 18.30 al Convento del Carmine di Marsala. Catalogo Silvana Editoriale