Le isole Lipari, o Eolie, mitiche dimore di Eolo il dio dei venti, conservano antiche e solide tradizioni, tra queste quella della raccolta dei capperi che crescono spontanei, ma soprattutto quella affascinante della produzione della Malvasia, che ha fatto conoscere l’isola in tutto il mondo. Il piccolo arcipelago ha una lunga e gloriosa storia che risale alla colonizzazione greca avvenuta fra il 588 e il 577 a.C. Si dice che furono i Greci a importare nelle isole il vitigno di Malvasia e di sicuro furono i primi a coltivarvi la vite come è dimostrato dalle monete di Lipari del V secolo a.C. che raffigurano grappoli e tralci e il barbuto Efesto, dio del fuoco, in atto di porgere un nappo di vino agli dei. Anche ai tempi di Roma, le isole mantennero un’importanza economica e politica rilevante fino a che, nel periodo delle guerre puniche ebbero il torto di schierarsi dalla parte dei Cartaginesi determinando l’intervento dei Romani e la sottomissione del piccolo regno.

Per molti secoli la più importante attività dell’arcipelago fu la vitivinicoltura, concentrata per lo più nell’isola di Salina e, in misura minore, a Stromboli.

La Malvasia delle Lipari era considerata nel Medioevo tra le più pregiate e il favore dei consumatori si mantenne inalterato fino al XIX secolo quando l’ invasione della fillossera arrecò un duro colpo alla viticoltura dell’isola. Oggi la viticoltura è nuovamente in fase di sviluppo e nel 1973 la Malvasia delle Lipari ha ottenuto il riconoscimento DOC. Il disciplinare di produzione prevede tre versioni: Malvasia delle Lipari, Malvasia delle Lipari passito dolce naturale, Malvasia delle Lipari liquoroso. Per tutte le versioni le uve utilizzate devono provenire almeno per il 95% dal vitigno Malvasia delle Lipari, il restante 5% dal vitigno Corinto nero. Per la prima versione l’affinamento in bottiglia è previsto per un minimo di un anno ma si conserva anche per dieci anni e oltre, il colore varia tra il giallo oro e l’ambra, più carico via via che procede l’invecchiamento arrivando a tonalità dorato carico con sfumature rosee, il profumo è ampio con sentori di ligustro e ginestra, il sapore è dolce, pieno, con note di tamarindo e notevole aromaticità, equilibrato, con sentori di glicine, talvolta fruttato di ribes. Si serve stappando la bottiglia qualche minuto prima, con frutta fresca anche in macedonia e piccola pasticceria. La gradazione minima prevista è di 11,5% vol.

La versione Passito, chiamata anche Dolce Naturale, é ottenuta dalle stesse uve utilizzate per ottenere la versione normale, lasciate però preventivamente e parzialmente essiccare sulla pianta o su graticci. Ha colore giallo ambrato, profumo di eccezionale ampiezza con sentori di eucalipto, miele, fiori spontanei, erbe aromatiche e ligustro, il sapore è dolce ed elegante, vellutato, con leggero gusto di albicocca e lunga persistenza aromatica. L’affinamento prevede 6 mesi obbligatori ma può invecchiare anche dieci anni. Si serve stappando la bottiglia qualche minuto prima, si degusta da solo come vino da meditazione. La gradazione alcolica minima prevista da disciplinare è di 18% vol.

Esiste poi anche la versione Liquoroso con gradazione alcolica minima di 20% vol. la quale presenta il classico colore giallo carico mielato, mentre al naso i profumi ricordano albicocca e pesca. In bocca risulta morbido, pieno, caldo con un aromatica persistenza, fino ad essere avvolgente. Lo si abbina a dolci di mandorla, formaggi piccanti come provola e gorgonzola, e versandone poche gocce sul gelato. Anche per questa versione è previsto un affinamento minimo di 6 mesi e si conserva per oltre dieci anni.