Sono legate alla storia di Taggia, piccolo borgo ligure fortemente legato alla città di Genova, le vicende che riguardano un particolare vino, il Moscatello di Taggia. Ad esso è legato lo sviluppo economico e sociale di Taggia fino alla fine dell’Ottocento quando scompare come vitigno a causa di malattie parassitarie. Il Moscatello di Taggia è una varietà di Moscato del quale mantiene il caratteristico aroma di muschio e le principali caratteristiche ampelografiche: il grappolo a forma allungata, acini tondi di colore giallo dorato che presentano una caratteristica “piga” all’estremità.

I Moscati sono infatti una grande famiglia di vitigni cioè un gruppo di cultivar in qualche modo imparentate geneticamente tra loro con il carattere comune dell’aroma caratteristico detto appunto “di moscato”. Ne esistono sia bianchi che rossi ma sono sicuramente più importanti e numerosi i primi, i quali solitamente prendono il nome dalla zona di produzione; alcune caratteristiche distintive possono essersi originate nel tempo con l’adattamento climatico o a causa di incroci eseguiti nell’ambito di programmi di miglioramento, o ancora possono essere derivati da semenzali o mutazioni che anticamente sono stati propagati ad opera di contadini o vivaisti o monaci in modo più o meno consapevole, in ogni caso quasi sempre l’origine è incerta. Un interessante argomento attualmente all’attenzione della ricerca è proprio la definizione delle relazioni genetiche, la classificazione e l’identificazione dei Moscati presenti nel mondo.

Conformazione fisica, composizione ed esposizione dei terreni fanno della Liguria una terra vocata alla viticoltura. Curiosa è l’origine etimologica del nome della città di Genova che deriva da Giano, il suo mitico fondatore, tale nome in ebraico e in aramaico significa “vino”.

L’antichissimo popolo dei Liguri si stanziò in un territorio piuttosto vasto che arrivava fino a Marsiglia e occupava entrambi i versanti delle Alpi Occidentali. Erano divisi in tribù alcune delle quali sicuramente conoscevano la vite ma le loro conoscenze enologiche erano piuttosto primitive. Arrivarono ad acquisire un certo livello tecnologico in materia intorno al VI-V secolo a.C. grazie ai Greci che approdando sui lidi liguri portarono con sé il vino e in seguito iniziarono a produrlo in loco. Curioso è il fatto che le tribù che si integrarono con essi giunsero poi a popolare i territori dell’Alto Monferrato e dell’Albese: lo testimonia l’antico nome di Alba cioè Alba Pompeia la cui radice etimologica è molto simile al nome di altri centri liguri tra cui Albenga, Albissola, Album Intimilium (l’antica Ventimiglia).

Con l’affermarsi dell’egemonia romana giunsero in Liguria tecniche colturali avanzate che contribuirono a produrre i vini tanto citati e lodati da Plinio e Marziale.

Per tutto il Medioevo le principali colture della zona sembra siano state la vite e i seminativi, in particolare la vitivinicoltura era una fonte di reddito molto incisiva per l’economia della regione e tra i vini più rinomati compariva senz’altro il Moscatello di Taggia il cui mercato si estendeva da Roma, a Londra alle Fiandre, apprezzato da tutti e presente sulle mense dei re e dei papi tanto da rendere il borgo di Taggia già nel XV secolo un centro economico di rilievo.

Nel XVII secolo l’affermarsi dell’ulivo (famosa è l’oliva taggiasca), che la tradizione vuole impiantato dai monaci benedettini nel Medioevo, mise in secondo piano la viticoltura che riuscì comunque a mantenere un’apprezzabile superficie coltivata per tutto il ‘600 e il ‘700 fino a quando però, con l’invasione fillosserica dell’Ottocento, il vitigno subì il colpo di grazia. Attualmente il vitigno esiste ancora grazie all’opera di alcuni appassionati che producono piccole quantità di uva Moscatello. È in corso una campagna di sensibilizzazione rivolta alle autorità locali per la rivalutazione e il recupero di tale risorsa viticola. Il Moscatello di Taggia è un vino dal colore giallo paglierino e dal sapore dolce, sapido, persistente nella sua aromaticità tipica di moscato. È un vino da dessert, si abbina in particolar modo alla pasticceria e a prodotti tipici della zona come i canestrelli e i biscotti al finocchio.