Mille splendidi soli l’ho trovato per caso in una biblioteca di un agriturismo. Non sapevo di cosa parlasse, l’ho scelto, tra tanti altri, a pelle.
Me ne sono perdutamente innamorata, è tra i libri più belli che abbia mai letto.
Lo stile dell’autore è appassionante e coinvolgente, la lettura porta in un tempo e in luogo che fa dimenticare dove ci si trovi in una immersione totale nella storia. Sono 432 pagine che si divorano, in una sete di lettura come pochi altri. Il luogo è l’Afghanistan, con il suo vissuto, la sua anima, unica. Kabul con i suoi mille soli e i suoi giorni bui. In un tragico destino che, data la coincidenza con l’attualità, speriamo non si ripeta.
Me ne sono perdutamente innamorata, è tra i libri più belli che abbia mai letto.
Lo stile dell’autore è appassionante e coinvolgente, la lettura porta in un tempo e in luogo che fa dimenticare dove ci si trovi in una immersione totale nella storia. Sono 432 pagine che si divorano, in una sete di lettura come pochi altri. Il luogo è l’Afghanistan, con il suo vissuto, la sua anima, unica. Kabul con i suoi mille soli e i suoi giorni bui. In un tragico destino che, data la coincidenza con l’attualità, speriamo non si ripeta.
Il libro è secondo a Il cacciatore di aquiloni, altro testo magnifico, ma personalmente ho amato questo e si possono leggere in modo indipendente uno dall’altro. Mentre ne Il cacciatore di aquiloni risalta maggiormente la personalità maschile e la paternità, Mille splendidi soli è un libro tutto al femminile. Donne afghane, meravigliosamente donne.
Ecco la quarta di copertina.
A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua “kolba” di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l’arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una “harami”, una bastarda, e sarebbe un’umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera.L’unica cosa che deve imparare è la sopportazione. Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra.Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall’intreccio di due destini, una storia che ripercorre la storia di un paese in cerca di pace, dove l’amicizia e l’amore sembrano ancora l’unica salvezza.