“La storia della Palestina di I millennio non può più proporsi, come ancora viene fatto troppo spesso, solo nei termini della storia della religione del ‘popolo di Yahweh’, ma deve essere la storia di ‘tutti i popoli e di tutti gli dèi’ che abitavano questa regione”.

E’ questa la conclusione cui perviene Ida Oggiano, ricercatrice dell’Istituto per lo studio delle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, nel volume Dal terreno al divino. Archeologia del culto nella Palestina del primo Millennio, edito da Carocci e presentato il 25 ottobre 2006 al Cnr.

A rivelare quel coacervo di popoli e religioni che fu la Palestina in modo autonomo rispetto alla Bibbia è l’archeologia, mediante l’interpretazione di testi materiali delle antiche pratiche di culto. “Il Libro – sottolinea Oggiano – ha rappresentato per lungo tempo l’unica fonte per la ricostruzione della storia e della cultura di questo territorio, al punto che in alcuni casi l’archeologia è stata piegata alla sua testimonianza. Invece questa disciplina può aiutarci a rivelare una realtà più compiuta rispetto a quella tramandata dalle Scritture. Ad esempio, l’affermazione del monoteismo e dell’aniconismo – cioè il divieto di rappresentare la divinità con immagini – è collocabile solo a partire dal VII secolo a.C. e ancor più dopo l’esilio babilonese del VI secolo, quando di ritorno da Babilonia, grazie all’editto del re persiano Ciro il Grande, dopo la scomparsa delle strutture politiche, la comunità trovò nella fede religiosa il suo principale elemento di coesione nazionale”.

Durante l’età del Ferro, spiega l’autrice, nell’area palestinese convivevano invece numerose espressioni delle divinità: dalle straordinarie statue ammonite, alle più umili ma assai espressive terracotte di En Hazeva e Horvat Qimit, fino alle rappresentazioni divine in forma di simboli della glittica sia locale che d’importazione. Testimonianze attestate in varie aree e contesti.

“Nella tradizione religiosa vicino-orientale esisteva anche una coppia divina”, continua Oggiano, “pertanto la rappresentazione di una divinità femminile accanto a Yahweh sarebbe coerente con quanto accade in altri ambiti religiosi di questo territorio. A testimoniare la presenza di una divinità femminile nella Giudea, tra VIII e VI secolo a C, è il ritrovamento di un tipo di figurina in terracotta, identificabile con una dea, forse Asherah, contraltare di Yahweh. Tale divinità è rappresentata con un corpo conoidale, privo di indicazione delle gambe e del sesso, con le braccia piegate a sostenere un grosso seno e il volto incorniciato da una capigliatura a casco movimentata da fitti riccioli di tipo egittizzante”.

Scarsamente documentato fuori dell’area giudaica, questo idolo proviene principalmente da contesti domestici privati, come abitazioni, cisterne per acqua, silos, pozzi; in misura minore da tombe e contesti palatini, come nel caso del sito di Ramat Rahel. E’ invece assente o molto rara nei luoghi di culto noti.

“Se nel Vicino Oriente i rituali religiosi si svolgevano di fronte a un’immagine di culto, statua o simbolo delle divinità”, continua la ricercatrice, “non dissimile era la situazione in area palestinese durante il I millennio, anche se sono rimaste ben poche tracce archeologiche di questa usanza. Una lacunosità però a lungo ritenuta una prova del fatto che in tale contesto vi fosse un tendenza a non rappresentare in forma iconica la divinità, facendone poi, Bibbia alla mano, una caratteristica tipica del culto di Yahweh. Si è così circoscritto ‘il fenomeno dell’aniconismo’ all’area israelitica e giudaica, riportando questa usanza alla famosa proibizione della rappresentazione divina”.

Il rifiuto dell’Olimpo delle divinità sarebbe dunque il frutto di un’operazione programmatica. “Secondo alcuni studiosi sarebbe stato proprio il confronto con i culti babilonesi – Babilonia è la terra delle immagini in Geremia 50:38 – il motivo per cui gli esiliati furono sollecitati a scegliere forme di culto differenti. Fu allora che le statue di culto vennero associate alle religioni babilonese ed egiziana e furono ritenute inadeguate alla rappresentazione di Yahweh”.

Per informazioni: Ida Oggiano, Istituto per lo studio delle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, Montelibretti (Rm)  email: [email protected]

Titolo Dal terreno al divino. Archeologia del culto nella Palestina del primo millennio
Autore Oggiano Ida
Dati 294 p., ill., brossura
Anno 2005
Editore Carocci
Collana Frecce