Nelle vetrine al piano terreno sono esposti circa 150 dei 1500 pezzi inventariati, soprattutto parasole e parapioggia che ripercorrono l’evoluzione della moda dall’800 ad oggi. Accanto ad essi i materiali di copertura, la seta e le fibre sintetiche, le impugnature in avorio, in legno, in argento, le minuterie che contribuiscono a rendere l’ombrello un oggetto pratico, bello ed elegante. Al piano superiore le testimonianze storiche sull’uso del parasole e del parapioggia, i figurini di moda e le testimonianze dell’attività degli ombrellai: dalle foto dei “pioneri” a una raccolta degli attrezzi di lavoro, alle barselle cioè le sacche di cuoio o di legno contenenti l’occorrente per i riparazioni, agli oggetti legati alla vita quotidiana degli ambulanti fino alle fatture delle fabbriche sparse in tutta Italia. Due grandi ombrelloni, dipinti da Felice Vellan, raccontano nei loro spicchi due vite esemplari di ombrellai. La nascita povera, l’apprendistato, i primi guadagni lontano da casa, il felice matrimonio, i figli, il successo ed il ritorno al paese in cui l’ex emigrante può profondere le sue ricchezze per il bene comune ed infine riposare in pace in una ricca tomba che nobilita il piccolo cimitero. Storia naïf ma specchio di una realtà di migrazione che ha portato l’abilità degli ombrellai del Vergante in tutto il mondo. Un pannello, inoltre, registra il tarusc, il gergo con cui questi artigiani comunicavano tra loro per difendersi dalla diffidenza della popolazione. I circa 10.000 visitatori annuali raccontano l’interesse di un pubblico che per metà è composto da stranieri e proprio questo interesse è la spinta a migliorare costantemente le strutture e le possibilità di accoglienza con la collaborazione di tutti coloro che credono che il futuro si costruisce solo radicandosi nel passato.