In Israele a Pasqua, arrivano da tutto il mondo gruppi di pellegrini dove festeggiano due tradizioni: la Pasqua cristiana e la festa ebraica del “Pesach”. La parola Pésach deriva dal verbo pasàch (passò oltre) e ricorda quando l’angelo del Signore, mandato a colpire i primogeniti degli egiziani, “passò oltre” le case degli ebrei, le cui porte erano state segnate col sangue di un agnello. Infatti, per ordine del Signore (libro di Shemòth), gli ebrei avevano dovuto sacrificare un agnello (korbàn Pésach) che poi avrebbero mangiato prima della partenza, con matzà (gli azzimi) ed erbe amare.

Il 14 di Nissan, vigilia di Pésach, si fa il digiuno dei primogeniti, in ricordo della morte dei primogeniti egiziani. Durante Pésach la Torà prescrive l’astensione da ogni cibo lievitato e composto di frumento, orzo avena, spelta, vecce. Non si può neppure tenere in casa tali cibi, per cui, prima della sera del 14 Nissàn (calendario ebraico), devono essere state fatte le pulizie in tutte le nostre case, quindi si fa la ricerca del chamètz, che si chiama appunto bedikàth chamètz: i bimbi seguono il loro papà, per controllare, al lume di candela, che non vi sia chamètz in qualche angolo. La mattina seguente si bruceranno gli ultimi residui. È obbligatorio mangiare le matzòth nelle prime due sere e facoltativo nel resto della ricorrenza.

IL SEDER

Le prime due sere si fa il Sèder durante il quale si legge l’Haggadà in cui è raccontata la liberazione dei nostri padri dalla schiavitù d’Egitto. In nessun periodo dell’anno la casa di un ebreo è tanto gioiosa come nella sera del Séder e ognuno di loro ricorda, con nostalgia, anche le cene di Seder a cui ha partecipato quando era piccolo, circondato dai familiari. Il Séder contiene tutto: cerimonia, canzoni, storia, momenti seri e momenti di gioia, di lode al Signore. Ciascun ebreo, nel prendere parte al Séder, rivive di persona l’antica storia della liberazione degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto. Questa cerimonia unisce famiglie ed amici ed in essa, anche durante le persecuzioni, ogni ebreo si sentì libero.
Prima della cerimonia si prepara il piatto del Séder. In esso si pongono:

1. Tre pani azzimi sovrapposti : Le matzòth sono tre, e per tre ragioni. Esse rappresentano infatti l’unità del popolo di Israele: Kohèn, Levì, Israèl. Inoltre quella di mezzo viene divisa in due parti, (una delle quali rappresenta l’ Afikòmen, simbolo del sacrificio Pasquale) per cui si recita l’hammotzì sulle due matzòth intere. Ricordano anche le tre misure (seìm) di farina che Abramo ha consigliato a Sara per preparare le matzòth.
2. Una zampa d’agnello arrostita (secondo il rito italiano): in ricordo del sacrificio pasquale.
3. Un uovo sodo: è il simbolo dell’eternità della vita, per la sua forma, e di lutto, per la distruzione del Tempio
4. Erbe amare e lattuga : ricordano l’amarezza della schiavitù in Egitto
6. Charòseth: ricorda la malta con cui i loro padri preparavano i mattoni per le costruzioni del faraone. Si mangia insieme all’erba amara per addolcirla un po’ e per ricordare che, dopo tante sofferenze, viene la gioia.

La cerimonia inizia col ringraziamento al Signore per avere eletto gli ebrei fra i popoli e per le festività e la gioia procurate. Ognuno ha il suo bicchiere e se ne riempie anche uno “per il profeta Elia” legato alla redenzione del popolo ebraico. Si passa a lavarsi le mani e quindi alla cerimonia del sedano intinto nell’aceto, amaro come le lacrime versate durante la schiavitù. Il Midràsh dice che la parola karpàs, letta al contrario, (= 60 duro lavoro) simboleggia i 600 mila adulti, usciti dall’Egitto. Il sedano, così umile, nato dalla terra, diventa un elemento importante: il Signore, con la Sua misericordia, può innalzare chiunque, dalla profondità alla redenzione.Poi il papà spezza la matzà di mezzo e ne nasconde una parte, che sarà ricercata alla fine del pasto. “Ognuno deve sentirsi come se lui stesso fosse uscito dall’Egitto”. Si riempie il II° bicchiere di vino e si inizia la narrazione. “Questo è il pane dell’afflizione…chi ha fame entri e mangi”: la nostra casa è aperta a tutti, miseri pellegrini e forestieri e a chi non ha potuto procurarsi il necessario per il Séder. Ora, il figlio chiede e il padre gli insegna:

<<Perché intingiamo la verdura due volte? Una in ricordo della tonaca di Giuseppe intinta nel sangue prima di essere portata a Giacobbe, la seconda in ricordo di avere intinto nel sangue per segnare le porte delle case ebraiche. Perché questa sera si mangia solo matzà? Perché così è prescritto dalla Torà, che prescrive pure di mangiare l’agnello. Sono infatti queste le tre parole: Pésach, matzà, maròr, che dobbiamo tutti pronunciare durante il Séder. Perché mangiamo solo erba amara? In ricordo delle sofferenze passate in schiavitù. Perché mangiamo appoggiati al gomito? In segno della riacquistata libertà, dopo tanti anni di schiavitù. E questo è rivolto soprattutto ai miseri che, dopo tante sofferenze, devono stare appoggiati con serenità e sicurezza, perché Dio veglia su di loro e la loro situazione potrà presto cambiare, come è cambiata quella dei nostri padri.>>

Segue la narrazione della schiavitù e della liberazione e si mangia il pasto con una precisa successione anche dei bicchieri di vino; poi si cantano vari canti, tra cui lo Chad gadià: L’Assiria (il gatto) conquistò Israele, la Babilonia (il cane) vinse l’Assiria, la Persia (il bastone) abbattè la Babilonia, la Grecia (il fuoco) conquistò la Persia; Roma (l’acqua) conquistò la Grecia, l’Islam (il bue) abbatté l’Impero romano; le crociate (il macellaio) successero all’Islam; le nazioni europee (angelo delle morte) successero alle crociate, ma alla fine Iddio redimerà il Suo popolo punendo tutte le nazioni malvagie.
Il settimo giorno gli ebrei hanno attraversato il Mar Rosso, era il giorno di Pésach.

Informazioni a cura di www.morasha.it, portale dell’ ebraismo italiano, presso cui potete approfondire la religione ebraica e i suoi riti