Sono gli ingredienti speciali per un viaggio senza tempo, alla scoperta dei castelli del Ducato di Parma e Piacenza. Questi splendidi gioielli riuniti in Associazione propongono un itinerario tutto emiliano: San Pietro in Cerro, Paderna e Agazzano.

Prendendo la via Emilia verso Piacenza, nei pressi di Fiorenzuola d’Arda c’è Cortemaggiore, un delizioso paese rinascimentale, attraversato il quale, si incontra San Pietro in Cerro, con i suoi richiami storici (il municipio ex casino di caccia, la chiesa di San Pietro Apostolo e la villa Barattieri). La costruzione, come ricorda un’epigrafe su pietra nel cortile loggiato, avviene nel 1460, su un impianto di un più antico fortilizio e per oltre mezzo millennio è appartenuto alla famiglia Barattieri. L’atmosfera riecheggia storie straordinarie, narrate dalle 30 stanze, dai due saloni d’onore, dalla stupenda cucina, dagli snelli loggiati e dall’incantevole cortile rinascimentale.

Gli affreschi e agli arazzi raccontano di come i Barattieri diventarono famosi a Venezia recuperando dal mare la colonna con San Giorgio e il drago e quella con il leone di San Marco, di come giunsero a Piacenza nel ‘200 e di come le loro storie si intrecciarono con quelle dei Visconti e degli Sforza. Certo, la prigione un po’ tetra (le punizioni a quei tempi erano molto severe), i torrioni angolari a sezione circolare per sviare i colpi di bombarda (nel ‘300 erano state inventate le armi da fuoco) e la morte di Bartolomeo Barattieri, costruttore del castello, illustre giureconsulto e ambasciatore presso papa Giulio II della Rovere (il papa di Michelangelo), pugnalato nel sonno da un servo, che fu a sua volta decapitato, qualche brivido lo daranno.

Ma la realtà è sempre più sorprendente della fiction. Tornare a pensieri più miti è possibile con il mim, il Museum in Motion, una straordinaria raccolta permanente di opere d’arte contemporanea soprattutto piacentina, ma anche nazionale e internazionale, creato negli spazi del sottotetto dall’attuale proprietario del castello Franco Spaggiari.

Nella quiete della campagna piacentina, tra i campi coltivati, ecco poi apparire il castello di Paderna, struttura difensiva con spiccata vocazione rurale. Superato il ponte sul fossato pieno d’acqua e dopo il torrione con i camminamenti di ronda, si giunge al vasto cortile interno, con le stalle e gli spazi coperti, fino alla Torre dell’Acqua e il suo orologio fine ‘700.

Patiti del mistero? Qui ce n’è a volontà, a cominciare dalle origini del castello (IX secolo), oggi di proprietà della famiglia Pettorelli che ne ha fatto una straordinaria azienda agricola biologica, sede di percorsi didattici: 37 ettari di meraviglie della natura, molte delle quali salvate dall’estinzione, 800 alberi autoctoni, 35 specie di mele antiche, vigneti con vecchie varietà d’uva. Mentre visitate la suggestiva sala d’armi e le stanze più antiche con le volte a ombrello della Torre, ci si può informare sui prestigiosi interni andati perduti (la camera da letto in cuoio e la fastosa Sala d’Onore). Si può poi visitare la chiesa di Santa Maria (X secolo) e divertirsi al racconto dell’antipapa Giovanni XVII, vescovo di Nonantola e arcivescovo di Piacenza, costretto ad attraversare Roma seduto a rovescio sulla groppa di un asino.

Terza e ultima meta del viaggio, Agazzano, si raggiunge da Piacenza e da qui la Val Trebbia, in direzione Rivalta-Gazzola. Tra i dolci rilievi e il corso del torrente Luretta attende una doppia sorpresa: la Rocca del ’400 e il Castello del ’700, ricche di storia, dalla Tavola Alimentaria del II secolo d. C. Alle violenze delle truppe di Federico II, dalle origini scozzesi del primo feudatario, il condottiero guelfo Alberto Scoto, (gli attuali proprietari sono i discendenti degli Anguissola-Scotti e dei Gonzaga di Vescovato) alle efferate imprese di Pier Maria Scotti, detto “il Buso”. Perché, forse in ossequio agli antenati highlander, la Rocca ha il suo fantasma, quello, appunto, del Buso che qualcuno giura di aver visto aggirarsi lungo il fossato, mulinando la spada che lo rese tristemente celebre in vita. Storie di guerre e di assedi, di esilii e di ritorni, di supplizi (come il terribile “pozzo del taglio”) e di tradimenti. Qui sono familiari nomi come Visconti, Arcelli, Anguissola, Gonzaga e si ebbe a che fare con imperatori (Sigismondo) e papi (Leone X).

Ma Agazzano è anche bellezza e raffinatezza, soprattutto negli interni del Castello settecentesco, una tranquilla dimora nobiliare che non conobbe assalti alla spada, ma lavoro di architetti e di artisti di rilievo (Villoresi, Spolverini, Magnasco, Cambiaso). Impossibile non farsi incantare dalla Sala del Piano, dalla Sala della Musica, dalla Biblioteca col salottino Carlo X, dal biliardo secentesco e dal Giardino Invernale, dalla quadreria e dalle consolle del ‘700, dalle porcellane di Capodimonte e di Sévres e da quelle giapponesi. Sono solo alcuni dei preziosi racchiusi in questo scrigno piacentino.

La provincia di Piacenza è una fonte inesauribile di bontà e di tipicità uniche al mondo, con denominazioni e certificazioni d’ogni tipo. Anche l’itinerario è punteggiato da ristoranti, trattorie e esercizi alimentari dove gustare (e acquistare) delizie come la celeberrima coppa e i salumi piacentini, i “pisarei e fasô”, i tortelli e le tagliatelle, lo stracotto di asinina, per citare i più noti, e vini come il Gutturnio, l’Ortrugo e le malvasie.

Maggiori informazioni: www.castellidelducato.it