Ci troviamo nel cuore di due parchi: quello dei Nebrodi e quello dell’Etna che con la sua mole, sovrasta Bronte, e sembra abbracciarlo. Viviamo ai piedi del più grande vulcano attivo in Europa ed uno dei maggiori dell’intero pianeta. Noi lo chiamiano anche Mongibello (unione del latino “mons” e dell’arabo “gibel”, cioè il “monte dei monti”). Dai suoi crateri si levano lanci di scorie, cenere, lapilli, globi di vapori che raggiungono altezze incredibili (colonne alte oltre 10.000 metri che raggiungono larghezze di oltre cento chilometri).

Nonostante ciò un rapporto articolato e profondo lega noi Brontesi con questo vulcano. Ne ammiriamo quotidianamente le mutevole bellezza; verso di Lei (“a muntagna”, così la chiamiamo familiarmente) nutriamo più amore e venerazione che odio; più religioso rispetto che avversione. Invece di fuggire, di scappare, abbiamo resistito e continuatoa vivere e coltivare lungo le sue pendici i pistacchieti, i vigneti, gli agrumeti, tutti quei frutti che proprio la terra, concimata dalle ceneri vulcaniche, ha sempre reso peculiari nelle loro qualità.

Abbiamo dovuto subire tutte le vicissitudini che comporta la vicinanza con un vulcano al quale, nei secoli, siamo stati accomunati negli umori e nei destini. Di questi destini, spesso di distruzione, è impregnata la nostra storia plurisecolare e la nostra economia.

Nella silenziosa lotta tra noi e “a muntagna” sovente l’ira del vulcano ha devastato il nostro territorio e, in passato, anche i miseri insediamenti dei nostri avi, cancellando per sempre dalla storia le prime tracce di organizzazione civile delle nostre genti.

Ma “a montagna”, con le sue nevi e le ceneri, il clima ideale – quello predominante della zona etnea – l’altitudine di circa 600-800 metri sul livello del mare, ci ha dato anche e ci da tanto.
Ci ha permesso di coltivare preziosi frutti fra i quali spicca – vero re – il verde pistacchio, l’ “oro verde”che rappresenta la principale risorsa economica del nostro vasto territorio.

Cos’altro è Bronte
Ma Bronte non è solo pistacchio o solo Etna o da ricordare soltanto per i tragici “Fatti” (dai quali, nel 1972, Florestano Vancini ha tratto il suo film “Bronte – Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato”.
E’ anche boschi con paesaggi incantevoli, la Ducea di Horatio Nelson, il Real Collegio Capizzi e tant’altro. Ed è anche la patria di Nicola Spedalieri (1740 – 1795), il grande filosofo autore dell’opera “De’ diritti dell’Uomo”. E’ stato il primo in Italia a parlare dei diritti naturali ed a proclamare da Roma la sacralità dei principi quali eguaglianza e libertà. Cent’anni dopo la sua morte fu onorato con una statua nella Capitale (la prima di un siciliano a Roma) opera dello scultore siciliano Mario Rutelli (nonno di Francesco, l’attuale leader politico).

Bronte, terra del pistacchio ma anche territorio ricco di mirabili foreste e d’inesauribili itinerari lungo le pendici dell’Etna e sui versanti dei monti Nebrodi.
Si trova in provincia di Catania e si raggiunge facilmente imboccando la Ss. 284 (Catania-Paternò-Bronte) o, dallo svincolo autostradale di Fiumefreddo, la Ss. 120 (Fiumefreddo-Randazzo-Bronte).

La Ducea di Horatio Nelson
La Ducea Nelson, il fiore all’occhiello dei monumenti brontesi , si trova a circa 13 chilometri da Bronte sulla strada per Maniace. E’ quel che resta dall’abbazia benedettina fatta costruire dalla Regina Margherita intorno al 1173, per durevole memoria della battaglia vinta dal generale bizantino Giorgio Maniace contro i Saraceni. Comprende l’ala gentilizia (il Castello, un tempo residenza di Horatio Nelson e dei suoi discendenti, oggi trasformata in Museo), i resti dell’antica abbazia benedettina dedicata a Maria Santissima, la chiesetta di Santa Maria di Maniace ed un grande lussureggiante parco. Vicino sorge un piccolo cimitero inglese, costruito nel 1898, che oltre alle tombe dei duchi e di altri nobili inglesi, custodisce anche quella del poeta William Sharp (1855-1895), delicato esponente del romanticismo inglese.

Degni di nota la chiesa di Santa Maria e gli appartamenti dei duchi inglesi ( Museo Nelson ). Ancora ornati delle suppellettili originarie (camere da letto, studio, sala da pranzo, servizi, bagni etc.) e in parte piastrellati con pavimenti di maiolica del XVIII secolo, le stanze del Museo custodiscono i mobili e gli arredi lasciati dagli eredi della famiglia Nelson (quadri e stampe raffiguranti l’ammiraglio inglese ed i suoi discendenti, lettere autografe dei reali inglesi, medaglie e piani di battaglia navali, ordini militari e reperti archeologici ritrovati durante i recenti scavi eseguiti per la ristrutturazione della Ducea).

Il parco ospita un importante museo all’aperto di sculture in pietra lavica, con 19 sculture di artisti italiani e stranieri tra i più affermati e noti: Benetton, Biolchini, Difilippo, Bocci, Portale, Arrigo, Migliara, Pasotti, Pravato, Atchugarry, Ausili, Campbell, Minamoto, Nèlida Mendoza, Meliton Rivera Espinoza, Zoè De L’Isle Whittier, David Jacobson, Heidi Locher e dell’olandese Karin Van Omeren.
Interessante, se si arriva in fuoristrada, anche una visita all’ Obelisco Nelson di Serra del Mergo (1553 s.m.), innalzato fra i boschi dei Nebrodi in onore del quarto duca di Bronte Alexander Nelson-Bridport.

Il Centro storico
Si arriva al Centro Storico con facilità, parcheggiando nei pressi dello “Scialando” e percorrendo a piedi il Corso Umberto (“a chiazza”), la via principale dalle caratteristiche basole squadrate in pietra lavica (“i barati”) che taglia in due il Paese.
Con un andamento serpeggiante, fa da elegante cornice a molte chiese ed ai palazzi più importanti del Centro. Dal Corso si dipartono, come in una fitta ragnatela, le strette tortuose stradine che cingono le chiese e le case di Bronte, le scalinate e gli angusti vicoli che si aprono su ampi cortili; un vero labirinto che racchiude l’antico agglomerato contadino di Bronte.

Piacevole lasciare di tanto in tanto il Corso per immettersi nei vecchi quartieri, dalla caratteristica struttura araba. Si stringono ancora, con i piccoli cortili e le strette viuzze, attorno alle chiese che costituirono fin dal tempo della unione dei 24 Casali in Bronte (1535 – 1548) i riferimenti monumentali dei cittadini brontesi: la chiesa della SS. Trinità (la Matrice), quella di Maria SS. del Soccorso ed il Santuario dell’Annunziata

Interessante soffermare lo sguardo sulle piccole sculture poste sull’architrave o sull’arco delle case o sulle innumerevoli edicole e icone votive (“a cunnicella”). Quest’ultime s’intravedono senza particolari difficoltà, s’incontrano in ogni via, quasi ad ogni angolo ed in ogni crocicchio. Fanno quasi parte integrante della struttura delle case e dell’assetto urbanistico del centro storico.
Il Corso termina in Piazza Spedalieri, che da sempre rappresenta la zona delle feste, delle manifestazioni e delle riunioni politiche.

Lungo il Corso è di notevole interesse una visita al monumentale complesso del Real Collegio Capizzi . Eè stata una delle più importanti scuole della Sicilia, frutto dell’iniziativa e della perseveranza dell’umile sacerdote brontese Eustachio Ignazio Capizzi, inaugurata il 4 Ottobre del 1778. Rappresentò dal ‘700 a tutto l’800 la grande fucina del Sapere siciliano, ma, sopratutto fece di Bronte un potente faro di cultura.

Le Tradizioni
La maggior parte di quelle che sono arrivate fino a noi riguardano le feste della Chiesa proprio per il nostro carattere profondamente religioso (il Natale, i riti della Settimana Santa, i graziosi altarini allestiti nelle viuzze di Bronte durante il Corpus Domini, l’Ascensione, la festa dell’Annunziata). Fra le manifestazioni sacre è da non perdere la processione del Venerdì santo , una delle più complesse ed arcaiche. Risale ai secoli passati ma tradizionalmente è ancora vissuta con l’animo concentrato sul dramma religioso, con l’intensa e spontanea partecipazione collettiva, accompagnata da forti emozioni e da un profondo sentimento cristiano. E’ una sequenza di scene che nella consuetudine si ripete e si rinnova ogni anno per le tortuose strade di Bronte che diventano un grande palcoscenico in cui, con intensa vissuta religiosità, si recita la Passione e la Morte del Cristo.

E, per finire non può certo mancare un piccolo cenno sulla gastronomia locale , povera ma genuina, dal sapore contadino, e talmente ricca che citeremo qui giusto i nomi dei piatti da non perdere, particolari della zona di Bronte.

La cucina, tradizionalmente povera, è l’espressione di una cultura antica e originale, tipicamente contadina, a volte scandita dallo scorrere del calendario (San Giuseppe, San Nicola, il Venerdì santo, il giovedì grasso, …) o delle stagioni, frutto di un’economia povera, imperniata sulla cerealicoltura, sulla pastorizia e su poche colture arboree.

Gli ingredienti essenziali vengono direttamente dal territorio locale: mandorle, legumi, asparagi, ficodindia, funghi, ortaggi, olio d’oliva, latte e, soprattutto il pistacchio che trova sempre di più un positivo utilizzo nelle ricette della cucina brontese, dove arricchisce ed esalta di nuovi sapori ed aromi la gamma dei piatti tradizionali.

Vi consigliamo i maccheroni (“maccarruni”) conditi con il sugo di coniglio selvatico, i frascaturi , polenta preparata con farina di ceci e verdure miste (in genere cavolfiore), la ” pasta ‘ncasciata “, i maccheroni conditi con i finocchietti selvatici, mollica fritta, sarde e sugo, la ” pasta con il macco ” (fave secche ammaccate) e finocchietto selvatico e gli ” spaghetti con sparacogni ” (varietà di erba amara selvatica somigliante all’asparago che cresce spontaneamente nei boschi e nelle sciare) cotti in salsa di pomodoro. Rappresentano nella gastronomia brontese una tradizionale, secolare, prelibatezza.

Favolosi i dolci, i gelati e le granite dove regna sovrano l’”oro di Bronte”: oltre alla osannata “torta al pistacchio” (prodotta con pan di Spagna, a volte farcita con uno strato di cioccolata o di nutella che si associano particolarmente al gusto del frutto), e alle gustose “paste di pistacchio” (realizzate con la stessa procedura con cui si produce la pasta di mandorle) si fanno sempre più strada le “Olivette” e le “Fave” di pistacchio, il “pesto ” (un prodotto di nuova invenzione a base di solo pistacchio ed olio di semi, più delicato dell’olio di oliva, che coprirebbe il gusto del frutto), la “crema” (una preparazione di dolce pistacchio da spalmare sul pane o da utilizzare per guarnire dolci) e la filletta al pistacchio (tradizionale dolce brontese guarnito con il prezioso frutto).

Per chi volesse notizie ulteriori o informazioni più dettagliate su Bronte, i sui monumenti, le tradizioni ed in genere sulla cittadina etnea, basta visitare il sito: www.bronteinsieme.it. Vi offriamo anche una piccola passeggiata virtuale negli angoli più nascosti del Centro storico, farvi percorrere i suoi vicoli, stretti e tortuosi, le sue ricorrenti ripide scale, visitare i cortili, i sottopassi, i pregevoli portoni e gli architravi in pietra lavica dei palazzi nobiliari e dei contadini, le edicole ed i tempietti con le leggiadre icone dell’Annunziata che la profonda religiosità dei brontesi ha innalzato nei secoli.

Buon viaggio!