Non mi considero un viaggiatore nel senso stretto del termine, ma una persona che ha avuto la fortuna e la voglia di viaggiare molto. Pur essendo affascinato dai viaggi in genere ed in particolare da quelli nelle regioni del Medio Oriente e del Centro Asia, raramente riesco a portare a termine la lettura di resoconti di tali viaggi. Articoli più o meno volutamente romanzati, vissuti, sicuramente onesti, ma che personalmente non mi coinvolgono, non mi danno la voglia di continuare la lettura, forse anche per quel filo di invidia che provo nel vedere altri riuscire in imprese che ho sempre sognato e non attuato. Come raccontare quindi questo mio viaggio?

Ho fiancheggiato l’Indo, attraversato la catena del Karakorum, il Pamir, parte dell’Asia Centrale, il deserto del Karakumy, la catena dei monti Kopet che divide il Turkmenistan dall’altipiano iranico, ho attraversato il massiccio dell’Elburz che fiancheggia la depressione caspica e mi sono sentito a casa ai piedi del monte Ararat in Turchia, dove dopo aver oltrepassato l’altipiano anatolico e la catena del Tauro sono giunto in Grecia e poi qui. Ho sognato di fare quello che stavo facendo, e sogno ancora.

Un’esperienza di questo genere ha per me un inizio ma non certo una fine. E allora non riesco a scrivere quello che ho vissuto parlando con Zulfiqar, impiegato alle poste di un remoto villaggio nelle montagne pakistane con tre figli e la casa a trenta chilometri di mulattiera, alto, calmo, curioso ma discreto, elegante nei gesti come chi fa parte realmente del suo mondo, una tessera consapevole dell’insieme e quindi della necessità e dell’importanza dell’essere tessera; ho quasi paura a scriverlo: un uomo felice. Non riesco a scrivere di Toi-Ho, cinese deportato ai margini del Taklimakan, regione a netta maggioranza Tagika e Yugura (per dirla all’europea: turca), che vive con moglie e due figli vendendo sigarette preparate con carta di giornale. O di Zamira, un’uzbeka con i capelli più neri del nero che ho mai visto, con un figlio, Timur (Tamerlano) che ogni giorno aveva un livido nuovo, regalo del marito, ex volontario in Afghanistan, ora condannato a vodka perpetua. Non riesco a raccontare di Mehran, laureato di Tehran, che da mesi si tortura il cervello sul restare nel suo paese che ama profondamente o provare l’avventura europea della quale conosce benissimo i limiti. Non vi posso raccontare la gioia dei bambini quando regalavo loro piccoli giocattolini appositamente messi da parte da me per un anno intero, o il terrore negli occhi di altri (questo nelle città) semplicemente chiamandoli. Allora mi potreste dire: perché presentare questo scritto su di un giornale che fa dell’estremo e del limite il suo pane? ( Questo scritto è stato pubblicato su No Limits World n° 71 del marzo 1999 ). Ma il limite non è solo fisico, il limite è anche vedere come si è dopo un’ esperienza di questo genere, il rendersi conto di quanto abbiamo rispetto ad altri e di quanto spesso siamo noi i primi a crearci problemi dei quali poi lamentarsi!

E allora sotto, si comincia!
Due giorni ad Islamabad tra una firma ed un’altra per poter sdoganare la moto, spedita per via aerea: 2.200 lire per chilo. Parto per Peshawar e il monsone scarica in buona parte la sua potenza. Piove, ma veramente. Chi l’ha vista sa cosa è una pioggia monsonica: cascate d’acqua, fango e buio, alcune volte si vede si e no ad un metro.

SHANGLA PASS (Nord Pakistan)
260 chilometri, 9 ore, sembravano di più! Stanno rifacendo lunghi tratti di strada per cui saltano tutti i sensi di marcia che qui sarebbe a sinistra. Biciclette, camion, automobili, animali, tutti insieme e in tutte le direzioni. In alcuni lunghi tratti il fango invade completamente la strada, in altri corsi d’acqua l’attraversano trasversalmente, in altri ancora la strada non esiste più. La via ormai è un canale di fango. Ciottoli grossi come zucche cadono dalle pareti della montagna, a destra lo strapiombo: è qui che ho pensato di avere esagerato. Completamente fradicio non posso fare altro che provare ad andare avanti. L’acqua picchia forte sugli occhi. Le buche, voragini, sono nascoste dal fango. Arrivo al passo viaggiando attraverso nuvole nere. Inizia la discesa: dopo un’ora sono completamente asciutto, l’altra valle non risente del monsone. Oggi avrei voluto un po’ dell’acqua di ieri, clima e panorama sono completamente cambiati. Caldo, tanto, ma secco: montagne aride fatte di sabbia e rocce. Strada di sassi come una ferrovia, strada di polvere simile a borotalco, alta fino a metà ruota

PASSU (Nord Pakistan)
Non c’è nessuno! Vento e silenzio Di notte le stelle
SOST 3000 metri, posto principale per la dogana, fa freddo e piove.
Andando avanti………………… La strada corre in mezzo a gole strettissime e poi ampie; in alcuni tratti sembra di essere in una galleria per quanto sono inclinate le pareti rocciose, fiancheggia corsi d’acqua, si stringe fino a diventare quasi parte del fiume che a tratti costeggia. Si viaggia tra sassi e massi, guadi e fango, tornanti su tornanti, si sale dai 3000 ai quasi 5000 metri in un attimo; gli spazi gradualmente si allargano, sono quasi in cima, fa freddo, ha nevicato da poco. Poi… Le guardie rosse La discesa verso il Pamir L’acqua e le rocce restituiscono spazio al verde Decine di marmotte lungo il corso del fiume Cammelli a pelo lungo Cavalli liberi e …yurte Sono immerso nel mio sogno. Per quanto strausato, abusato e inflazionato il nome che viene alla mia mente è Marco Polo.

TASKORGAN (Cina)
La sera Un piccolo teatro: recite e musiche Tagike con interprete per i pochi cinesi che vivono sul posto. Un paio di militari cinesi, troppo ubriachi, cercano inutilmente di rovinare la festa. La mattina Un barile di benzina su una bilancia, il tubo in bocca e poi nel serbatoio. La benzina qui va a chilo.

LAGO KARA KULL
È segnato su pochissime carte ed è sempre confuso con l’altro, leggermente più ad occidente (in Tagikistan), che ha lo stesso nome. Ci sono almeno tre laghi che contengono questo termine: Kara che in turco vuol dire nero, è aggettivo iniziale di molti luoghi geografici sparsi per tutta l’Asia centrale.

VERSO KASHGAR
Un fiume di fango e massi è piombato sull’unica strada per Kashgar. Mi fermo. Attendo. Cerco di pensare cosa fare. Si allunga la piccola fila di automezzi inermi. Capiamo cosa fare: da alcune automobili escono due tre pale e si comincia a levare il fango, prendere grosse pietre da buttare su quella che prima era la strada, ma sembra non servire a niente. Altra terra e sassi cadono. Si ricomincia, il sole brucia, cerchiamo ancora di riformare la strada. Quattro o cinque ore dopo si cerca di passare. Una jeep si rivolta. Con la moto riesco a lasciarmi tutto questo alle spalle. Le montagne sono rosse. Quaranta chilometri dopo, è quasi buio, stessa storia, ma questa volta è solo fango e non c’è modo di arrangiarsi. Ci provo e, incredulo, preoccupato, la moto fumante, fango a più di metà ruota, riesco a superare i circa trenta quaranta metri di ostacolo.

KASHGAR
Sembra di essere in Turchia. Immenso bazar a cielo aperto, file interminabili di pioppi, carretti tirati da somari e biciclette e biciclette ancora. Alcuni poliziotti cinesi cercano di sciogliere l’assembramento di decine e decine di persone ferme a guardare me e la moto di fronte alla moschea principale. Parto per il passo Tourugart tra Cina e Kirgizia, (ex URSS): circa 150/200 chilometri di sterrato. Sulla cima del passo, 4000 metri circa, tra valli e montagne che sfiorano i 5000 metri, a perdita d’occhio solo natura, un immenso arco, come un arco di trionfo, segna il confine. Al di là, dopo una ventina di chilometri di terra di nessuno c’è la Kirgizia. Riconsegno la targa cinese. Sembra di avvicinarsi ad un lager: torrette di controllo, filo spinato, doppio cancello tipo “tocca e rimani fulminato”.Solo al ritorno ho saputo che intorno la zona è in gran parte minata! Mi avvicino. Le due guardie armate chiudono il cancello, è l’ora del rancio. Le ore diventano due. Intorno solo natura stupenda, cavalli allo stato brado ed un camionista kazako che come me non può fare altro che aspettare. Il posto di frontiera dà l’idea di un passato ben diverso dell’attuale: è colossale. I militari con le vecchie uniformi dell’armata rossa sono concreti! In breve sono al di là, sulla A365 statale che porta in Kazakistan, ma di asfalto nemmeno l’ombra. Mi meraviglio che il bauletto posteriore regga ancora. Quando arrivo a Naryn è notte.

LAGO ISSYK KUL (Kirghizia)
L’incontro con Vidhea, Maestro Sufi Il tramonto sul lago La notte nella yurta E l’alba Dopo circa 650 Km, metà dei quali finalmente d’asfalto, un tunnel interminabile che sembra una miniera, la strada che sembra non uscire mai da gole e montagne, arrivo ad Os. Nei bazar frutti, verdure e vestiti provenienti da Cina e Turchia.

FERGANA (Uzbekistan)
Ho conosciuto Shams uno studente russo che fa la guida nella città vecchia. Giro della città alla ricerca di benzina; il prezzo varia dalle 300 alle 500 lire al litro e dipende sia dalla qualità sia da chi la vende: in genere i benzinai ne sono sforniti ed allora piccole autobotti fungono da distributori nomadi o in cortili di periferia compaiono taniche e bottiglioni colmi del prezioso liquido.

VERSO SAMARCANDA
Attraverso il Tagikistan. Non è possibile arrivare a Dusanbe, la capitale: è in corso da anni una strisciante guerra civile ed è presente anche un notevole contingente corazzato dell’esercito russo. Assolutamente sconsigliato viaggiare di notte. Trovo lungo la strada un ristorante con un gazebo pieno di frutta, aiuole colme di fiori, una bellissima fontana dove nuotano pesci pronti a finire tra le mani del cuoco. Tutta la costruzione è in mosaico, sembra un miraggio e sembra anche tutto tranquillo, ma qualche chilometro più in là c’è gente che si spara. I doganieri sono più interessati alla moto che al visto sul passaporto. Uno di loro è convinto che io sia un attore americano pur avendo in mano il mio passaporto italiano, mi racconta la scena di un film dove da solo riuscivo ad eliminare una banda di terroristi e ovviamente chiama tutti i suoi colleghi per mostrare loro la nostra nascente amicizia. Gli rilascio un autografo.Dieci chilometri prima di Samarcanda il sole è al tramonto, intravedo le cupole del Registan. Mi fermo. In un ristorante all’aperto una ragazza turca in vacanza balla sui bordi di una larga fontana tonda. Qualcuno le grida qualcosa, lei smette, la musica continua. Non è sempre piacevole vedere qualcuno divertirsi quando non si può o non si sa fare lo stesso. Nella città barbuti Imam in lunghi caftani si mescolano a ragazze biondissime in mini minigonna. Eccellente gelato ai fichi.

BUCHARA
Si restaura un po’ ovunque Bambini che giocano a pallone tra antichi monumenti Bambini che si tuffano nella splendida fontana di fronte alla statua in bronzo di Nasreddin Hogia, simpatico eroe popolare sul suo immancabile asinello, detentore, tipo Bertoldo, della saggezza popolare. C’è il silenzio dei paesi. L’incontro con una stupenda famiglia uzbeka, tutti con l’immancabile incisivo in oro, segno di ricchezza chiuso nella cassaforte della propria bocca.

VERSO IL TURKMENISTAN
Strada piatta. Nel solito giro alla ricerca di benzina, il netto rifiuto di un anziano a vendermene: sa che 75 ottani sono veramente pochi, non si vuole rendere complice della rovina del mio motore. Ma gli ottani sono quelli e qualche chilometro più in là non riceverò la stessa attenzione…ma grazie lo stesso amico! I rari distributori funzionanti hanno una piccola casupola semi-blindata con grata per i soldi, la pompa è azionata dall’interno, chiedi quanti litri vuoi, paghi e te la metti da solo, se ne hai chiesti troppi esce inevitabilmente tutta fuori. La gentilezza non è la dote principale dei benzinai! Il posto di confine. Su di un ponte semi galleggiante attraverso l’immenso Amu Darya.

MARY (Turkmenistan)
Una certa guida raccomandava un certo albergo…..non immaginavo certo di capitare in un bordello! Spiedini pomodori cetrioli La notte il cielo è immenso La mattina due tre quattro mig se ne impossessano La strada è diritta nel deserto e la sabbia, grigia come le nostre spiagge, spesso la copre Ci si aspetta di vedere il mare da un momento all’altro In una locanda biscotti secchi appena sfornati Sabbia Bambini tra rarissimi cespugli bassi vendono acqua Dromedari L’incontro con due fuoristrada di Torino ma non ho la forza di alzarmi, di dir loro qualcosa

IRAN
Altra gente. Si percepisce subito la loro antichissima cultura, la loro diversità dai popoli dell’Asia centrale.
MASHAD
Dove un ateo può diventare credente Città santa Nell’antico e immenso complesso religioso Imam Reza sembra di essere in uno scrigno colmo di tesori materiali e non Penso: lo rivisiterò meglio questa notte, farà più fresco e ci sarà meno gente. Quando arrivo, quasi non riesco ad entrare! E quasi non riuscivo ad andarmene per la bellezza e la spiritualità del luogo! Forse solo Venezia può, per l’architettura, eguagliare Mashad. I canti dei singoli pellegrini La preghiera in comune Un’atmosfera e una pace che ho provato solo in alcune piccole moschee di Aleppo. Commosso torno a fatica in albergo, hotel Asia, 20 dollari la doppia, colazione, aria condizionata, frigo e televisione.

VERSO TEHRAN
La strada è liscia con bordi bianchi e ottima segnaletica.

BABOLSAR
Sulle rive del mar Caspio Si respira acqua Persone cordiali e ben disposte vogliono sapere e vogliono raccontare Problemi di benzina ormai risolti: si trova ovunque e costa sulle 50 lire al litro. Paesini di costiera Aria di vacanze estive

ASTARA
Un paio di decine di chilometri dall’Azerbaigian Immensi storioni Bambini di fronte agli alberghi tentano di affittare ai forestieri appartamentini o stanze per il fine settimana. Sulle montagne verso Tabriz fa freddo e piove. Una volta scesi sarà ancora il caldo e tanto.

DOGUBAYAZIT (Turchia)
Paesaggisticamente il luogo è un riassunto dell’Asia Centrale. Autoblindati pattugliano il paese di notte. Una tirata di 1200 chilometri e sono in Cappadocia. L’invito di vecchi amici alla circoncisione del figlio, giri per il paese a clacson strombazzanti La luna piena Di notte passeggiate alla cieca nelle piccole valli.

XANTI (Grecia)
Città a più alta concentrazione di belle ragazze di tutta la Grecia. Il ticchettio del motore è ormai troppo forte: la sede di una valvola è pronta ad uscire. Tsakiris, il meccanico dove mi fermo, messe da parte le altre riparazioni, in quattro ore e senza l’aiuto di nessuno, mi consegna la moto. E’ perfetta. Dopo aver attraversato tutta la Grecia a notte fonda sono a Igoumenitsa.

Finivo le tre pagine di presentazione riguardanti il viaggio con questa frase:”tre sono le cose necessarie affinchè un uomo possa vivere: il cibo, il sonno e l’amore. Io, Pier Felice Finocchi ne aggiungerei un’altra: il sogno, lasciate quindi che io possa sognare un vostro aiuto”. E l’aiuto c’è stato! A partire da Made in Japan concessionario romano Honda che mi ha messo in condizioni perfette una moto con già 35.000 chilometri alle spalle. Grazie. Parioli 95 che mi ha fornito stivali, guanti, antipioggia e casco, tutti di prima qualità. Grazie. BI&TI che mi ha fornito il manubrio in alluminio e la disponibilità dell’officina per piccoli lavoretti. Grazie. Acerbis che tramite BI&TI mi ha fornito un serbatoio maggiorato. Grazie. MBC che mi ha fornito un’ottima giacca in Gore-tex. Grazie. Domenico Sicuranza che mi ha fornito due eccezionali copertoni e camere d’aria rafforzate. Grazie. Givi che mi ha fornito il Maxia che ancora, dopo tutto quello che ha passato resiste perfettamente ancorato alla moto. Grazie. E grazie No Limits per avermi ospitato sulle tue pagine.