La storia dell’acquavite, e dei distillati in genere, è strettamente collegata con l’ alchimia come estensione dell’antica pratica della distillazione di erbe aromatiche nata nell’ Asia meridionale e poi passata in Egitto, in Grecia e infine appresa dai Romani.

Un pò di storia…

La distillazione ha verosimilmente avuto origine in Mesopotamia tra l’VIII e il VI secolo a.C.. Sinesio, nel IV secolo a.C., scrive che gli Egiziani conoscevano apparecchi e metodi di distillazione già quaranta secoli prima di Cristo. Gli Arabi appresero l’arte della distillazione sono nel VII secolo a.C. quando conquistarono l’Egitto. L’alchimista arabo Abu Beckr Mohamed Ibn-Zàkariaya el-Rhazi descrisse la preparazione dell’acqua della vita e il metodo di distillazione che permetteva di arricchire il prodotto facendo passare i vapori alcolici attraverso la cenere o la calce viva.

Nel Medioevo la distillazione del vino andò diffondendosi in Italia, rimase lungamente di uso esclusivamente medicamentoso e fu portata in tavola come liquore solo nel XVI secolo.
Il primo trattato sull’ottenimento dell’acquavite fu pubblicato da Michele Savonarola, medico padovano nonché zio del più celebre frate, il quale nel testo “De arte confectionis acquae vitae ” descrive tre tipi di acquavite in uso nel XV secolo in Italia: l’acquavite semplice, l’acquavite comune e la quintessenza.

Nel Rinascimento il pensiero va schiarendosi ad opera di alcuni importanti pensatori, è portato verso l’induzione e l’alchimia tende verso la chimica. Nel XVII secolo sorse a Venezia la “Corporazione degli Acquavitieri” , il che denota il diffuso uso di tale prodotto nel Nord-Ovest del nostro Paese.

Da dove derivano i termini “grappa” e “acquavite” ?

Quanto alla grappa vera e propria è dimostrato che fosse prodotta in Friuli già nel XV secolo ma solo nel XVII secolo si parla di distillazione della vinaccia e il termine “grappa” entra nell’uso comune solo alla fine del XIX secolo.
Il nome “grappa ” assume talvolta nomi dialettali particolari di cui diamo qui di seguito un rapido cenno. Nei dialetti settentrionali è grapa , vocabolo evidentemente connesso con grappolo, troviamo anchegraspa che può essere spiegato come influenza di raspo o graspo. In istriano ètrapa imparentato con il friulanotrape, entrambi i termini significano vinaccia. Lo stesso termine in emiliano diventa brusca accostabile al brasca che ritroviamo in Trentino. I termini veneti e friulani sgnapa e sgnape derivano dal tedesco e significano acquavite. In Calabria la grappa è indicata con il termine spirito e in Sardegna con aquardenti ofilu e ferru.

Il termine “ acquavite” invece deriva dal latino aqua vitae (= acqua di vita) cioè acqua che ridà la vita, ma è curiosa anche un’altra derivazione etimologica accertata in manoscritti medioevali secondo i quali il termine si rifà ad aqua vitis intendendo con vitis la forma a spirale del serpentino di refrigerazione dell’alambicco.

Attualmente, secondo la legislazione italiana, il termine grappa è riservato all’acquavite ottenuta direttamente dalla distillazione delle vinacce. Allo stesso prodotto si può dar nome “acquavite di vinaccia” o “distillato di vinaccia” denominazioni che solitamente vengono date ai prodotti provenienti da altre nazioni poiché il termine grappa è strettamente riservato ai distillati di vinaccia prodotti in Italia ed è quindi un’implicita, se vogliamo, denominazione d’origine.

Nell’immaginario collettivo la grappa ha sempre assunto i connotati di liquore della gente forte, povera e attaccata alla terra, evocatrice di sentieri rocciosi di montagna, compagna degli alpini o del contadino che all’alba inizia la sua dura giornata di lavoro o ancora del cacciatore che dopo il cicchetto affronta il freddo, la pioggia e il sonno.

Tra distillazione clandestina e il nuovo marketing dei “distillati d’uva”

La distillazione clandestina della grappa è sempre stata presente nelle chiacchiere di osteria e forse è proprio per il fatto che i pubblici poteri abbiano sempre dovuto impegnarsi nel perseguire il contrabbando, che la grappa è profondamente radicata nell’animo popolare. Ed è proprio per questa immagine “povera”, per il fatto di suscitare sentimenti di cameratismo piuttosto che di altro tipo, che la grappa non ha lo stesso posto di altri distillati equivalenti ma considerati più raffinati soprattutto se di provenienza straniera. Per questa serie di motivi oggi si tende a un rilancio della grappa grazie a operazioni di marketing finalizzate a rimodernarne l’immagine. Negli ultimi anni ciò si è concretizzato con l’ingresso sul mercato dei distillati d’uva che si possono considerare affini alla grappa ma si diversificano dalla stessa per una netta evidenza di profumi fruttati, giovinezza, eleganza, finezza.

Esistono delle differenze sostanziali anche nella tecnologia di produzione dei due distillati: la grappa infatti viene considerata come il prodotto dell’utilizzo di un sottoprodotto della vinificazione (la vinaccia). Qui il vino è l’obiettivo principale di produzione del vinificatore mentre le relative vinacce passeranno solo in seguito in distilleria.
Per i distillati d’uva invece non si parla di sottoprodotti in quanto il vino che viene prodotto non può considerarsi un vino di qualità poiché è vinificato solo in funzione della sua destinazione a distillazione, quindi il distillato d’uva è l’unico prodotto che si cerca di ottenere da una data uva (come accade per il Cognac).

Come si degusta?

Per degustare la grappa, i bicchieri ritenuti più idonei sono il piccolo tulipano e la “copita” di Jérez.
Le grappe giovani e i distillati d’uva sono incolori mentre con l’invecchiamento in legno il colore passa dal giallo paglierino all’ ambrato più o meno leggero, le sfumature marroni spesso sono indice dell’utilizzo di caramello di cattiva qualità per la colorazione artificiale. Se poi le grappe vengono poste in infusione con erbe, bacche o altro, le colorazioni assunte possono essere svariate: dal verde al rosso violaceo, eccetera…

L’ alcol etilico è il principale componente della grappa e quindi è anche la sostanza che più incide sull’organismo, gli altri composti possono essere considerati componenti minori dal punto di vista sanitario in quanto hanno trascurabili effetti sull’organismo umano ma sono molto importanti dal punto di vista della gradevolezza del prodotto.

Gli effetti della grappa…

L’assunzione di grappa (riferendoci a dosi moderate) dà euforia, è vaso-dilatatrice e diuretica, svolge azione tranquillante e combatte la sindrome ansioso depressiva, alla sera svolge una moderata azione sonnifera anche a causa della presenza degli alcoli superiori che hanno un certo effetto narcotico. Sempre in dosi moderate, favorisce le secrezioni di stomaco e pancreas e ha efficacia contro le coronario-patie mentre l’assunzione abituale eccessiva porta a gravi danni a carico del fegato, organo in cui si svolgono le reazioni ossidative che portano alla distruzione dell’alcol. Sempre presente nella grappa come nel vino è l’ alcol metilico, componente naturale che nei prodotti di qualità è sempre al di sotto dei limiti di possibile tossicità. Nelle grappe di contrabbando invece è possibile che il suo tenore sia elevato portando alla tossicità da metilico che si traduce sull’organismo umano con una azione negativa sul nervo ottico.