Il vino italiano e le DOC

Risalendo alle prime denominazioni di origine controllate, è tra i mesi di maggio e settembre 1966 che questi riconoscimenti vengono assegnati in Italia. All’interno del contesto normativo nazionale, che ha poi registrato costanti aggiornamenti fino ad oggi, si inserisce la storia della Doc Rosso Conero che può vantare già 40 anni di storia avendo ottenuto il riconoscimento il 21 luglio 1967, vale a dire appena un anno dopo le prime storiche istituzioni.

La DOC Rosso Conero

Il 1967 rappresenta pertanto l’anno di svolta per la regione Marche, dato che Rosso Conero e Verdicchio di Matelica assurgono per primi all’ottenimento della Doc. È dalle pendici del Conero che nasce sicuramente la storia più rappresentativa come rosso di eccellenza nelle Marche, frutto di un lavoro e di una tenacia tali da trasformare in simile qualità la durezza dei terreni ghiaiosi che caratterizzano la zona geografica ad esso vocata. Importante ricordare che nella definizione delle denominazioni di origine, furono due distinti criteri ad ispirare le scelte: la trascrizione del nome relativo al vitigno caratterizzante o della zona di riferimento. Quella del Rosso Conero appartiene senz’altro alla seconda tipologia, voluta in funzione di un lungimirante ritorno in chiave turistica e di marketing del territorio. L’anima della Doc Rosso Conero è il montepulciano, previsto obbligatoriamente da disciplinare per un 85% con eventuale aggiunta di altra uva a bacca rossa, non aromatica, della zona. La gradazione minima indicata è di 11,5°.

Il montepulciano è vitigno assai diffuso in numerose regioni del centro-sud ma è per lo più peculiarità di regioni quali l’Abruzzo, dove si origina per antonomasia, le Marche, in cui viene di solito vinificato in uvaggio assieme ad altri vitigni come sangiovese, cabernet sauvignon o merlot, ed il Molise, dove si caratterizza come vitigno principale per tutte e tre le doc prodotte. Montepulciano vuol dire predilezione per climi asciutti e caldi ma anche per terreni a medio impasto, oltre che ben esposti e di notevole profondità. Come estensione la Doc Rosso Conero viene prodotta all’interno dei comuni di Ancona, Offagna, Camerano, Sirolo, Numana ed in parte anche quelli di Osimo e Castelfidardo. Questo vino ha dunque origine in un’area territoriale non eccessivamente estesa che però fin dall’antichità è stata segnalata per la sua naturale vocazione vitivinicola, tant’è che già Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia” citava i vini anconetani ponendoli tra i più rinomati della costiera adriatica. Più tardi, nel XVI secolo, il celebre Andrea Bacci (1524-1600) – archiatra pontificio sotto papa Sisto V, idroclimatologo ed enologo – nella sua monumentale opera “De Naturali Vinorum Historia”, pubblicata nel 1595, annotava le eccellenti qualità del Rosso Conero.

La lungimiranza degli agricoltori consentì nei primi vent’anni una produzione così consistente che arrivò fino a trentamila quintali: non poté che seguirne una valorizzazione della zona e, conseguentemente, del vino.
Nelle Marche l’ente regionale e quelli ad esso collegati hanno contribuito fortemente all’educazione agro-alimentare, suggerendo modalità di produzione e garantendone lo sviluppo. Oggi nel piccolo territorio attorno al Monte Conero convivono piccole-medie aziende, di cui alcune cresciute maggiormente grazie anche alla cosiddetta filiera corta vale a dire il passaggio diretto fra vigna, cantina, imbottigliamento e vendita. Come dato emblematico, basti pensare che nelle Marche – territorio che conta un patrimonio di 25.000 ettari di vigneti di cui un 59% destinato ad uve bianche ed il rimanente 41% ad uve rosse – l’estensione media aziendale è pari a 0,85 ettari.

Avere investito con convinzione e fermezza sulla Doc Rosso Conero, la cui resa è di 13 t/ha, ha permesso, nel settembre 2004, di assurgere alla massima conferma di qualità e garanzia per i vini italiani: primo in assoluto per le Marche è stato il riconoscimento a Docg della tipologia “Riserva” – ora “Conero Docg” – per la quale si prevede un 85% obbligatorio di montepulciano e fino ad un 15% massimo di sangiovese. In questo caso la gradazione minima raggiunge i 12,5° e l’invecchiamento contemplato dalle norme prevede i 2 anni a decorrere dal 31 marzo dell’annata successiva a quella di produzione delle uve.

Il Rosso Conero e l’Istituto Marchigiano di tutele vini

Dalla campagna vendemmiale 2006/2007 i numeri parlano chiaro: 1.090.083 ettolitri di vino equivalenti ad un dato di produttività inferiore del 10% rispetto al 2005 (1.206.072 ettolitri). Cifre che sul territorio regionale coinvolgono 27.440 aziende vitivinicole per un totale di 25.000 ettari di vigneto. L’anagrafica del sistema vino marchigiano abbraccia 14 DOC (su 360 nazionali) e 2 DOCG (su 34) per una regione che, dalla ultima vinificazione, registra i seguenti dati: la provincia di Ascoli Piceno con 596.330 ettolitri di VQPRD su 3 DO, quella di Ancona 334.036 ettolitri su 5 DO, Macerata 87.560 su 5 DO ed infine Pesaro Urbino con 72.157 ettolitri su 3 DO. Anche e soprattutto per la denominazione del Rosso Conero, la funzione di garanzia e crescita qualitativa delle produzioni è stata ed è tuttora ricoperta dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, tra i pionieri in Italia. Costituitosi già nel 1999 ed operante dal 1 febbraio 2004, la sua peculiarità sta nell’aver scelto di rieducare un sistema, senza mai dimenticare la volontarietà dell’adesione. Il suo fine è quello di raccogliere i dati per verificare in maniera organica se vi siano incongruenze: il vero riscontro sta proprio nel contare le bottiglie per verificare che i numeri in vigna corrispondano effettivamente ai volumi prodotti.

“La garanzia non è soltanto il controllo su quanti rivendicano la denominazione ma anche la certezza nei confronti del consumatore finale”, puntualizza Alessandro Moroder, Presidente dell’Istituto. “La tracciabilità è il vero punto di forza dell’impianto ma il consumatore finale non ha ancora avuto piena consapevolezza della centralità di questo aspetto: in questa direzione stiamo articolando un progetto proprio mirato a sensibilizzare. Ogni consumatore, accedendo al nostro sito, può percorrere a ritroso la storia di una data bottiglia a denominazione di origine da noi controllata”. L’Istituto Marchigiano di Tutela ha la particolarità di accorpare 7 DOC ed entrambe le DOCG regionali, Rosso Conero e Vernaccia di Serrapetrona, ricadenti nelle due Province di Ancona e Macerata, con le rispettive Camere di Commercio ed oltre 100 Comuni. “La terzietà del controllo è garantita dall’Ufficio Controllo Qualità del Ministero”, prosegue Alberto Mazzoni, Direttore IMT. “I controlli esercitati dal Consorzio si basano su un metodo che interessa tutti gli operatori e tutte le fasi produttive, dall’uva alla bottiglia, dai viticoltori ai vinificatori e agli imbottigliatori. Scopo della verifica è il riscontro della rispondenza degli adempimenti a cui sono soggetti tutti gli utilizzatori della denominazione di origine con le norme sancite dai vari disciplinari di produzione”. A pieno titolo tra i 28 Consorzi nazionali aderenti a Federdoc, quello marchigiano segna il passo per l’elevatissima media di rappresentatività delle denominazioni di origine che sfiora il 90% e raggiunge addirittura il 96,81% per il Rosso Conero.

Il parco del Conero e il suo vino.

Il riferimento geografico del Rosso Conero coincide con il promontorio del Monte Conero sul Mare Adriatico, in provincia di Ancona. L’area è quella relativa all’omonimo Parco, realtà istituita nel 1987 e comprensiva di un’estensione pari a 5.800 ettari di macchia mediterranea a picco sul mare. È proprio da un frutto tipico della macchia mediterranea che deriva l’etimologia della stessa parola Conero: dal Komaròs degli antichi greci, quindi, al “ciliegio marino” dei nostri giorni. Ciliegio marino meglio conosciuto come corbezzolo, arbusto qui diffusissimo che rilascia i sentori del proprio frutto a questo vino. Tipico è l’odore gradevole e vinoso del Rosso Conero nel suo primo periodo, per poi lasciar emergere quei sentori fruttati e floreali della maturità che tradiscono piacevolmente la collocazione dei vitigni in questo specifico territorio. Sotto il profilo naturalistico, attraversarlo vuol dire avere la possibilità di conoscere i 18 sentieri che si sviluppano al suo interno, immersi in una vegetazione tipicamente mediterranea caratterizzata da pini, lecci, campi di lavanda, ginestre e molte altre rarità botaniche.

Il binomio tra Parco del Conero e Rosso Conero è stato negli anni sempre crescente, rispondendo alla doppia finalità di promuovere natura e sensibilizzazione per l’ambiente oltre che per il vino ed il turismo enogastronomico in genere. Questa area relativa alla denominazione Rosso Conero, seppur ristretta, coincide anche con una differente composizione dei terreni. Un’area di nicchia che quindi passa dalle marne calcaree sulle propaggini del Monte Conero alle argille marnose tipiche della zona di Camerano e Osimo, fino alle composizioni sabbiose di Offagna. Se a tutto ciò si unisce la fisionomia climatica tipica di questa zona, vale a dire estati secche ed autunni miti, il risultato che ne deriva è quello dell’inconfondibile nettare rosso del Conero.

I dati della domanda turistica dimostrano che i villeggianti sono alla ricerca non solo di un luogo, il Monte Conero appunto, ma di tutto ciò che il Parco come quello del Conero può offrire. A differenza di molte altre zone viticole italiane, dove gli effetti di un’urbanizzazione troppo invadente stanno modificando in negativo gli scenari e la cornice di vigneti e vitigni celebri, l’ambiente ancora incontaminato ed autentico qui diventa un valore aggiunto per il vino, immerso tra tesori naturalistici, geologici e floro-faunistici, insediamenti archeologici di origine picena e romana ed importanti strutture architettoniche medievali. Per il Parco del Conero il suo vino è così diventato filo rosso di un turismo che cela molte anime: dalla escursionistica alla speleologica, dalla naturalistica alla artistico-culturale. Senza dimenticare quella sensibilità gastronomica che da sempre ne contraddistingue il territorio.