di Alexander Màscàl

Il Vermouth è un vino aromatizzato vecchio di…6000 anni.
L’origine dei vini aromatizzati risale a quattromila anni prima di Cristo, ai primordi della storia dell’enologia giunta sino a noi, ma datare quando il primo uomo scoprì la trasformazione delle uve in vino è difficilmente stabilirlo. Reperti archeologici dimostrano che gli uomini del Neolitico pigiavano i grappoli della vite “spontanea” in fosse scavate nel suolo tufaceo o argilloso, che grazie alla sua impermeabilità fungeva da tino… In Turchia, nella zona del biblico monte Ararat, ai confini con Armenia e Iran, il ritrovamento di semi fossili, ha dimostrato che al vino ottenuto venivano unite bacche di rovo, di sanguinella e di sambuco.

Nei poemi omerici (IX secolo a.C.) si parla della pratica della mescolanza di vino, miele e farina, diluito con acqua prima di berlo. A queste prime basi, in seguito vennero aggiunte erbe e piante aromatiche.
Ippocrate, medico greco (460-370 a. C), ottenne un elisir dalle virtù corroboranti e digestive facendo macerare nel vino le punte fiorite dell’assenzio e le foglie del Dittamo, chiamato “Vino di Ippocrate” o “Vinum absinthiatum”, per l’aroma principale, l’assenzio (arthemisia absinthium).
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) medico Romano, come rimedio contro i disturbi di stomaco consiglia un infuso di assenzio, timo, rosmarino, sedano e mirto macerati nel vino.
In Europa i primi aromi utilizzati erano forniti dalla flora locale, in seguito si aggiunsero le spezie esotiche giunte dalle Indie e dall’Africa: cannella, noce moscata, pepe, chiodi di garofano, mirra, vaniglia, zenzero.
La scoperta dell’ America introdusse la corteccia della china proveniente dalla Cordigliera delle Ande, che ha azione tonica e digestiva.

L’Italia del Cinquecento vedeva come principali centri di produzione Venezia e Firenze, mentre di primaria importanza era Torino che utilizzò fiori alpini come la genziana e l’achillea, piante spontanee delle Alpi e l’artemisia (o assenzio).
Nella prima metà del Seicento un erborista piemontese, tale Alessio, portò al re di Baviera la sua ricetta di “Wermut wein” (Vino d’assenzio). In tedesco l’assenzio si dice “wermuth”, in seguito la “bevanda” passò alla corte di Francia dove divenne “Vermouth”.

Nel 1773, il medico toscano Villifranchi, prevede vita breve per questa “bevanda talmente poco alcolica da non incontrare favori”. A Torino, prima capitale d’Italia, nel 1786, sotto i portici della centralissima Piazza Castello, nella “Bottega di liquori Marandazzo“, Antonio Benedetto Carpano pone negli scaffali un vino aromatizzato con erbe e spezie, secondo una ricetta che mantiene rigorosamente segreta: il “Vermouth”. Torino adotta questo nuovo prodotto e la “Bottega Carpano” diviene il punto d’incontro per l’aperitivo della “Torino bene”.

Nell’Ottocento dilaga la moda dell’aperitivo “Carpano”. Nel 1816 Francesco Cinzano apre una bottega in quella che oggi è la centrale Via Garibaldi. Poco dopo è Giacomo Cinzano ad aprire una bottega nella centralissima Via Roma, ed entrambi iniziano la produzione del Vermouth.

Le formule per produrre il vermouth sono sempre segretissime e scritte in modo talmente ermetico da risultare comunque indecifrabili come quella del “Vermouth che faccio per Sua Maestà Carlo Alberto” scritta dall’acquavitaio Alberto Rovere, la cui bottega fu poi rilevata dai fratelli Cora.

In origine esisteva un solo tipo di vermouth, quello classico, il “Rosso di Torino”. In seguito si aggiunse il “Vermouth Amaro”, ottenuto con l’aggiunta di china, seguito dal tipo “dry” e il “rosè”.

Nella seconda metà dell’Ottocento a Canelli, Carlo Gancia, inizia a produrre il vermouth classico, accanto al celebre spumante nato nel 1850 e nel secondo decennio del ‘900 inventa il “Vermouth bianco”. Nel 1921, l’enologo Ottavio Riccadonna fonda a Canelli la “Riccadonna S.p.A” e inventa quello di vitigno: il “Vermouth Pinots“. Carpano e Cinzano rielaborano i primi vermouth in cui era presente il Moscato e creano il “Vermouth Antica Formula”. Anche Martini, Sola e Rossi iniziano la produzione con il marchio “Martini & Rossi”. Nasce l’era dei grandi Vermouth italiani.