di Alexander Màscàl

La fortuna della “Contratto” inizia nel 1876, quando nasce la casa vinicola che dagli inizi del ‘900 ad oggi manterrà il successo in campo mondiale, grazie alla sua esperienza nella vinificazione di spumanti e moscati, ma anche alla capacità di sfruttare l’abbinamento di immagine, marchio, bellezza del luogo e tradizione.

La bellissima sala, enorme tempio di vetrine e cristalli, che accoglie gli ospiti precede i bei giardini, il cortile-museo con l’esposizione di vecchi attrezzi, la galleria-museo con le testimonianze della storia di Casa Contratto e le antiche cantine sotterranee.

Curiosa, la sala chiamata “dei sacchi”, perchè in questo locale venivano stesi ad asciugare i sacchi olandesi che a quei tempi venivano usati per filtrare il moscato. Nelle sale interne si trovano alambichi, ceste e bigonce, nel cortile esterno grandi torchi e macchinari enologici.

Ma la classica “chicca” sono le scenografiche Cantine Storiche, dette “Cattedrali sotterranee”, che scendono sino a 32 metri nel sottosuolo. Scavate nel tufo e rivestite di mattoni pieni, attraversano il sottosuolo e la collina di Canelli.
Si tratta di enormi gallerie, i cui nomi già danno il senso della loro grandezza: Sempione e Gottardo, come i noti trafori.
La temperatura è costantemente di 12-14 gradi tutto l’anno, indispensabile fonte “naturale” per assicurare il perfetto affinamento del vino che “riposa” in bottiglie coricate sulle “pupitre”.

La struttura è predisposta per favorire incontri d’alta cucina internazionale che vede protagonisti chef di fama internazionale.
Il Museo e le Cantine Storiche sono visitabili da martedì a venerdì. Fine settimana e lunedì, su prenotazione.
Info: 0141823349 – www.contratto.it
Comune di Canelli, provincia di Asti. Piemonte

 

Le Cattedrali Sotterranee: patrimonio dell’Umanità

L’aspetto più caratteristico di Canelli è l’originalità delle sue cantine sotterranee, uniche in Italia. Si tratta dell’esteso patrimonio architettonico delle cantine, vere “Cattedrali Sotterranee” che si snodano sotto tutta la città, per oltre venti chilometri, sprofondandosi per più piani nelle viscere delle colline tufacee, creando ambienti suggestivi: veri capolavori d’ingegneria e architettura. Nelle navate di queste cantine, ad una temperatura costante di 12-14 gradi, vengono conservate per l’invecchiamento le bottiglie del pregiato vino.

Nella metà dell’800 in Piemonte la produzione media d’uva moscato bianco era prodotta nel territorio comunale di Canelli, mentre un’altra proveniva dal vicino comune di S. Stefano Belbo e il rimanente dagli altri Comuni limitrofi. La maggior parte del vino veniva commercializzato in barili che le varie mescite (taverne ed osterie), rivendevano in fiaschi o a bicchieri.

L’invenzione del “Vermouth” aveva come vino base il moscato, inoltre il metodo per spumantizzarlo prevedeva la fermentazione alcolica in bottiglia, questo mutò radicalmente la produzione: le aziende si trasformarono e dalla produzione artigianale passarono ad un metodo più “industriale”. Contemporaneamente il Vermouth e il “Moscato Champagne”, com’era chiamato all’epoca, ebbero rapida ascesa, tanto che per poter fare fronte alle richieste sorsero decine d’aziende tutte concentrate nel centro storico. In seguito l’avvento della ferrovia le distribuì su tutto il territorio interessato dalla produzione del moscato, generando un fenomeno che coinvolse l’intera produzione locale.

La lavorazione dello spumante richiedeva, e richiede ancora, una temperatura di 12 – 14 gradi costanti per tutto l’anno perciò le aziende necessitavano di cantine adatte che, per garantire tale temperatura, dovevano necessariamente essere situate sotto terra. La struttura collinare della zona e la composizione del terreno possedevano le giuste qualità: il tufo calcareo alterna strati molto duri ad altri sabbiosi ed è facilmente scavabile, inoltre conserva il giusto grado d’umidità ed isola perfettamente.

E’ risaputo che da secoli si produceva vino ad uso locale e si scavavano “crutin” (cantine) per conservarlo, quindi inizialmente vennero utilizzate o si ampliarono le gallerie già esistenti, scavate nel tufo. In seguito, quando tutto divenne più “industriale” si vennero a creare delle esigenze tecniche ed igienico-sanitarie tali da dover ricorrere a costruzioni sotterranee in mattone pieno-cotto. Si crearono così degli ambienti lavorativi più confortevoli, si potè installare impianti d’energia elettrica conformi alle leggi di sicurezza e fu possibile stoccare e lavorare milioni di bottiglie.

La tecnica costruttiva era varia. Si crearono strutture con volte a botte, a vela, a voltina, ad una o più navate, ad uno o più livelli; alcune si sprofondavano sotto le colline, sino ad una profondità di 32 metri, altre furono scavate più superficialmente o appena sotto il livello stradale. Molte sono talmente imponenti che meritano giustamente l’appellativo di “cattedrali sotterranee”, sia per il loro aspetto spettacolare che per la suggestione che offre la “ritualità” con cui si eseguono tutte le fasi: luci soffuse e suoni ovattati, indispensabili per la trasformazione del contenuto nelle migliaia di botti e di bottiglie allineate nelle enormi cantine sotterranee.

Oggi quelle Cantine restano, mute testimonianze di un’impresa vitivinicola che mutò per sempre la vita e la cultura vitivinicola di un intero Paese, per questo Canelli propone di inserire le “Cattedrali Sotterranee” nel patrimonio culturale mondiale dell’umanità dell’UNESCO, che è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza, la Cultura e la Comunicazione fondata a Parigi il 16 novembre 1945, con la motivazione:

“Per il loro alto numero, per lo scopo per cui sono state costruite, per le loro caratteristiche tecniche, perché testimoniano di un’epoca ricca di scoperte scientifiche legate al mondo del vino, per la loro unicità, perchè rappresentano uno straordinario patrimonio culturale unico al mondo che necessita di essere salvaguardato, studiato e conosciuto”.

E per questo, scrivendo di Canelli mi piace citare una descrizione trovata in un comunicato dell’Ufficio Stampa Studio Suitner che dice: “La sua bellezza è tutta nel fascino silenzioso dei vecchi muri, delle stradine scoscese, dei viottoli dimenticati che sembrano appartenere ad altre epoche, nelle case che nulla hanno di pregevole se non la dignità composta della loro storia, del loro vissuto, nei relitti un po’ enigmatici di fortificazioni e baluardi di cui si è smarrita la memoria ed il significato“.

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