Castello Gancia
Castello Gancia
Cantina Contratto
Cantine Gancia
Cantine Gancia - Infernotto
Cantine Gancia - Infernotto
Cantine Bosca
Cantine Bosca

di Alexander Màscàl

Le origini e la storia

Fu indubbiamente la fitta vegetazione di canne palustri delle rive acquitrinose del torrente Belbo a dare il nome alla città di Canelli. Dal latino “Cannula” nacque una città che di “acqua e acquitrino” conserva solo il nome mentre ben più le si addice il riconoscimento di “Signora delle Bollicine…“.
Abitata già dalla tarda Età del Ferro, fu sito d’insediamento dei Liguri Stazielli che avviarono la coltivazione della vite. A diffondere le viti forse furono quindi i popoli Liguri, o forse i Romani che le impiantarono in onore del dio Bacco, ma se le origini restano incerte non altrettanto lo sono quelle che riferendosi allo Spumante fanno di Carlo Gancia l’inventore delle… bollicine all’italiana…

Già insediamento delle tribù liguri in epoca Romana divenne un importante centro, come attestano gli scritti di Tito Livio (storico romano, 59 a.C. – 17 d.C), e Strabone (storico e geografo greco, ca. 63 a.C. – 20 d. C). La città subì una netta decadenza durante le invasioni barbariche e saracene per rifiorire nel X secolo e divenire una delle più fiorenti città commerciali del Medio Evo. Il suo nome compare per la prima volta in un documento del 961, dove viene indicata dalle Corti Regie del Piemonte. Conquistata da Asti ed Alessandria diviene feudo di diverse nobili famiglie, tra cui gli Incisa; gli Asinari e gli Scarampi che ne mantennero il feudo (questi ultimi lo elevarono al titolo di marchesato).

Tra il XVI e XVII secolo Canelli, avamposto e baluardo contro il Monferrato, fu teatro di numerosi episodi bellici. L’imponente mole del castello degli Scarampi-Crivelli, d’origine medioevale (XV secolo), sovrasta la città. Più volte distrutto e ricostruito, fu al centro di aspre lotte tra le città di Asti e Alessandria. Nel 1929 venne acquistato dalla famiglia Gancia e ripristinato trasformandolo in una grande dimora signorile.
Simbolo e storia di un glorioso passato si erge maestoso, con l’imponente mole che pare vegliare sulla città sottostante. L’elegante veste settecentesca, simile ad “un’etichetta” racchiude quello che è un fiore all’occhiello per la viticoltura italiana. Un nome e un prestigio che ha varcato i nostri confini portando il marchio dell’Asti Spumante in tutto il mondo: Casa “Gancia”.

Nel XVII secolo sostituì il preesistente castello risalente al X secolo. Nel 1616 lo occuparono chi Spagnoli che dopo avervi dimorarono… lo distrussero. Oggi oltre a dimora della famiglia Gancia è sede del “Museo Gancia” e di numerose attività turistiche e promozionali dell’Azienda.
Ma oggi Canelli è anche uno degli itinerari che ci conducono nei paesi del Moscato e dello Spumante, attraverso le colline del bianco nettare di Bacco, sino alle sue “Cattedrali” custodi del pregiato vino.

Canelli da vedere

La parte più antica e suggestiva è il quartiere Villanuova da cui parte la Sternìa, l’antico camminamento delle mura, che si inerpica per stretti tornanti tra case di pietra e piccoli orti in ripido pendio, fino al piazzale dove sorge la chiesa di San Rocco, interessante barocco rurale del XVIII secolo.
L’antico borgo di Villanuova è il cuore della città, un silenzioso angolo medioevale con le case addossate ai margini della stradina stretta e sinuosa, pavimentata con ciottolato, un vero ritorno al Medioevo che vale la pena visitare.
La barocca parrocchiale di San Leonardo risale al XVII sec. All’interno conserva dipinti di Aliberti, un coro ligneo del ‘700 e mobili barocchi (Tel. 0141823208). La chiesa di San Tommaso (sec. XVIII), con bel portale barocco e pregevoli tele del XVII e XVIII secolo. Fonte battesimale da ara romana. Pregevoli tele e arredi (Tel. 0141823408). Palazzo Scarazzini del 1700: poco fuori città, isolata in mezzo alle vigne la seicentesca torre dei Contini, eretta su basi medioevali.

Canelli…da gustare

I vini
In Piemonte, nelle zone della Langhe albesi e del confinante Monferrato astigiano nascono le uve di Moscato Bianco da cui si ottengono l’Asti ed il Moscato d’Asti. Verso la fine del ‘700 l’occupazione francese abbattendo le barriere doganali da inizio alla commercializzazione dei vini che per Canelli segnerà l’inizio di una parte della storia delle viticoltura italiana nel mondo.
L’Asti Spumante è il pregiato spumante aromatico, prodotto con uve moscato bianco. Vino per le grandi occasioni, dal gusto delicatamente dolce e aromatico, ottimo con qualsiasi dessert. Si serve a temperatura di 5 -7 gradi e si consuma giovane.
Moscato d’Asti. Versione naturale delle uve da cui si ricava L’Asti Spumante, ma di gradazione inferiore. Il suo sapore dolce lo rende ottimo vino da fine pasto, splendido compagno di dolci. Va servito fresco e si consuma giovane.

Indubbiamente la gastronomia piemontese offre spunti di alta cucina, e se siamo di passaggio, o desiderosi di deliziarci con la ristorazione locale possiamo provare le specialità tipiche e acquistare souvenir… enogastronomici. Ecco alcuni suggerimenti:

Pasticceria Bosca. Piazza Amedeo d’Aosta 3
Biscotti al Forteto di pasta frolla con: farina di grano e di mais, e vino Moscato passito.

Panetteria Corino. Via Roma 75.
Pane di vari tipi, tra cui quello di soia, al latte, al mais, ai cereali, al papavero. Grissini stirati a mano e cotti nel forno a legna.

Pasticceria Giovine & Giovine. Piazza Gancia 9.
I “coppi”: tipici dolci di nocciole e miele, dalla vaga forma dei tetti delle cascine. Il “sucrà d’la befana”: una specie di panettone.

Le primizie di Franca e Luca. Via XX Settembre.
Ci troviamo in una vera boutique dei sapori, dove trovare il meglio della gastronomia italiana. Non a caso le paste, rigorosamente fatte a mano, nascono dall’utilizzo delle favolose farine del “Mulino Marino” di Cossano Belbo (CN). E che dire dei grissini e delle “Lingue di suocera” di Mario Fongo, “Il Panatè”, simpatica figura di panettiere di Rocchetta Tanaro (AT). Dalla Liguria provengono le confetture delle suore Carmelitane d’Imperia, non manca la famosa pasta di Gragnano, l’aceto balsamico emiliano di Dodi e tante altre galupperie: lascerò a voi il piacere di scoprirle…

Grapperia artigianale Alì di Poglio. Via Indipendenza 110/116.
Cantine Coppo. Via Alba 68 – Tel. 0141823146. Fondata nel 1892 da Piero Coppo attualmente è tra i nomi più importanti e qualificati del settore vitivinicolo piemontese. Da visitare le antiche cantine sotterranee.

Sapori in cucina: I Ristoranti

“C’era una volta…”. In Regione Serra Masio 11, immerso in un suggestivo paesaggio collinare addolcito dai vitigni del biondo nettare, in un vecchio cascinale trasformato, questo ristorante propone la cucina tradizionale. Le due sale, ricavate da una vecchia cantina e arredate in stile rustico, ma elegante, creano un’emozionante atmosfera contadina: dolce compagna di ricordi “paesani”, sottolineati ancor più dall’esposizione di vecchi attrezzi agricoli. Da gustare: vitello tonnato, acciughe al verde, carne cruda alla piemontese, flan di verdure con fonduta e tartufi. Agnolotti al plin, risotto al Barbera, zuppe rustiche, gnocchetti al Raschera. Filetto al Castelmagno, stinco di vitello, anatra. Formaggi piemontesi accompagnati con mostarda o miele; salumi e bruschette piemontesi. Bonet, salame dolce, pesche ripiene, gelato al barbera, semifreddo al torroncino.

“Grappolo d’oro”. Viale Risorgimento 59/61.
Offre, oltre ad una calda accoglienza, piatti della cucina tipica piemontese: carne cruda alla piemontese, fonduta con tartufo, tornidò alla canellese. Tagliatelle ai funghi porcini, gnocchi al Barbera, risotto con funghi, agnolotti al plin. Brasato al Barolo, sella di vitello con funghi porcini. Bonet della nonna, charlotte creole e naturalmente zabaione al Moscato d’Asti.

“Osteria della Sternia”. Via Villanuova 4.
Sulla strada detta “Sternia”, pavimentata con pietre di fiume, vicino alla chiesa barocca dell’Annunziata troviamo questo ristorante collocato in una casa seicentesca in pietra, perfettamente ristrutturata, con due sale di mattoni “a vista”. La cucina casalinga tipica piemontese offre scelte tra peperoni al forno, acciughe marinate. Tajarin, ravioli, gnocchi al Castelmagno. Coniglio, gallina in agrodolce. Bonet, torta di nocciole. Naturalmente non può mancare la zuppa inglese, la faraona, le pere cotte con cannella: tutto cucinato rigorosamente nel Moscato d’Asti!

“Piccolo Sanremo dal Baron”. Via Alba 179.
La Cucina tradizionale c’invita ad assaggiare il tortino di baccalà con vellutata rosata, pera con crema di Toma e Gorgonzola, petto di faraona su letto di verdure. Agnolotti al plin, maltagliati ai porri, tajarin, minestrone di 12 verdure e legumi cotto all’antica maniera. Coniglio alle erbe aromatiche, scaramella al forno antica ricetta, stinco al nebbiolo, trippa completa con fagioli. Panna cotta. E come dolce l’immancabile versione del moscato, con le pere cotte e la mousse, entrambe al Moscato d’Asti.

“San Marco”. Via Alba 136.
Dove oggi si trova il ristorante, un tempo c’era un’osteria con stallaggio. Durante la festa patronale le contadine si recavano nella vicina chiesetta in pellegrinaggio, per propiziare lo schiudersi dei bachi da seta che portavano in seno. Oggi in questo moderno locale non s’incontrano le contadine con i bachi, ma la simpatia e la bravura di Mariuccia. Fiore all’occhiello della gastronomia canellese non possiamo non subire l’attrazione di questa cucina e lasciarci deliziare da uno dei più noti ristoranti piemontesi. Elegante e raffinato il San Marco ci stupirà con i suoi piatti fantasiosi. In cucina Mariuccia Roggero preparerà: coscia cruda di vitella Fassona battuta al coltello, bocconcini di vitello crudo alla pastora con salsa di nocciole, tortino di cardi gobbi di Nizza e cuori di cardi in fonduta piemontese. Ragù di cardi con uovo in camicia e bagna d’acciughe, taglierini all’uovo fatti a mano al ragù di coniglio o con burro aromatizzato alle erbe, agnolottini del plin lessi nel brodo ristretto di carne e serviti sul tovagliolo. Finanziera nobile all’astigiana. Toma di Roccaverano al cartoccio e gran carrello di formaggi piemontesi. Piccola pasticceria, torrone morbido di Mariuccia, mousse al frutto della passione con salsa ai frutti di bosco, cremino di panna con salsa alla menta. E qui l’Asti Spumante ci sarà servito… nell’anguilla in carpione all’aceto d’Asti Spumante con uvette e pinoli. Cipolle fondenti, composta di zucca e anguria con agrumi e la composta di mele renette: tutte cotte nell’Asti Spumante. Cotte nel Moscato d’Asti gusteremo: le arance caramellate, le pere con frutta fresca gratinata e mandorle.

Ma non solo a Canelli si producono dolci o si elaborano piatti a base di spumante o moscato.

Ad Asti, città che da il nome al prestigioso vino, la “Pasticceria G.N.B” Artigiani di Pasticceria, Via Malta 24, prepara panettoni e colombe, crema pasticcera per gustosi bigné, naturalmente tutti al Moscato d’Asti. Non manca il classico zabaione astigiano anch’esso al Moscato: non troppo dolciastro e con quel delizioso sapore un pò frizzantino tipico di questo vino. Nell’ attesa d’eventuali cioccolatini o torte gelato, naturalmente al moscato, potremo lasciarci tentare dalle altre specialità pasticcere, ma prima di tutto… onore al dolce natalizio e al volatile pasquale: purché sia… al Moscato d’Asti.

Il Folclore storico: L’Assedio di Canelli

Il terzo fine settimana di giugno si rievoca l’attacco del Duca di Gonzaga-Nevers, comandante generale dell’esercito monferrino-mantovano, sconfitto dall’eroica resistenza della città. Ogni anno lo storico assedio del giugno 1613, viene rievocato con una battaglia e scene di vita quotidiana di quel tempo che coinvolgono tutta la città. Vie e piazze sono trasformate con fedeltà storica, centinaia di donne, uomini e bambini compaiono come figuranti in costume. Tutto riproduce perfettamente l’epoca della battaglia. Militari, frati, contadini, osti e briganti, imbonitori, maghe e cartomanti, giocolieri, saltimbanchi e artisti da strada, cantastorie, giocolieri, musici, guitti, danzatori e commedianti, animeranno la città. Per le strade si spande l’odore della polvere da sparo, si sentono ordini concitati, s’incontrano ronde: ovunque è la confusione che precede una battaglia. Colpi d’artiglieria pesante e schioppettate di colubrine, osterie e taverne brulicanti di soldatacci, accattoni e malfattori, osti e ostesse… Scaramucce, duelli: si versano fiumi…di Barbera e calici di Moscato… Contadini e popolani fuggono dalle campagne e si rifugiano nella città passando per la porta principale. I militari ispezionano i carri alla ricerca di spie nemiche. Da lontano giunge il rombo dei cannoni delle truppe nemiche in avvicinamento. Rullano i tamburi che annunciano l’ispezione del Duca Carlo Emanuele.

La rievocazione prosegue sino a sera, in una stupenda coreografia di torce e fuochi che intratterrà il visitatore sino a notte tarda. L’Assedio di Canelli è una rievocazione storica differente da ogni altra, il visitatore viene coinvolto divenendone partecipe, pertanto esistono delle regole ben precise.
Vediamone alcune: occorre munirsi del “Tiletto”, una specie di documento di riconoscimento rilasciato al “visitatore straniero” che dimostra di non essere un nemico e gli consente di girare liberamente entro le mura cittadine.
In tutta la città sono disseminate osterie e taverne che per l’occasione serviranno portate tratte da ricette rigorosamente seicentesche e mantenendo l’uso di stoviglie in terracotta.
All’interno della città fortificata, lungo le vie e sulle piazze viene realizzato il tipico mercato seicentesco con bancarelle di commercianti, contadini, imbonitori, venditori delle cose più strane e svariate, tutte però rigorosamente già presenti nel 1613.

Nel pomeriggio della domenica si celebra la vittoria, con lo spettacolare gioco della “Carra”. Nel 1600 l’unità di misura maggiormente usata in Piemonte, per il commercio dei vini, era la “Carra”, una grande botte posta sopra un carro che poteva contenere sino a dieci-dodici brente attuali (circa 650 litri), che era usata per il trasporto del vino e per misurare la quantità di un liquido comprato o venduto. I “mastri falegnami” hanno ricostruito fedelmente questo carro che alle due estremità monta un timone. Due squadre avversarie composte di sette “energumeni” aggrappati ai timoni, devono lottare spingendo il carro: vince chi riesce a far indietreggiare l’avversario oltre il limite. Al vincitore andrà la grande botte piena di vino.

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