Storia, leggende, curiosità sulla birra, da sempre importante alimento delle popolazioni nordiche e non solo

Storia
Leggende e Tradizioni
Produzione
Aspetti nutrizionali

Tra le bevande alcoliche ottenute per fermentazione di vegetali, troviamo oltre al vino altri prodotti tra cui la birra, ottenuta dalla fermentazione del malto d’orzo e resa aromatica con il luppolo. Ciò che accomuna la birra al vino è il principio microbiologico della fermentazione grazie al quale si ottiene l’alcol tramite l’azione dei lieviti. A parte questo, vino e birra sono caratterizzati da “contorni” completamente diversi che riguardano ovviamente la differente materia prima di produzione e di conseguenza un diverso processo tecnologico, ma abbiamo anche una diversa disciplina legislativa, una diversa storia e diffusione che si ripercuotono oggi su strategie di marketing specifiche rivolte a gruppi di consumatori differenti. Tutto questo fa sì che le due bevande, pur appartenendo alla stessa categoria merceologica di bevande alcoliche di origine vegetale, costituiscano due mondi a parte.

STORIA

La storia della birra è, come anche nel caso del vino, molto antica e si può pensare che sia andata di pari passo con quella del pane, infatti per millenni la fabbricazione della birra ha fatto parte dell’attività casalinga insieme alla produzione del pane (veniva infatti definita il “pane liquido”).

La diffusione, rispetto al vino, ha interessato zone diverse. Nelle regioni mediterranee, e nelle aree geografiche più calde in genere, l’interesse per la birra nei tempi antichi era piuttosto scarso e ciò era legato al fatto che la birra non può essere prodotta senza l’azione delle basse temperature. Tuttavia la bevanda era conosciuta anche presso le civiltà mediterranee, presso Assiri, Egizi e Babilonesi, si trattava per lo più di una bevanda prodotta spontaneamente per fermentazione di cereali miscelati con acqua. Nel Medioevo grandi quantità di birra venivano prodotte nei monasteri a uso di monaci e pellegrini. La birra veniva prodotta tra il giorno di San Michele (29 settembre) e quello di San Giorgio (23 aprile) per evitare che il mosto si inacidisse per il caldo prima di fermentare.

Per garantire il freddo si prelevava il ghiaccio durante l’inverno dai laghi o dai corsi d’acqua e, con carri trainati da buoi o cavalli, lo si trasportava alla fabbrica della birra dove veniva accumulato in un’apposita camera dalla quale scendeva l’aria fredda fino ad arrivare alle cantine di deposito dove, nelle botti di rovere, la birra maturava per tutta l’estate. Questa procedura veniva abbandonata solo duecento anni fa circa, quando con l’invenzione della macchina a vapore, del motore elettrico e del compressore frigorifero, la produzione della birra raggiunse livelli industriali. Oggi il birraio si serve del progresso tecnologico e scientifico per seguire il processo naturale della fermentazione e rendere così i suoi prodotti più costanti e sicuri ma pur sempre genuini.

In Italia la birra ha solo due secoli di storia e inizia nel 1789 con un privilegio concesso a Gio Baldassare Ketter di Nizza Monferrato cui succedette nel 1791 Gio Domenico Debernardi. La birra in Italia nasce quindi al Nord, in Piemonte, Lombardia e Veneto. Nel nostro paese si è sempre prodotta birra chiara, di media gradazione, cercando di imitare le birre del Centro Europa.

LEGGENDE E TRADIZIONI

La produzione e il consumo di birra hanno costituito e costuiscono un aspetto non trascurabile della cultura di tutte le popolazioni e si è sempre accompagnata a credenze magiche e superstiziose proprie della mentalità popolare. Una prima curiosità riguarda la stella di David: essa rappresenta i quattro elementi dell’antica alchimia (terra, fuoco, aria, acqua) dei quali la birra è composta ed è sempre stata tenuta in alta considerazione dai mastri birrai poiché è considerata un amuleto che tiene lontano il male che potrebbe compromettere la buona riuscita della birra.
In Norvegia era usanza produrre una birra particolare per un’occasione curiosa: i funerali… erano infatti i vecchi a produrre il malto per quella birra che, dopo le loro esequie, gli ospiti avrebbero gustato e poteva anche accadere che si ritardasse di qualche giorno il funerale per attendere la fine della fermentazione.

Nelle abitazioni dei contadini la produzione della birra era una delle tante attività domestiche e si credeva che intorno al locale in cui essa veniva prodotta, dimorassero degli spiriti maligni che dovevano essere esorcizzati in qualche modo. Di notte si lasciava il gatto di casa perché tenesse lontano gli spiriti specialmente Okorei che, protetto dalle tenebre, rubava la birra e faceva inacidire quella rimanente. Dopo il gelo invernale, all’inizio dei lavori agricoli, si irroravano i campi di birra e si beveva la restante da un boccale che veniva passato da uno all’altro, in cerchio, a tutto il gruppo di contadini. Dopo questi atti propiziatori poteva iniziare l’aratura. Lo stesso avveniva al momento del raccolto. Il consumo pubblico della birra avveniva in locande individuabili dai rami di pino o abete appesi sopra la porta di entrata o da insegne in ferro battuto raffiguranti, in modo simbolico, la denominazione del locale.

PRODUZIONE

Le materie prime per la fabbricazione della birra sono l’acqua, il malto, il luppolo e il lievito. Si chiama malto un cereale che è stato sottoposto a un inizio di germinazione grazie al quale il contenuto dei suoi chicchi diventa solubile e può quindi essere estratto mediante l’acqua. Si può ottenere da orzo, frumento, segale e avena. Il malto si ottiene sottoponendo il cereale a processo di germogliazione in acqua a 12-16°C. Durante questa fase si formano gli enzimi (diastasi) che dovranno trasformare l’amido in zucchero. Il luppolo è una pianta che viene usata per impartire alla birra il sapore amarognolo caratteristico; della pianta si utilizzano solo le infiorescenze femminili.
Il procedimento di preparazione della birra è diviso in due fasi: la prima prevede l’idrolisi dell’amido con la conseguente trasformazione in zucchero e la seconda è la fermentazione dello zucchero in alcol.

Il malto d’orzo viene macinato e trattato con acqua in appositi tini. In seguito si procede alla saccarificazione mediante aggiunta di acqua calda; durante questa fase gli enzimi del malto idrolizzano l’amido del cereale convertendolo in parte in zucchero maltosio e in parte in destrine. Sia il maltosio che le destrine sono destinati a trasformarsi in glucosio durante il processo di fermentazione. È infatti solo il glucosio ad essere demolito dai lieviti responsabili, come nel caso dei vini, della fermentazione. La saccarificazione si può condurre con tecniche diverse ed anche la temperatura può variare da caso a caso. Si ottiene in questo modo il mosto, un liquido zuccherino che viene filtrato per essere separato dalle parti solide (trebbie). Il mosto filtrato viene sottoposto a cottura in caldaie di rame dopo l’aggiunta del luppolo. La cottura ha lo scopo di estrarre i principi amari e aromatici del luppolo, di coagulare parte delle proteine e di portare il liquido alla giusta concentrazione. Da questa fase in poi il processo è analogo a quello di preparazione del vino. Il mosto cotto, dopo raffreddamento, viene immesso nei tini di fermentazione e trattato con il lievito, che agisce sugli zuccheri, provocandone la fermentazione ad alcol e anidride carbonica. La fermentazione può essere alta o bassa a seconda della temperatura a cui si opera e dà tipi di birre differenti.

Le birre prodotte industrialmente solitamente sono ottenute con la fermentazione bassa che viene condotta a temperature comprese tra 5 e 13°C. Sono le birre lager e si distinguono in birre chiare, rosse, scure, analcoliche, light, normali, speciali, doppio malto il cui grado alcolico è definito dalla legislazione in materia. Tra le birre ottenute invece con la fermentazione alta, a temperature comprese tra 15 e 21 °C, il gruppo più importante e conosciuto è quello delle ale, caratteristiche perché vengono confezionate non filtrate e non pastorizzate, quindi per il consumo fresco e immediato. Alla fermentazione tumultuosa, che dura dagli 8 ai 12 giorni, segue, come per il vino, la fermentazione secondaria seguita da un processo di maturazione che può durare anche alcuni mesi.

Quando una parte del malto ha subito la torrefazione si ottengono le birre scure, in assenza di malto torrefatto si ottengono birre chiare. Spesso si ricorre alla pastorizzazione, allo scopo di evitare fermentazioni anomale che possono provocare alterazioni nel sapore del prodotto. Anche l’aggiunta di quantità supplementari di anidride carbonica è una pratica abbastanza comune. Le sofisticazioni più comuni della birra consistono nell’aggiunta di antifermentativi vietati dalla legge, nell’uso di sostanze amare in sostituzione del luppolo e nell’aggiunta di alcol. La birra è più facilmente alterabile del vino. Il grado alcolico della birra varia da 2,5 (% in volume di alcol) a 9. L’estratto è molto più alto di quello del vino, rispetto al quale ha perciò maggior potere nutritivo. L’estratto è costituito da carboidrati, proteine, amminoacidi e vitamine. Alla presenza delle proteine è dovuta la persistenza della schiuma.

ASPETTI NUTRIZIONALI

La birra è molto nutriente per il suo contenuto in proteine, vitamine del gruppo B e sali minerali che, anche grazie alla povertà di alcol, la rendono un vero alimento, più che una bevanda. È meno calorica del vino (530-550 calorie al litro) e, a patto che si rispetti il criterio della moderazione, si può affermare che non faccia ingrassare. È stato dimostrato che bevendo due bicchieri di birra al giorno, il senso di sazietà fa rinunciare a consumare dolci o altri snack lontano dai pasti. È bene comunque non bere fuori pasto perché l’alcol viene assorbito in modo diverso. Anche nella birra, come nel vino, ritroviamo sostanze antiossidanti ascrivibili alla classe dei polifenoli che hanno un ruolo protettivo contro i radicali liberi. Tali sostanze sono attive già in quantità infinitesimali.L’effetto diuretico della birra è dovuto all’acqua e al basso contenuto di sodio, inoltre la birra dà una sensazione dissetante più elevata dell’acqua perché contiene acido carbonico che anestetizza le terminazioni nervose di lingua, fauci ed esofago, deputate al controllo della sete.