E’ scandaloso il mancato stop allo stabilimento tedesco di produzione delle cosiddette “mozzarelle blu” annunciato dall’Unione Europea, ma smentito dall’azienda “Milck Wercjager” che ha provocato un allarme in tutta Europa con un calo dei consumi del 20 per cento in Italia nei giorni immediatamente successivi.. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento alle dichiarazioni contrastanti della Commissione europea e dell’azienda tedesca che fanno temere il rischio che mozzarelle contaminate dal batterio Pseudomonas fluorescens, possano tornare in commercio. Una situazione che conferma la necessità di accelerare sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte utilizzato per difendere consumatori e produttori italiani ed evitare effetti generalizzati provocati da specifici allarmi sanitari provenienti.

Dalle prove effettuate all’indomani dell’allarme “mozzarella blu” dalla Coldiretti con la prima tac “salva mozzarella” è risultato che su un totale di 13 campioni di mozzarelle provenienti da diversi caseifici ben 6, e cioè quasi la metà (46 per cento), sono risultate “positivet”, ossia non ottenute esclusivamente con il latte fresco. Il risultato è stato reso noto nel corso dell’assemblea nazionale della Coldiretti dove, nell’ambito del “Salone dell’innovazione nella tradizione” è stata presentata questa nuova tecnologia che – ha spiegato la Coldiretti – si basa sulla evidenziazione di un “marcatore” che si trova nelle mozzarelle non prodotte con solo latte fresco ed è stata messa a punto con la collaborazione della facoltà di Agraria della Università di Bari. Si tratta del primo sistema di analisi che consente di rilevare se una mozzarella vaccina è stata realmente prodotta con latte fresco o se, invece, è realizzata utilizzando cagliate congelate o cagliate refrigerate vecchie.

Le cagliate congelate da impiegare nella produzione di mozzarelle arrivano principalmente da Lituania, Ungheria, Polonia, Germania, ma la loro presenza non viene indicata in etichetta perché non è ancora obbligatoria l’indicazione di origine. Oltre ad ingannare i consumatori, si tratta di una concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco, perché per produrre un kg di mozzarella “tarocca” occorrono 900 grammi di cagliata dal costo di meno di 3 euro/kg, mentre il prezzo al pubblico di un kg di mozzarella vaccina di qualità non può essere inferiore ai 6/7 euro/kg. La metodica analitica presentata da Coldiretti e Aia potrebbe essere utilizzata anche per formaggi diversi dalle mozzarelle, sempre nel settore lattiero caseario.

Il risultato delle analisi conferma i dati statistici sulle importazioni dai quali si evidenzia che la metà delle mozzarelle vendute in Italia è fatta con latte o addirittura cagliate straniere. La rivoluzionaria macchina della verità fa definitivamente chiarezza e aiuta finalmente a scoprire se i formaggi presenti sugli scaffali sono realmente prodotti da latte fresco. In Italia l’indicazione della reale origine per i prodotti lattiero caseari è obbligatoria solo per il latte fresco, ma – spiega la Coldiretti – non per quello a lunga conservazione, per lo yogurt, i latticini o i formaggi. Per questo va sostenuta in Parlamento l’approvazione del disegno di legge sull’etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti che al Senato e’ già stato ampiamente condiviso sia in commissione Agricoltura che in Aula.

Un segnale incoraggiante è appena arrivato dal Parlamento Europeo che, sotto il pressing della Coldiretti, ha votato finalmente a favore dell’obbligo di indicare il luogo di origine/provenienza per carne, ortofrutticoli freschi e appunto prodotti lattiero caseari.

Per l’Italia – continua la Coldiretti – significa valorizzare il vero Made in Italy in una situazione in cui tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta

La nuova tecnologia è dunque uno strumento concreto per difendere gli allevatori e i consumatori dall’acquisto di prodotti scadenti spesso spacciati come italiani, ma anche un supporto tecnologico al progetto della Coldiretti per “Una filiera agricola tutta italiana” che ha l’obiettivo di portare sul mercato prodotti al 100% italiani firmati dagli stessi agricoltori.