Nelle colline intorno ad Ascoli Piceno e in buona parte del territorio della provincia di Teramo cresce una delle Olive verdi da tavola migliori del mondo: l’Ascolana Tenera. Particolarmente apprezzata dai Romani, che la chiamavano “picena” e la offrivano ad inizio pasto per stuzzicare l’appetito, o in chiusura come digestivo.

L’Ascolana nel tempo ha rischiato di essere dimenticata a causa delle olive mediterranee meno pregiate e dai costi più contenuti. Fortunatamente, dopo anni d’oblio, un gruppo d’olivicoltori ha costituito un consorzio per tutelarla.

L’Ascolana tenera, dolcissimo frutto ricco di polpa, si conserva in una salamoia d’acqua salata aromatizzata con finocchio selvatico ed erba odorosa locale. Questo tipo d’oliva offre il meglio di se quando viene farcita e poi fritta, assumendo così anche la funzione di un cibo di strada.

Le olive ripiene all’Ascolana sono nate intorno alla fine del ‘800. Di esse non si trovano notizie precedenti, né in testi, ricettari, menu, o memorie varie. Con la costituzione del Regno d’Italia (1861) e la progressiva cessazione delle limitazioni ecclesiastiche sul consumo di carne, sembra che i cuochi delle famiglie nobili ascolane cominciarono a farcire le olive provenienti dai poderi padronali. Questa ricetta, almeno fino alla metà del ‘900, veniva preparata in occasione di particolari ricorrenze familiari e per ospiti illustri, poiché erano un piatto costoso che richiedeva lunga preparazione.
La versione originale delle olive all’ascolana prevede come ingredienti della farcia: manzo, carne di maiale e Parmigiano.

Articolo di gastronomia da Taccuinistorici.it – la pubblicazione digitale italiana sulla storia dell’enogastronomia

Alex Revelli Sorini
Taccuini Storici – Pubblicazioni digitali