Moie è una cittadina  nella pianura anconetana marchigiana: racchiude tesori come l’abbazia di Santa Maria delle Moie e conserva tante tradizioni.

Nel primo pomeriggio del Giovedì Santo venivano legate le campane fino al Sabato Santo in segno di lutto. In sostituzione per annunciare le funzioni di carattere religioso vi erano dei giovani che suonavano con le Raganelle e solitamente davanti a costoro c’erano dei ragazzi più grandi con la Battistangola.

La Raganella era uno strumento idiofono costituito da una  ruota dentata di legno fatta girare attraverso una manovella, pizzica con i denti una lamella, anch’essa di legno, producendo un caratteristico rumore simile al gracidio delle rane: da qui il nome “Raganella”. A Moie si era soliti costruire la Raganella con le canne. La stessa funzione veniva svolta dalla Battistangola, una tavoletta in legno con impugnatura con applicati  una maniglia metallica e delle borchie sulle quali la maniglia sbatteva provocando rumore.

Raganella di Moie (AN)

Aspetto caratterizzante del Giovedì Santo erano i “Sepolcri” che venivano realizzati all’interno dell’Abbazia Santa Maria.
Nel primo pomeriggio venivano posti dei vasi contenenti il grano davanti all’altare principale, uniti per formare una croce, altri vasi erano posti intorno. Il grano veniva seminato sui vasi circa 20 giorni prima del giovedì  Santo, venivano fatti vegetare al buio o coperti ed erano innaffiati  abbondantemente. Il frumento acquisiva cosi un colore tra il giallo e il bianco. Talvolta venivano seminati sui vasi anche dei legumi come ad esempio la cicerchia o i lupini.
Si poneva molta attenzione anche al cibo di solito si mangiava le aringhe o le sardelle.

Al Venerdì Santo, dopo la predica delle “tre ore di agonia“, tenuta nel primo pomeriggio, a tarda sera si svolgeva la processione del Cristo Morto. Vi era il Cataletto di Nostro Signore, accompagnato da alcune signore con un velo nero, e poco dietro la statua della Madonna Addolorata. Un uomo si vestiva da cireneo e si poneva dietro.

Alla mattina del sabato Santo venivano sciolte le campane, in particolare le mamme attendevano questo momento per far correre i  loro bambini. Le signore più anziane sostenevano che i giovani dovevano sciogliersi le gambe per evitare i “fantioli”.
Dopo lo scioglimento delle campane veniva celebrata in Chiesa Santa Maria una funzione religiosa; appena terminata il parroco iniziava la benedizione delle case con l’acqua benedetta e i chierichetti al seguito tenevano un cestino in mano per raccogliere le offerte che di solito erano le uova.

Il digiuno della quaresima era terminato, le campane festanti suonavano “l’allegrezza”. Un altro aspetto tradizionale della mattina di Pasqua erano le uova dipinte. Le uova venivano poste in una pentola con della carta velina colorata e fatti sodi. A fine cottura la carta velina veniva tolta e l’uovo era colorato.
Altre famiglie coloravano le uova in altri modi. Ad esempio facevano bollire gli spinaci e aggiungevano le uova che assumevano poi il colore verde, oppure per creare l’arancio occorreva aggiungere all’aceto una cipolla rossa.
Il pranzo si consumava generalmente con le tagliatelle appositamente fatte a mano dalla massaia e poi l’immancabile agnello.

Grazie a Daniele Guerro per questo racconto

Puoi leggere anche Moie e la sua insigne Abbazia (AN)