Nel 1932 il giovane regista aragonese Luis Bunuel (1900-1983), uno dei massimi esponenti del cinema surrealista anche come attore e sceneggiatore, autore di film indimenticabili e vere pietre miliari nella storia del cinema (Oscar nel 1972 e vincitore di vari premi in tanti festival internazionali), girò l’unico documentario della sua lunga carriera dal titolo Les Hurdes – Tierra sin pan.

La location, ma si può dire anche il soggetto, era la zona di Las Hurdes nella selvaggia e arida Sierra de Pena de Francia, terra montuosa nel nord dell’Estremadura, la regione dell’Ovest spagnolo al confine con il Portogallo, allora come oggi una delle aree più povere e arretrate del paese. Questo documentario antropologico e sociale narra, con tutta la forza espressiva delle immagini in bianco-nero solo attutite dalla musica di Brahms nella colonna sonora, l’orrore quotidiano di fame e di miseria fisica e morale di una popolazione ridotta a larve umane da denutrizione, malformazioni, malattie, epidemie e incesti, in una terra tanto ingrata e pietrosa da non consentire neppure la sepoltura dei morti, dove le case sono più sporche e disadorne delle stalle e le uniche ricchezze si trovano concentrate nelle chiese e nei conventi. La violenza delle scene su una realtà tanto forte e assurda (siamo appena a 100 km da Salamanca, ma in quegli anni gli Spagnoli non ne conoscevano neppure l’esistenza) finisce per essere di per sé surreale, anche senza l’intervento dietro la cinepresa di un maestro del surrealismo. Il film, entrato poi a pieno titolo nella storia della cinematografia, sconvolse i pochi che allora lo videro: la sua proiezione venne infatti proibita sia dal governo repubblicano dell’epoca, che dal successivo regime franchista, in quanto ritenuto offensivo e denigratorio per la dignità della Spagna e degli Spagnoli. Ma, come ogni autentico capolavoro, ebbe poi l’occasione di rifarsi nelle cineteche di tutto il mondo.

Quanto rimane oggi della Hurdes descritta da Bunuel ? Quasi un secolo dopo ovviamente molte cose sono cambiate e certe situazioni al limite dell’assordo e dell’incredibile sono sparite, ma tutto sommato neppure più di tanto. La Sierra de Pena de Francia, nonostante tutte le sirene del progresso iberico, rimane ancora una delle zone più arretrate del paese, dove ad esempio parecchi matrimoni continuano ad avvenire nell’ambito familiare e il principale mezzo di trasporto è ancora rappresentato dal mulo: in compenso vi si produce il miglior prosciutto spagnolo, il celebre jamon serrano. Va subito precisato però che essa rappresenta soltanto una piccola parte dell’Estremadura, terra di storia antica, come attestano i suoi monumenti megalitici preistorici, i resti delle colonie romane, i conflitti tra cristiani e mori e tra i regni di Spagna e Portogallo, le persecuzioni dell’Inquisizione contro gli Ebrei, la terra da cui proveniva il maggior numero di Conquistadores del Nuovo Mondo.

Girovagando per questo territorio montuoso si possono incontrare numerosi capolavori architettonici, non ancora contaminati dalle valorizzazioni del turismo di massa, capaci di vivere nella loro quiete fuori dal tempo, come i propri abitanti. Plasencia, ad esempio, è una graziosa e suggestiva città fortificata su una collina, cinta da una duplice cerchia di mura con 6 porte e 68 torri, antica fortezza romana e poi città berbera, quindi baluardo casigliano di difesa contro gli Arabi: fino al 1492 era abitata in prevalenza da ebrei e musulmani; tra i tanti monumenti storici spicca una singolare cattedrale formata da due chiese unite. Hervas offre uno dei quartieri ebraici con le tipiche case a graticcio meglio conservati di Spagna: il paese divenne in prevalenza ebraico nel 1391, quando gli Ebrei lo scelsero per sfuggire alle persecuzioni di Musulmani e Cristiani per la sua posizione remota.

Béjar è una cittadina storica cinta da mura moresche e anticipatala un castello cinquecentesco. La Alberca, monumento nazionale, viene considerato uno dei più belli paesi spagnoli con tipica impronta araba. Infine Ciudad Rodrigo, altro monumento nazionale, ultimo avamposto castigliano prima del confine lusitano, è uno scrigno protetto da mura merlate che cela architetture di inusitata bellezza di epoca medievale e rinascimentale.