Una “strada” lunga circa 40 chilometri che comprende diversi comuni (Belmonte in Sabina, Rocca Sinibalda, Longone Sabino, Colle di Tora, Castel di Tora, Ascrea (e la sua frazione Stipes), Paganico Sabino, Collalto Sabino, Nespolo, Collegiove e Turania e altri sono in fase di adesione), in una zona tutta da scoprire, in cui sono ancora possibili sorprese per chi cerca l’autenticità. Nell’atmosfera che si respira, tra i volti della gente un po’ schiva, nella disarmante semplicità dell’accoglienza, nei sapori come nei paesaggi. Una meta ideale per chi vuole fuggire la frenesia delle città. Luoghi esclusivi dove il silenzio aiuta a riscoprire la natura in tutto il suo splendore: un insieme di ginepro e ginestre, di cespugli di mirto, prugnolo, rosa canina, finocchio selvatico e more, oltre che orchidee, genziane, violette e bucaneve.

Passeggiate lungo dolci pendii, in mezzo ai boschi (con cerri, aceri, salice, pioppo bianco), sotto i monti selvaggi e solitari (Cervia e Navegna che costituiscono l’omonima riserva regionale, di 3600 ettari e oltre 900 specie vegetali), lungo il lago del Turano incorniciato da borghi medievali.
In questa zona, infatti, ogni paese (alcuni inseriti tra quelli più belli d’Italia),racconta una storia che sconfina nella leggenda (tante le rocche e i castelli per un tuffo nella storia), ogni angolo di natura intatta adombra un mistero.

La Valle del Turano è una zona del Lazio ancora tutta da scoprire. Tranne che sul piano gastronomico dove vanta radicate tradizioni evergreen. Piatti della storia contadina, semplici e gustosi, si affiancano ad altri frutto di elaborate ricette ma sempre genuini e unici. I ristoranti propongono una cucina a base di prodotti del territorio e si può fare una sosta qua e là lungo il percorso per raggiungere e visitare le aziende agricole che effettuano la vendita diretta dei propri prodotti freschi o trasformati.
Il clou? Ovviamente, i tartufi, con la loro irresistibile miscela di sapori e odori. Il territorio vanta la presenza di tutte le specie più pregiate della famiglia “Melanosporum”, ovvero il Bianco e il Nero pregiato, ma anche lo Scorzone e l’Uncinato che si nascondono in abbondanza sotto le sue terre. Oltre a crescere in maniera spontanea, questo fungo ipogeo, prezioso quanto un diamante, viene anche coltivato nelle tartufaie mediante piantumazione d’essenze boschive specifiche e semina delle spore tra le radici delle piante.
E non solo. Lungo tragitto, a poco più di 3 km dal paese di Collegiove, lo sguardo incrocia vari appezzamenti di castagneti di grandi dimensioni, alcuni di quasi 300 anni, unici per la loro forma straordinaria, possenti e contorti dal tempo che passa, i cui rami s’intrecciano a creare onde e nodi dalla bellezza inusuale. Diverse le varietà di castagne, da quella Marrone di Antrodoco alla Rossa del Cicolano, la più diffusa lungo la strada che si caratterizza per il sapore delicato e dolce, con non più di tre frutti per riccio e di forma tondeggiante.

Ovunque, in questo vero paradiso gastronomico, i “turisti del gusto” possono trovare la propria dimensione. Non servono suggerimenti, qualsiasi scelta è quella giusta. Un solo consiglio: non resistere a nessuna, delle mille tentazioni, che s’incontra lungo “la strada”.

Info: www.tartufoecastagna.it