Questo luogo, oltre ad essere punto di passaggio per uno dei trekking più interessanti (la Via degli Acquedotti), è anche la meta ideale per chi è appassionato di fotografia e per chi ama stare all’aria aperta. Stiamo parlando delle Parole d’oro e del tempietto di Guamo!

P.S. Se volete visitare questo luogo stupendo in sella ad una modernissima E-bike o su una più tradizionale city o trekking bike il nostro centro noleggio bici fa al caso vostro

Ma andiamo per gradi: per arrivarci si passeggia accanto ad un’opera di enorme valore storico ideata da Lorenzo Nottolini su richiesta di Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca nel 1822.

Questo acquedotto cambiò radicalmente la qualità di vita delle persone che risiedevano a Lucca: i benestanti erano soliti mandare i domestici a prendere l’acqua direttamente alle fonti, i meno abbiente utilizzavano l’acqua dei pozzi che non era particolarmente pulita.

Il progetto in realtà partì per ordine di Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, ma venne interrotto e ripreso in seguito dal Nottolini che lo modificò in parte.

Guamo, il tempietto e le scritte in ottone: le Parole d’Oro

Una volta percorso l’acquedotto Nottolini, partendo da Lucca in direzione Guamo, arriverete in questo angolo di paradiso e troverete il Tempietto di Guamo, dove venivano convogliate le acque raccolte dal Monte Pisano dalla sorgente Serra Vespasiata.

Il luogo è riconoscibile anche per la presenza di un ponticello che riporta una scritta in lettere di ottone, “scambiato” per oro dai contadini dell’epoca.

La scritta

La scritta recita così:
KAR.LVD.BORB.I.H.DUX.N.AUG.AQUIS.E.PLURIBUS FONTIUM ORIBUS.COLLIGENDIS.ET AD URBANOS PONTES LARGIUS PERDUCENDIS.MONUMENTO.AETERNO.PROVIDIT.DUCATUS.SUI.ANNO.VI

Carlo Ludovico Borbone duce uomo nobilissimo e augusto provvide nell’anno VI del suo ducato a raccogliere le acque da molteplici sorgenti e a portarle più largamente verso gli acquedotti cittadini con movimento eterno
(Trad. Giuliano e Medea Lazzarini)

Il posto è veramente di una magia surreale, tanto che a tratti sembra di essere in una favola!

Adesso, spazio ai consigli

Per prima cosa, vi consiglio di prendervi almeno una mezza giornata per godere a pieno del luogo e della gita.
Per i più allenati sicuramente può essere interessante continuare la passeggiata scavallando il Monte ed arrivando così a Pisa (sempre seguendo l’acquedotto).
Se siete dei buongustai, una sosta in uno di questi due ristori a Vorno è d’obbligo:

  • Ristorante A Bimbotto
  • Ristoro Rio di Vorno

Concludo con questi versi in vernacolo lucchese inerenti all’acquedotto:

Speriam che sia un fio ottato

N’avrebbin a fa un monumento al Nottolini…
Anco lu è nato a Segromigno, e non San Gromigno, come dicen i forestieri.
Per diventà arcotetto ha studio a Firenze e anco a Roma, po l’ha chiamo la duchessa, che i cittadini erin stanchi d’andà a piglià l’acqua co’ barocci, nelle campagne.
C’erin anco i pozzi, ma chissà che intrugli c’avran tiro pe fa venì la peste el colera.
Erin i tempi del nonno di mi pà quando il Nottolini portò l’acqua a velli di Lucca drento.
Dovette fa più di quattrocento archi co’ matoni e pietre, da Guamo a San Concordio, e po ‘na galleria sotto il bastion di San Colomban.
Quarcosa a scuola avevo studio, e decisi di fa ‘na spasseggiata colturale colla mi bimba al “tempietto” di San Concordio.
Io lai e po, ancora, io lai!
Che ingrati, l’han proprio abbandono.
Volevo parla’ di storia e mi son ritrovo a parlar di botania.
D’erbacce c’enerin di tante sorte e po quando ho alzo l’occhi al cupolon esclamai: Un fio, speriam che sia ottato.
Un ho più voglia di stà a critià e po m’han insegno a vedè il bicchiere mezzo pien e osì ho penso che l’anno doppo potevo andà la co ‘na fetta di pan pe sparmacci il fio sopra.
Un mi riordo se quand’ero bamboretto ci mettevo anco l’succaro. Forse no.
Al seguro lo mettevo sul buro e sul vin.
E po se dalla bocca del leon un piscia più l’acqua vorà di che mi porterò un po di vin, di vello bon.
Comunque se potessi incontrà il sommo poeta gli potrei chiede in che giron l’ha missi l’ingrati.
E per il contrappasso, un idea ce l’avrei da prestanni: che all’ingrati del Nottolini ni s’appiccin la bocca alla fontana e che l’acqua che entra da ‘na parte esci in continuassion da vell’altra.

Poesia di: Pierin delle Pianacce